Raccontare Gesù in ogni modo

«Ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore»
22 Luglio 2018

XVI domenica del tempo ordinario: Mc 6,30-34

CRISTO CORONATO DI SPINE (2012, Los Angeles, chiesa della Jefferson Church)

 

Nel Vangelo di Marco, due verbi – «andavano e venivano» – fotografano in due movimenti le persone prive di punti di riferimento. Che, non sapendo dove dirigersi, vagano come pecore senza pastore. Gesù «prova compassione» di costoro, che accorrono a lui non per fame di cibo (questa verrà più tardi) ma per fame di significati da dare all’esistenza.

Spostandoci al nostro tempo, troviamo – tra i disorientati – individui d’ogni età, non necessariamente giovani; uomini dello spettacolo e uomini di Dio; persino classi dirigenti (come sostiene l’arcivescovo di Milano). E sbandato o smarrito può essere, occasionalmente, ciascuno di noi, anche senza essere mescolato a una folla. Se ciò deve indurre a sentire la responsabilità d’essere guide o di cercare guide, capaci di instaurare un rapporto personale, non è da escludere che – in certi limiti – possa fare da punto di riferimento un’opera d’arte. O un’emergenza architettonica… come questo edificio di culto in California, che, pur non essendo espressione della Chiesa cattolica, ospita un murale col volto dell’Uomo dei dolori.

Il dipinto, di autore anonimo, ha più di un motivo d’interesse. Anzitutto per il fatto d’essere posto in angolo: da sempre un punto-chiave per architetti e urbanisti, che spesso lo rafforzano per ragioni statiche e per segnalare il cambio di direzione. In secondo luogo, colpisce la novità della rappresentazione: del Cristo si mostra un’inquadratura ravvicinata, con la corona di spine, facendo a meno della croce (che invece da noi imperversa). E chissà che la rinuncia non sia casuale, ma dettata dalla ricerca di un segno più adatto a dire Gesù agli uomini di oggi, oltre che a invogliarli a entrare. In un’intervista, il regista Ferzan Ozpetek ha notato come Gesù venga spesso nominato, senza che si racconti il modo con cui si avvicinava alla gente. Senza comunicare, potremmo aggiungere, questi momenti – riportati da Marco – a margine degli eventi…

Dal problema del diritto-dovere di esternare i segni della fede, che un po’ ci paralizza, sarebbe ora di passare a quello della loro attitudine a raccontare. E all’altro, strettamente connesso, della penuria di narratori. Perché non succeda come nella riunione di un gruppo parrocchiale romano, dove molti si lamentavano del fatto che «ci tolgono il presepio!»… salvo ammettere, un minuto dopo, che – a casa loro – non l’avevano fatto.

Pur non essendo un racconto, questo Cristo deriso è già un messaggio meno freddo di una croce nuda in vetta: dà meno l’idea del trionfo e mostra qualcosa in più della Passione del Signore, senza atteggiarsi a opera d’arte. Se è vero che la street art è parente stretta dello street food, che si consuma in fretta, forse, con la sua ruspanteria, avvicina la gente più della facciata di una nostra chiesa moderna, dando una sensazione di fresco, di fatto al momento, per chi passa e per chi c’è… come sono fatti per chi passa e per chi c’è i disegni a gessetto dei madonnari o le sacre rappresentazioni.

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