La via crucis del cristiano affaticato

C’è un posto per tutti lungo la via che sale al Calvario. Oggi vorrei provare a riservare un posto al cristiano che sente il cuore un po’ pesante, che vive la stanchezza del cammino, che percepisce la sua fede vacillare, che avverte la fatica di stare nella Chiesa di oggi, nelle comunità di oggi, nel mondo di oggi.
24 Marzo 2023

I stazione

Gesù prega nell’orto degli ulivi

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo.

Poi, uscito, andò, come al solito, al monte degli Ulivi; e anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate di non entrare in tentazione». Egli si staccò da loro circa un tiro di sasso e postosi in ginocchio pregava, dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta».
Allora gli apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo. Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra. E, dopo aver pregato, si alzò, andò dai discepoli e li trovò addormentati per la tristezza, e disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, affinché non entriate in tentazione».
(Lc 22, 39-46)

Devo ammetterlo: la mia preghiera spesso è faticosa, distratta, superficiale. Sento la pigrizia, avverto la tentazione di pensare che la preghiera, in fondo, non serva. Mi interrogo su cosa sia davvero la preghiera e il più delle volte non ho risposte. Quando prego, balbetto qualcosa; il silenzio mi costa. Sostare sulla Parola mi domanda più di quello che sono disposto a concedere.
Vivo con difficoltà la liturgia; il culto a volte mi è così estraneo che non capisco cosa ci sto a fare, perché in fondo continuo a frequentarlo. Apprezzo l’emozione creata da certe devozioni, ma la maggior parte di queste mi parla poco o male; la maggior parte mi respinge.
L’ingiustizia e il dolore del mondo scardinano la mia preghiera, rendendola arida.
Sento come mio il sonno dei discepoli addormentati nel giardino.

Signore, tu sai cosa mi abita,
il bene che cerco di donarti,
il male che cerco di respingere.
Signore, aumenta la mia fede,
sostieni la mia fragilità,
continua a rivolgermi l’invito
a parlare con te.

 

II stazione

Gesù è condannato a morte

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
(Gv 19,14-16)

Ho coltivato speranze, ho dato il mio tempo e il mio impegno, mi sono lasciato guidare dalle mie idee, che mi parevano buone; ho maturato delle convinzioni, ho avuto il coraggio di dare spazio ad alcune intuizioni sul modo di vivere la fede qui e ora. Ho speso energie, ho fatto scelte e rinunce. Ma poi, gran parte di quel lavoro, di quel dono di me, buona parte delle mie opinioni, passate anche al vaglio del dialogo, dello studio, della preghiera, sono state accantonate. Buona parte di quello che credevo in passato è stato crocifisso; buona parte di quello che credo oggi è stato crocifisso. Mi è capitato di sentire le parole più dure, di vedere gli atteggiamenti più ostili da parte di coloro che avrebbero avuto compiti di guida, di sostegno, di accompagnamento, spesso autoassolvendosi. Siamo tutti così bravi a trovare giustificazioni per le nostre condanne.
Pilato, la folla, i sommi sacerdoti: ognuno ha un modo per ribadire se stesso. A partire dai capi: come accade non raramente, chi ha responsabilità e potere soffoca quanto non è allineato, quanto spaventa per novità, quanto richiede una messa in discussione. E quante volte, per una rendita di posizione, per mantenere o acquisire un potere, il Cristo è stato venduto dai sommi sacerdoti al potente di turno o alle grida della folla…
La fatica più grande è avere la forza di mantenere la pace anche quando molto di quello che hai costruito viene messo da parte, se non distrutto. Qualcuno la chiamava “perfetta letizia”.
Io però faccio fatica a entrare qui nella “perfetta letizia”. La croce non è un’esperienza né facile né leggera. Deve entrare nella vita, deve entrare nella carne. Ed è dura.
È un’esperienza che capita a molti.
È un’esperienza che è capitata anche a Gesù di Nazareth.

