“Salvati gratis? Ma così è troppo facile!”

Abbiamo paura di diventare buonisti, o del lassismo morale, o del relativismo. Così dimentichiamo che la misura di Dio è amare senza misura
19 Giugno 2013

“Nessun bambino entra nella casa di Dio senza il suo dio preferito sotto il braccio” (G. Sovernigo).

E se noi educatori non ci curiamo di accompagnare ogni bambino ad integrare la propria immagine del divino con il vero volto del Dio di Gesù Cristo, egli cullerà, coccolerà, conserverà la sua immagine parziale, a volte addirittura falsa, fino alla vita adulta: un ostacolo all’incontro autentico con il Signore.

Ne ho avuto conferma poco tempo fa, durante un incontro di catechesi per adulti che non riesco a descrivere se non con l’aggettivo ‘doloroso’.

Parlavamo di misericordia, commentando le parole di papa Francesco durante il suo primo Angelus, e spontaneamente il dialogo ci aveva condotto a riflettere sulla figura del padre misericordioso (Lc 15,11 ss.).

“La cosa che in questo passo mi sorprende sempre, è l’atteggiamento di quel padre che, come racconta il Vangelo, è capace di vedere il figlio ‘mentre era ancora lontano’: significa che lo stava aspettando, che magari era sulla terrazza di casa, a scrutare l’orizzonte sperando di vederlo arrivare… e Gesù ci dice che egli, subito, corre incontro al figlio: non aspetta dichiarazioni di pentimento, lo ha già perdonato, lo ha perdonato mentre era ancora lontano…”

“Cosa intendi dire?” Angelo è un signore attempato, molto ligio agli incontri e sempre attento. Tende ad intervenire con frequenza e non ha il dono della sintesi, ma è appassionato, esemplare.

“Intendo dire che il perdono è un dono che va semplicemente accolto, non possiamo meritarlo, ma dobbiamo riconoscerlo, ossia andare all’incontro, aprire la nostra porta al Signore: lui è già là che ci attende (Ap. 3,20)”.

“Beh, naturale. Quando siamo pentiti e torniamo al Signore lui è lì che ci aspetta”.

“Non solo, Angelo. Il Signore ci ha già perdonato, in radice. Pensa: in Cristo ha inchiodato il peccato sulla croce e lo ha sconfitto (Colui che non aveva peccato Dio lo trattò da peccato in nostro favore – 2Cor 5,21). Noi quindi ora siamo liberi di scegliere se accogliere questo per-dono, che viene prima di ogni nostra conversione e la rende possibile”.

“Eh no! Così saremmo salvati gratis! Troppo facile! Perché il Signore perdoni bisogna prima pentirsi! Il Signore perdona chi si pente, gli altri restano fuori!”.

Ecco qua, un’immagine classica: il Dio giudice inflessibile, il Dio della misura e dello scambio, il Dio antropomorfo del mercato dei meriti, colui di fronte al quale dobbiamo ‘guadagnarci’ il paradiso; è un volto di Dio che trasmettiamo quasi per osmosi ai nostri bambini, fin da quando offriamo loro il nostro umanissimo perdono condizionato: “Ti perdono se mi prometti di non farlo più”. Ancora il ‘do ut des’.

Ma come si fa a scardinare un’idea così radicata nel cuore di una persona? Non sono certo sufficienti discorsi, spiegazioni, parole umane. La strada è lunga, va vissuta nella sim-patia, intessuta di accompagnamento e di preghiera. A me adesso è possibile solo un primo passo:

“Sai, Angelo, già il profeta Sofonia diceva che Dio ci rinnova con il suo amore (3,17): è lasciandoci amare che scopriamo i nostri vuoti e ci incamminiamo per porvi rimedio. E’ un po’ come succede quando offendiamo le persone più care: è il dolore sul loro volto che ci dà la misura della gravità di ciò che abbiamo fatto. Così ci ritroviamo a pensare ‘ma come ho potuto…’ e il pentimento vero sgorga mentre ci specchiamo negli occhi dell’altro. Lo stesso succede nel nostro rapporto con Dio: proprio quando accettiamo liberamente di essere abbracciati dalla Sua misericordia, ci rendiamo conto di quanto il nostro amore sia stato insufficiente, di quanto la nostra vita sia lontana da questo amore e sentiamo sorgere in cuore il pentimento e il desiderio di cambiare”.

Niente da fare. Angelo snocciolava tutte le citazioni dell’Antico Testamento che gli sovvenivano, e le cinque cose necessarie per fare una buona confessione, e ciò che gli diceva sempre il vecchio parroco…

“E’ tutto vero, ma la cosa non è così rigida e inflessibile: il Vangelo, Angelo, il Vangelo, non lo ricordi? In Cristo va interpretata tutta la Scrittura!”

Ci siamo lasciati così, con lui che ripeteva, accalorandosi sempre di più: “No. Se prima non ci pentiamo, non siamo salvi, il Signore non ci perdona”.

Ancora mi pesano tante domande su ciò che è accaduto.

Sopra tutto, la consapevolezza di quanta fatica facciamo ad abbracciare la logica di Dio, così lontana dalle misure umane e quindi così ‘spaventosa’: sì, ci mette paura. Abbiamo paura di abbandonare le nostre sicurezze, di perdere il controllo, e abbiamo paura di diventare buonisti, o del lassismo morale, o del relativismo. Così dimentichiamo.

Dimentichiamo che la misura di Dio è amare senza misura. E che questo viene prima, rendendo possibile (e bello!) tutto il resto, tutta la vita cristiana, il necessario rispetto dei precetti e della dottrina.

Dio, ricco di misericordia, viene a noi prima.

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