Questo san Giuseppe e noi, papà di oggi…

Non è facile per niente essere padri oggi, come non lo era ieri. Forse san Giuseppe qualcosa può ancora dirci, in questo tempo di faticosi tentativi di educare.
19 Marzo 2022

Scrivo queste righe appena uscito da una messa feriale in una parrocchia della riviera romagnola, dove mi trovo per lavoro . Prima della benedizione finale, il sacerdote ha fatto recitare, distribuendo un’immaginetta, la famosa preghiera a San Giuseppe “A te o beato Giuseppe….””. Mentre la recitavo il mio sguardo correva ad un statua lignea del santo presente in chiesa. Nella mano sinistra teneva l’immancabile giglio della purezza e della castità, mentre la destra era appoggiata alla spalla di un Gesù che, più che bambino, sembrava un  giovane adolescente. Il gesto della mano era insieme di protezione e di spinta in avanti, verso i fedeli certo, ma anche verso il mondo con le sue incertezze.
Oltre che sottolineare la mia dimenticanza di essere nei giorni della novena a San Giuseppe  la scultura ha colpito i miei sentimenti di  padre di un figlio che, pur avendo ormai tre anni, mi fa sentire ancora in ‘prova’ e in apprendistato.

Non è forse il compito di noi papà proteggere i nostri figli e insieme cercare di preparali e spronarli  a vivere il mondo? Continuamente alla ricerca di un equilibrio tra la comprensibile voglia di preservarli da tutto e il desiderio di vederli  protagonisti della loro vita e arricchiti di esperienze (anche negative)?
Come vorrei far sentire a mio figlio  lo stesso tocco di quella mano di San Giuseppe, rassicurante del mio appoggio e della mia protezione e spronante a vivere in pienezza la vita e a cercare la propria strada, a buttarsi nel mondo , facendo anche sbagli e percorrendo strade errate. Con la voglia, ogni tanto, di  gridargli contro vedendolo rifare i miei stessi errori e nello stesso tempo capire che è giusto che li faccia e che li faccia da solo. Essendo spesso diviso tra amarezza e soddisfazione, quando lo vedo rimettere in discussione e forse rinnegare  le cose e i valori in cui credo. Perché’ per quanto possiamo fare, per quanto possiamo tramettere, per quanto possiamo insegnare , i nostri figli devono trovare la loro strada da soli, anche se ci piace poco.

I vangeli non raccontano molto di Giuseppe, mi sia concesso aggiungere ‘’purtroppo’’. Però da quello che sappiamo capisco benissimo perché’ sia il patrono di noi papà animati da tante buone intenzioni, ma alle volte un po’ pasticcioni.

Al santo viene detto che la moglie dara “alla luce il figlio di Dio”: chissà come si deve essere sentito Giuseppe in quei nove mesi, e alla fine , quando arriva il momento fatidico, non trova di meglio per la sua sposa e il nascituro che una povera stalla con una mangiatoia; credo che Giuseppe avesse altri piani e altre speranze per la nascita di quel ‘figlio del Cielo’. Fattosi Gesù’ più grandicello , forse in una delle prime occasioni di viaggio fuori dai confine di Nazareth, ecco che lo  smarrisce nella confusione di Gerusalemme e lo ritrova solo dopo tre giorni: chissà cosa deve aver pensato Giuseppe in quel lasso di tempo e quante volte si deve essere dato dello stupido e dell’ inadatto al compito.

Credo che noi, genitori di oggi, possiamo imparare molto dal nostro illustre predecessore.
Verrebbe facile dire che essere padre di questi tempi e ‘più difficile’ e impegnativo che in passato. La generale crisi dell’autorità, i ragazzi che si smaliziano prima, il confronto (e a volte la concorrenza) con internet e con i social media, l’abbondanza di proposte di modelli dannosi o snaturanti:  le motivazioni si sprecano e sono tutte veritiere. Aggiungiamo poi l’ulteriore difficoltà di essere (o provare a essere) un padre cattolico.

Siamo supportati da psicologi, pedagoghi, insegnanti e terapeuti che classificano i nostri figli in base a categorie e sigle che sembrano quasi determinarne in anticipo  il percorso di vita e il destino.
Frequentiamo corsi per comprendere il linguaggio dei giovani d’oggi, per gestire i social network, per il problema del bullismo, della tossicodipendenza, dell’anoressia e di tutti gli altri disturbi e problemi in cui possono incorrere i nostri, forse, fragili ragazzi (o magari siamo noi che in fondo li desideriamo fragili per sentirli più dipendenti da noi, essendone di conseguenza gratificati?)

