Sulla soglia del mistero

Per quanto sia eccedentemente luminoso il mistero, "in casa Trinità abitiamo pure noi"
30 Maggio 2021

Nella Domenica della Trinità metto subito le mani avanti dicendo che rinuncio a dire qualcosa di questo mistero. Con semplicità, come nelle domeniche precedenti, ci lasciamo provocare dalle Scritture: esse non cambiano, ma siamo noi che cambiamo e, sperabilmente, cresciamo conformandoci a quello che leggiamo o ascoltiamo. Fatta questa premessa, rimane il fatto che ciascun cristiano deve lasciarsi interrogare dal mistero trinitario, proclamato ad ogni segno di croce, e poi accogliere questo mistero nella propria vita, ciascuno secondo la sua misura. 

 

A ben vedere la condizione di conoscenza progressiva, accompagnata come minimo dall’incertezza è tipica del discepolo: “gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.” In queste parole, a conclusione del Vangelo secondo Matteo, troviamo l’obbedienza, l’adorazione e, imprecisato, un dubbio.  C’è di buono che questo dubbio non costituisce un blocco, non implica un allontanamento. Si rimane davanti al Signore, così come si è, ed è lui che si avvicina.

“A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. … battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” Ritroviamo quanto si diceva in occasione dell’ascensione: il Figlio contemporaneamente accentra e decentra. È il Figlio che noi abbiamo conosciuto, ma lui, introducendoci nella famiglia divina, ci fa fare un passo in più.  Il passo nel mistero trinitario, per quanto ci sforziamo di raccontarlo e argomentarlo con parole umane, ci ricorda che c’è un’eccedenza trascendente rispetto a tutto quello che possiamo dirci su questa terra.

“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, …, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.” Un comando netto, quello alla missione universale, ma al centro c’è quel verbo, impegnativo quanto mite: insegnando. Si diventa discepoli perché qualcuno insegna; insegna in mille modi, con le parole, con l’esempio; le une e l’altro non necessariamente congiunti: una parola potente che vale più del fragile esempio e delle eventuali incoerenze, un esempio efficace da parte di quelli che spesso preferiscono tacere. E nell’insegnamento c’è anche tutta la progressività, la libertà dell’apprendere, di aderire.

“Osservare tutto ciò che vi ho comandato” va letto in risonanza con la prima lettura, dal Deuteronomio “Osserva … i suoi comandi …  perché sia felice tu e i tuoi figli”. Al comando si accompagna questa promessa di felicità; detto proprio così, con questa parola laicamente “moderna”: felicità.

“io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” È questa la conclusione del Vangelo di Matteo: non l’ascensione, non una dissolvenza visiva, ma una promessa solenne. Ciascuno, a suo modo, fa esperienza di questa compagnia. La presenza del Signore spesso è misteriosa, spesso affidata al discernimento, che può essere pure postumo. Tornano alla mente le parole del Salmo 124, che riporto nella versione interconfessionale “Se il Signore non fosse stato con noi, puoi dirlo, popolo d’Israele….” Mi sembra che nello stesso senso si possa intendere il brano del Deuteronomio, un invito a ricordare il vissuto e a meditare bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. I nostri passi non sono affidati al caso cieco, ma è il Signore ad accompagnarli.

A dire il vero, tornando alla promessa “io sono con voi”, per assonanza o per contrasto, sovvengono altre parole “I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me.” riportate in Matteo, Marco e Giovanni. Mettendo insieme le cose, può voler dire che, oltre una presenza misteriosa, nelle trame della storia, c’è pure una presenza tangibile, nei poveri, che visibilmente prendono parte alle sue sofferenze.

Quanto poi sia complessa la categoria dei poveri lo sappiamo bene; di nessuno penso si possa dire che la vita sia tutta una passeggiata spensierata. Siamo consolati nel riconoscerci tutti eredi di Dio, coeredi di Cristo, da lui condotti alle soglie di un mistero forse troppo luminoso per gli occhi di questa terra. D’altra parte, come scriveva don Tonino Bello nella Pasqua 1987, il nostro domicilio è ormai in «casa Trinità».

 

PS La rappresentazione della Santissima Trinità proviene dal Duomo di Albenga e l’ha commentata qui su Vino Nuovo l’amico Gian Carlo. Nel 1987 tutta la catechesi quaresimale di don Tonino ebbe per tema “verso la Pasqua casa della Trinità”; l’anno dopo lo stesso don Tonino, a proposito della Trinità, avrebbe parlato di convivialità delle differenze.

 

Una risposta a “Sulla soglia del mistero”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Il “dubbio”, forse è un astratto che esiste nell’essere umano, come il credere, la speranza che il coraggio materializza nelle opere , come l’adorarlo in ginocchio. Gli Apostoli pur avendolo conosciuto in persona fisica di uomo e opere da “dio”, dubitarono, perché semplicemente è della nostra natura umana . Un Dio resuscitato, difficile per gli Apostoli crederlo perché lo avevano visto morire. il corpo morto e sepolto. Noi malgrado la Chiesa, malgrado tutto i santi, i loro miracoli, il suo Vangelo insegnamento-prova di amore generoso, l’esempio di persone che a seguirlo hanno dato la vita. La Fede però supera il dubbio, è data da ciò che sentiamo, dal bene che produce Il dubbio esiste come per il telo sindonico che malgrado prove con strumenti di alta tecnologia., la sacra scrittura, il”dubbio” vuole ancora ulteriore prova,,. ma lo preghiamo

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