Signore, donami la costanza di rispondere a quello che sono,
a quello che tu desideri io sia;
donami la lealtà di pensiero
e l’umiltà di saper rinunciare ad esso;
donami la verità di me stesso,
anche quando richiede piccole e grandi crocifissioni.

 

III stazione

Gesù cade sotto la croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Terrori mi si rovesciano addosso;
il mio onore è portato via come dal vento,
è passata come una nube la mia felicità.
Ora mi consumo,
mi hanno colto i giorni dell’afflizione.
La notte mi trafigge, mi stacca le ossa,
e i dolori che mi rodono non hanno sosta.
Per la gran violenza del mio male la mia veste si sforma,
mi si serra addosso come una tunica.
(Gb 30, 15-18)

Avevo stima di alcune grandi figure; leggevo i loro libri, trovavo ispirazione nelle pagine che scrivevano, nei discorsi che dicevano. Poi, un giorno, una verità tenuta colpevolmente nascosta è stata rivelata e così quelle grandi figure cadono. Cadono per la loro malvagità, per la loro arroganza, per le loro assurde giustificazioni teologiche, per le loro doppie vite, per il loro peccato che ha mietuto vittime come frumento. Cadono, dopo aver messo sulle spalle di alcuni, più fragili e più deboli, croci pesantissime. Cadono, e con loro trascinano spesso gruppi e istituzioni che hanno costruito la copertura, che hanno difeso la menzogna, che hanno rigettato la vittima per proteggere il colpevole.
Cadono in molti nel momento dello svelamento: chi ha compiuto, chi ha subito. Sono cadute diverse: ma, alla fine, rimane solo un volto schiacciato a terra. E mentre il dolore di chi ha subito non si può misurare, mentre il male compiuto è un abisso, ricordo pure il dolore di chi, come me, guardava con sincera ammirazione a coloro che infine si sono mostrati come carnefici, prima di essere abbattuti da una verità pesante come una croce. Anche io, anche noi vittime del male.

Signore,
ricordami che tu solo sei Dio,
tu solo sei Signore,
tu solo sei l’uomo che compie l’umanità,
tu solo sei affidabile fino alla consumazione di sé.

 

IV stazione

Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
(Lc 23, 26)

Quanti uomini e donne sono piegati da pesi e fatiche, dolori e sofferenze. E poi, a volte, anche noi cristiani mettiamo un peso in più, invece di essere come quel Simone di Cirene e  aiutare chi sopporta un carico gravoso.
Guardo da lontano, esclamo magari qualche buona frase. Ma aiutare a portare la croce è un impegno da cui rifuggire.
Metto pesi quando sono prigioniero del mio giudizio sicuro, delle mie letture, dei miei ragionamenti, dei miei comportamenti abituali. Metto pesi quando mi chiudo inflessibile nei miei articoli di fede e di vita, nei miei personali criteri di valutazione. Metto pesi quando il mio sguardo condanna. Metto pesi quando metto in discussione gli altri per non mettere in discussione me stesso.
Mi sento anche parte di una Chiesa che a volte mette pesi per non sporcarsi nei drammi della vita, per non capire i dolori di esistenze ferite. Una Chiesa che mette pesi da lontano per non accostarsi da vicino, anche quando il Vangelo vorrebbe accoglienza, misericordia, bontà.
C’è un Simone di Cirene che a volte ho imitato. C’è un Simone di Cirene che molto più spesso ho allontanato da me.

Signore,
donami di capire quando appesantisco
le spalle fragili degli altri,
donami di portare più che pesare,
donami di condividere più che giudicare,
donami di avvicinarmi quando invece voglio allontanarmi
dal fratello e dalla sorella che arrancano senza fiato.

