Ripartire dalla Parola; ma interessa?

Manca una diffusa consuetudine con la Parola di Dio nella vita delle comunità. Un’urgenza che anche il Sinodo ha rilevato
16 Settembre 2022

Nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, con cui Giovanni Paolo II apriva il terzo millennio cristiano, dopo aver ricordato «il primato di Cristo e, in rapporto a lui, il primato della vita interiore e della santità» [38], il Papa scriveva: «Non c’è dubbio che questo primato della santità e della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato ascolto della parola di Dio» [39]. Annotava poi, subito dopo aver ricordato il grande merito del Vaticano II nell’aver ‘restituito’ la Parola di Dio ai laici (con richiamo alla Dei Verbum): «è necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della lectio divina, che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza».

A più di 20 anni da quel documento, a quasi 60 dalla chiusura del Concilio, a 14 dal Sinodo sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, che ne è di quell’invito ad accostarsi alla Parola? L’impressione è che la situazione sia ancora molto disorganica nell’ordinario delle comunità cristiane, pur nei distinguo geografici e storici, segno che non si è giunti a una consuetudine profonda, costante, radicata dei fedeli con la Parola. Nella routine, ancora troppo poco è presente il riferimento alla Parola di Dio letta, meditata, ruminata, fatta oggetto di preghiera, di ascolto, di dialogo con lo Spirito. Per tanti motivi (fatiche culturali, limiti personali e comunitari, tempi ridotti, saturazione degli spazi di preghiera con la liturgia, diffidenza, ridotti momenti di silenzio), il fedele medio non ha interiorizzato una sequela nutrita da un quotidiano rapporto con la Parola. Da qui, anche, la scelta di Papa Francesco di indire una Giornata della Parola; da qui la sua insistenza nel consigliare una lettura giornaliera del Vangelo: «È importante portare sempre con sé una copia del Vangelo, magari quello tascabile, che è piccolino, per portarlo in tasca, nella borsa» (omelia del 9 gennaio 2017).

In tempi di turbamento, di cambiamento, di disorientamento, ancorare la propria spiritualità e la propria preghiera alla Parola, dando spazio al silenzio, diviene necessario per ridare peso alle parole, per essere capaci di alte conversazioni, per purificare emozioni, per ricentrarsi su Cristo.
Troppo poco, però, nella pastorale ordinaria si sente un invito ad accostarsi alla Parola, alla pratica della lectio divina che, ricordiamolo, ha un’antichissima tradizione alle spalle. Troppo spesso, anche in ragionamenti e discorsi ecclesiali ordinari, si fa più riferimento al precetto, alla regola, alla tradizione, al testo del fondatore, alla consuetudine, alla devozione, senza un vero respiro della Parola che rimane sempre attuale, sempre fresca e viva. Manca il soffio della Parola, manca la Parola come criterio per leggere il nostro tempo, il nostro spazio, le direzioni che ci si parano davanti. La Parola come nutrimento, come luogo di incontro con Dio, come occasione di discernimento: non c’è vita singola o comunitaria che possa farne a meno. È un’urgenza riproporre la Parola, anche dando gli strumenti giusti per avvicinarla.

Uno dei cantieri del Sinodo italiano — il cui documento appena diffuso parte dalla bella icona di Betania — si intitola Il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale: esso vorrebbe rilanciare anche la necessità dell’ascolto della Parola, ponendo una domanda decisiva: «Quali esperienze di ascolto della Parola di Dio e crescita nella fede possiamo condividere (gruppi biblici, incontri nelle case, lectio divina, accompagnamento spirituale di singole e coppie, processi formativi a tutti i livelli…)?

Domanda a cui rispondere, dopo esserci però convinti che davvero la Parola di Dio è un nutrimento a cui il cristiano non può rinunciare e da non relegare alla messa domenicale. E, per questo, da inserire nei programmi sempre fitti dell’anno pastorale.

6 risposte a “Ripartire dalla Parola; ma interessa?”

