Un corpo che si spezza volentieri

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui»
18 Giugno 2017

Corpo e Sangue del Signore: Gv 6,51-58

CRISTO IN PIETÀ COI SIMBOLI DELLA PASSIONE (Lorenzo Monaco, 1404, Firenze, Galleria dell’Accademia)

 

La scelta di quest’opera è per sottolineare che l’ostia e il calice sono sempre da ricondurre al corpo e al sangue del Signore. Non è un automatismo, questo legame, e talvolta si rischia di perderlo di vista, sia nel pane e nel vino consacrati o elevati dalla liturgia, sia in quelli resi metafisici dall’arte.

Nel XIV e XV secolo, con l’invenzione dell’imago pietatis, si invita a contemplare il corpo del Cristo morto, ritto nel sepolcro, e nello stesso tempo lo si attornia dei simboli di tutto ciò che Gesù ha sofferto, insulti e sputi compresi. Simboli, in questo caso, non caricati di significato, con la sola funzione di far sintesi dei vari episodi della passione e morte del Signore: sono dei flash, delle memorie visive in un racconto di parole.

Tuttavia, in cima alla croce, appare un simbolo singolare, del tutto anomalo rispetto agli altri, essendo slegato dalla cronaca delle ultime ore di Gesù: è quello del pellicano, che, secondo una leggenda, per evitare ai piccoli di morire di fame, li nutre col proprio sangue dopo essersi bucato il petto col becco (una credenza nata forse dal fatto che tali uccelli, per dare ai figli i pesci che trasportano nella sacca, curvano il becco verso il petto). L’equivalente di ciò che fa Gesù, nell’Eucaristia, offrendosi in cibo e bevanda per la vita eterna.

Prima che a Lorenzo Monaco, frate camaldolese, l’immagine era piaciuta a San Tommaso d’Aquino, che, nell’inno Adoro te devote (1264), scrive: «O pio pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, col tuo sangue, del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato». Per la stessa ragione, nel canto XXV del Paradiso, Dante chiama Gesù «nostro pellicano».

L’animale, a poco a poco, ha perso la capacità di comunicare la pietà di Gesù per l’uomo e, come simbolo, ha cominciato a estinguersi dopo questa tavola (salvo riaffacciarsi di tanto in tanto, soprattutto su qualche stemma episcopale). Se qui il pellicano è inserito all’interno di un altro simbolo significativo, l’albero della vita (un legno da cui la vita rinasce), ventidue anni più tardi, nella Crocifissione di Masaccio, l’albero farà già a meno del pellicano. Che resta, in ogni caso, uno stimolo a dare il sangue per i fratelli, soprattutto per i più piccoli e fragili.

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