 

V stazione

Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?»
(Lc 23, 27-31)

Basta poca onestà intellettuale per riconoscere quanto le donne abbiano subito nei secoli, anche per una religione gestita da uomini, con criteri da uomini. Eppure oggi le nostre comunità si reggono sul lavoro spesso silenzioso di molte donne, a cui quasi sempre sono affidati compiti di second’ordine. L’importante, sembra ancora oggi, nel XXI secolo, è che le donne non decidano o decidano su cose non importanti. C’è ancora troppa distanza tra le parole e le azioni. Sono incoerenze che affaticano, sono scelte parziali che ancora si radicano in un’esclusione, sono retoriche che spesso esaltano modelli così lontani da apparire irreali. Non riesco a vedere pulsare la vita vera delle donne negli spazi ecclesiali.
C’è un pianto delle donne che inonda i secoli e che diventa un pianto per ciò che è stato, un pianto per ciò che ancora è.

Signore,
donami la forza di rinunciare a qualcosa
per fare spazio ad altri;
illumina la strada per un cammino condiviso,
dove tutti siano figlie e figli,
dove ognuno possa portare ciò che è realmente.

 

VI stazione

Gesù è spogliato delle vesti

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: “Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte”. E i soldati fecero proprio così.
(Gv 19, 23-24)

La veste strappata del Crocifisso è la Chiesa che oggi abito: divisa e lacerata. E non parlo delle diverse confessioni cristiane, ma della Chiesa cattolica. Gruppi e gruppetti, calunnie e veleni. Un Papa osteggiato, criticato e offeso come poche volte nella storia. Noi cristiani siamo diventati uno spettacolo penoso: guerre per bande, notizie false e tendenziose, calunnie. Chi dovrebbe lavorare all’unità insieme a Pietro fa girare documenti anonimi, fomenta l’odio, trasmette veleni a organi mediatici proni e interessati a gettare sempre più discredito, magari giustificandosi in mille modi. Il pettegolezzo è ammesso per cause apparentemente più alte. Falsamente ammantati di buone intenzioni e zelanti in difesa di verità parziali, troppi cristiani strappano brandelli di veste dal Cristo. I social sono diventati un’arena per sfogare frustrazioni ecclesiali e trasformare in livore paure profonde. L’attacco personale ha sostituito il dialogo rispettoso. E mentre consumiamo energie e tempo in battaglie fuori dalla storia e fuori dal Vangelo, pochi hanno ancora il coraggio di alzare lo sguardo al Cristo crocifisso nella sua nudità.

Signore,
donami il rispetto e la docilità,
la capacità di costruire e non di distruggere;
donami la misericordia e l’ascolto;
donami di vedere la diversità come una ricchezza,
di conoscere il bene dell’altro anche quando mi è ostile,
cancella l’aggressività e l’odio tra fratelli di fede;
donami uno sguardo buono sul mondo,
che tu hai già salvato e che non hai dimenticato.

 

VII stazione

Gesù muore in croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!».  Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
(Mc 15, 33-37)

La pena del mondo, il dolore degli innocenti, la malattia, la violenza, la guerra, la morte: perché tutto questo? Perché, Signore, se sei morto in offerta, se hai attraversato quel varco di buio, se hai subito l’oltraggio, se hai patito da innocente, se sei morto… perché Signore non ci hai risparmiato questa via? Perché il dolore e la morte di persone care? Perché la mia morte?
La sofferenza mette in discussione la mia fede e mi spinge a gridare: “Perché ci hai abbandonato”? Devo permettere alla croce di scuotere la mia fede. Perché se credo, voglio credere in profondità. Non mi accontento di frasi fatte, di discorsi freddi che sono solo altri chiodi nella carne, di spiegazioni superficiali. Se credo, voglio credere con tutto me stesso. Interrogarmi e interrogarti. Cercare un senso. Tentare sempre. È quello che anche tu hai fatto: hai alzato un grido. In questo mi ricordi che ogni grido al cielo per il male del mondo è non solo lecito, ma anche divino.

Signore,
accogli l’urlo degli innocenti,
infondi nella creazione il tuo bene,
sostieni i crocifissi,
non permettere che il dubbio sia così penetrante
da annullare la fede.