  1. FrancescaVittoria vicentini ha detto:

    La Parola resta fondamentale va approfondita per meglio per incarnarla nel nostro oggi. L’uomo ha raggiunto conoscenze in tutti i campi e alle scoperte sono seguite invenzioni da farlo costruire un “alter ego” dal quale nel quale riconoscersi: dello spazio altra via di comunicazione, navigare in altri pianeti a trovare tesori nuovi, si è allontanato dalla via indicata dal suo Creatore, dimentico di confrontarsi con la Sua Parola, si direbbe che calamitato verso sempre nuovi obiettivi, non si accorge delle tante scorie di povertà lasciate intorno a se nel pianeta, anziché Terra digiardini di fiori e frutti, distruzione e morte di esseri umani, cimiteri di croci! Si trascura il vedere il clima oubliare le stagioni così che il contadino non sa più come coltivare e se contare sul prodotto del suo lavoro! La Parola oggi è necessaria vitale luce focus su falsi obiettivi che non conducono a costruire quel mondo, regno che Cristo è venuto a prepararci per una vita senza fine

  2. Matteo De Matteis ha detto:

    Proverei a distinguere la Parola di Dio dalla Sacra Scrittura: è della prima che il battezzato ha indubbiamente bisogno, mentre grazie a Dio la mancata lettura della seconda non ha impedito per due millenni a gente analfabeta di diventare santi. Mi chiedo quindi se l’insistenza post-conciliare sulla frequentazione quotidiana delle pagine bibliche non sia una forma di idealismo e sia veramente uno strumento spirituale adatto alla realtà del “praticante” medio. Non può essere un sintomo di quel processo di intellettualizzazione della fede che si è visto nei decenni scorsi?

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Ma perchè la lectio divina, che ha 1500 anni, dovrebbe essere un sintomo di intellettualizzazione, e non una forma di preghiera che arricchisce, dato che tutti sanno leggere oggi e tutti possono permettersi una Bibbia?

      • Matteo De Matteis ha detto:

        Non ho scritto che la Lectio Divina è sintomo di intellettualizzazione, ma che lo è l’aspettativa che si diffonda presso il battezzato medio. Non basta infatti saper leggere per vivere una Lectio Divina, che è esercizio spirituale complesso, per il quale sono necessari un addestramento e delle competenze che purtroppo non sono alla portata di tutti e lo saranno sempre meno, visti i mutamenti antropologici in atto nelle nuove generazioni.
        Voglio dire che la Lectio va benissimo per chi è predisposto, ma non è adatta a tutti: infatti, nonostante i tanti tentativi di diffonderla, ciò non avviene. E non è colpa di chi non insiste a sufficienza, ma del fatto che probabilmente è un metodo che non sa intercettare il battezzato medio, ma solo una parte ridotta del popolo di Dio.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Con la Fede si accende il desiderio di conoscenza, importante è la lettura della Parola di Dio. Questa Parola non ha bisogno di aiuto a essere interpretata, essa si apre alla intelligenza e al cuore della persona che desidera conoscerla; parla a lei in modo personale.Se invece si desidera accedere a un maggiore approfondimento, il confronto con altri , puo ulteriormente essere via al dialogo con altre persone In Parrocchia si era formato un gruppo presieduto da un diacono, il quale alla lettura del brano biblico faceva seguire un chiarimento, il suo o della persona a presiedere l’incontro. . Magari a questo la lettura suggeriva altre considerazioni, riflessioni dei presenti, o domande alle quali si richiede una risposta da esperto in lectio divina ; opportunità per anche conoscersi tra personedella medesima comunità parr.ma distanti come accade nelle grandi città. Utile cons.re orari e giorni anche i festivi Per favorire a più età questo interesse alla Parola.

  4. Pietro Buttiglione ha detto:

    Inserire nei programmi..
    Quali esperienze di ascolto…
    Io so che Sergio ‘sa’…
    Ad es che sarebbe ora di abolire il termine ‘ascolto’ per passare a esperienze di partecipazione..
    Io vengo fa esperienze ‘partecipate’ in cui si confrontavano con noi esperti di tutte le confessioni. Era una ricerca di SENSO/RISPOSTE.
    Molto distanti da una Scuola della Parola ( immaginaria) in cui esiste un gruppo di preparazione e coordinamento, un coordinatore che ha scritto 2000 pagine su.., una tre gg biblica ogni anno cui partecipano catechisti e insegnanti di tutta la Diocesi.. con tanto di verifiche dopo ogni unità con cruciverba/test a quiz, ecc una organizzazione degna dei maggiori convegni di marketing! Youtube, ausilii, incontri via zoom, cosa volete di meglio?? Posso dire che è mmmolto meglio di dove non si fa NULLA?? cioè dappertutto..
    Ottimo x la conoscenza della Parola. Vero?
    Ma la Parola è come un testo da conoscere e approfondire?

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