 

Epilogo – sulla via di Emmaus

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
(Lc 24, 13-53)

Abito questo tempo, questa Chiesa, questa vita. Qui posso essere raggiunto dal Cristo. È qui, e non altrove: mentre cammino su queste strade e non su quelle che avrei in mente io, su quelle che avrei voluto io. In questa terra, in questa sera: qui Gesù si può accostare, può camminare con me. Qui può ascoltarmi, può parlarmi, qui può sciogliere i nodi del mio cuore, i nodi della mia fede debole, della mia fede sempre da rinnovare. Qui, a poca distanza da Gerusalemme, là dove sento che devo andare. Anche se da Gerusalemme, dal centro, dall’istituzione mi sono allontanato sette miglia. Ma lì c’è, ugualmente, un viandante che attende.
Qui posso dare spazio alla mia umanità, aprire la mia esistenza alla sua Parola; qui posso sperimentare la forza della sua Resurrezione. Perché la mia fede non è una fede che termina sulla croce, ma una fede che dalla croce porta alla resurrezione, alla vita, alla luce.

Signore,
accostati a me,
porgimi il tuo saluto,
cammina con me,
là dove sono,
là dove metto in gioco quello che sono,
là dove il sentiero mi sta conducendo.
Accostati, parlami,
condividi con me la luce di vita
della tua resurrezione.
Amen

 

(ph: Marc Chagall, Le Christ et le peintre, particolare, gouache on paper, Musei Vaticani)

Una versione rielaborata della via Crucis è diventata un libretto: La fatica del cammino. Un cristiano sulla via della croce, Paoline, 2024.

5 risposte a “La via crucis del cristiano affaticato”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Letto ‘a volo d’uccello’.
    E nella libertà dello spazio del cielo emerge che il percorso x liberarsi dalle pesantezze che ci bloccano/impediscono il volo ci si deve LIBERARE di tanti lacci e lacciuoli ereditati da una Chiesa Padrona. Lo chiedo x diventare accettabili e comprensibili in un mondo che cambia velocemente.
    Discutevo diatarz con un bravo Prete sul peccato originale. Ma come posso pretendere che cambi lo standard su cui ha fatto imprinting??
    PS Bene 3 donne che commentano..🌸💞

  2. Giuliana Babini ha detto:

    Bellissima attualizzazione che fa porre davvero il vissuto accanto al Signore Gesù, rileggendo in Lui quanto ci attraversa. Con semplicità, rimette nella pace. Grazie

  3. Elisabetta Oldani ha detto:

    Alla verità ‘cruda” dei commenti rispondono le preghiere che innalzano lo sguardo, il pensiero, i desideri, alla Verità fonte di pace e speranza.
    Una via Crucis che fa pregare, che ho pregato! Grazie

  4. Carmela Pizzonia ha detto:

    Una Via Crucis non pietisticamente mistica. Una meditazione ‘urlo’. Una preghiera che afferra, coinvolgente sia l’autore sia chi tali rflessioni condivida o comprenda. Particolarmente lancinante la riflessione alla III stazione (può lenire lo smarrimento e il dolore a tali ‘brutte scoperte’ solo l’umile consapevolezza che tutti siamo impastati di grano e zizzania e che sia una grazia il fatto che non emerga in noi in trista quantità la zizzania. Sopratutto ri-creativa di noi e degli altri è la misericordia del Signore, ‘il solo affidabile fino alla consumazione di sé’ e cui tutti affidare e affidarci). Una Via Crucis che per la data (24 mar) mi fa pensare alle infinite forme di martirio, se già la P-M-R di Cristo non lo fosse di per se stessa. Invocazioni al Signore da rendere ‘giaculatorie’. Bello l’epilogo con il pensiero prezioso alla Chiesa, da fortemente amare e da cui mai allontanarsi come ‘in-segnano’ quei santi più ribelli. GRAZIE.

  5. Andrea Lebra ha detto:

    Grazie. Bella Via Crucis.
    Manca la breve preghiera/invocazione relativa alla IV stazione.

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