Intendiamoci, tutte cose meritorie ed utili, forse indispensabili al giorno d’oggi. Ma mi sembra che ogni tanto dovremmo ritornare alla semplicità di san Giuseppe di cui mi piace pensare, sebbene niente nella Sacra Scrittura o nella Tradizione lo confermi, che in fondo non sia mai riuscito a capire fino in fondo questo strano figlio, quale fosse la sua missione ed il suo ruolo…. ma pure che gli sia stato accanto con tutto l’amore e l’assiduità cui era capace.. Che educava più con l’esempio di una vita giusta e virtuosa che con  lunghi discorsi , con il rispetto dei ruoli più che con l’amicizia.

San Giuseppe è definito Redemptoris Custos. Anche noi padri siamo custodi, custodi dei nostri figli (biologici o meno non ha importanza) che Dio ci ha affidato e sono figli suoi prima che nostri, (quanto  mi costa ammetterlo).
Siamo collaboratori diretti di Dio nella cura, educazione e crescita dei suoi figli e responsabili della loro prima introduzione alla vita di fede, significata bene dal sacramento del battesimo, che troppo spesso è declinato come una semplice festa della nascita – trascurandone il valore cristiano e teologico e l’impegno educativo che esso comporta per genitori, padrini e madrine.

Si parla tanto di nuova evangelizzazione per i giovani e della necessità di trovare nuove strade e nuovi modi di presentare il vangelo. Giustissimo, ma forse alcuni dei problemi che si affrontano nell’educare cristianamente i ragazzi derivano dal fatto che questi arrivano all’adolescenza senza un neppur vaga esperienza di vita religiosa, di rapporto con Dio (e non voglio fare il bacchettone sulla inconsistenza della conoscenza delle principali verità della fede, rischierei di rievocare il catechismo di Pio X che, con tutti i suoi difetti, forse qualche merito lo aveva)
Vista anche la mia esperienza di catechista delle classi elementari, premesso un grandissimo plauso alle legioni di povere catechiste che consumano tutte le loro forze fisiche e mentali per tramettere il messaggio evangelico ai propri bambini, si dovrebbero forse ripensare i modi e i tempi dell’Iniziazione Cristiana dei Fanciulli, che tutto sommato avviene ancora con modalità, e in alcuni casi anche coi testi, rimasti agli anni ’80.

E vorrei anche ricordare  che la vita di fede, per quanto possa e deve passare da insegnanti, catechisti e sacerdoti, nasce ed è coltivata principalmente all’interno della famiglia. Poi naturalmente Dio trova strade e modalità che nemmeno immaginiamo.

Quando mi è stato chiesto un contributo sul concetto di paternità per Vino Nuovo, ho risposto scherzando che è meglio allevare conigli che figli, perché una volta grandi con i conigli ti puoi fare una bella mangiata, mentre i figli sono un’incognita; mi è stato anche fatto notare che un figlio costa molto più di un coniglio.
Fuori dal tono scherzoso, è verissimo che la genitorialità rappresenta una scommessa ma anche, per noi cattolici, un grande atto di fede. Fede in Dio e fede nella vita.

E difficile essere genitori oggi? Si molto ma, adattando una citazione di San Giovanni Paolo II, “con l’aiuto di Dio è possibile”.
Nella festa di San Giuseppe ricordiamoci di Lui, del suo esempio e soprattutto della sua Fede. E in modo forse un poco ingenuo  invito tutti noi papà ad accendere una candela davanti una sua effige per ognuno dei nostri figli. Affidiamogli il nostro importante compito di genitori e affidiamogli i nostri figli affinché li custodisca come ha custodito Gesù.

Auguri dunque, a tutti  i papà e a tutti quelli che in un modo o nell’altro, ne ricoprono il ruolo per i nostri ragazzi.
Che San Giuseppe ci protegga, ci accompagni e ci sia di esempio e consolazione.

2 risposte a “Questo san Giuseppe e noi, papà di oggi…”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Mentre leggevo, sotto la preoccupazione x mia figlia Betty febbricitante, non vaccinata, con problemi di immunodeficienza, una parola mi affiorava..
    Kenosi.
    Fai Tu.
    Forse preoccuparsi così tanto delle ns incapacità generazionali, ovvie quando tutto cambia intorno a noi.., diventa autoreferenza.
    Quindi kenosi, presenza, vicinanza, disponibilità al sostegno

    Esattamente come fa Lui con noi!

  2. Sandro Aita ha detto:

    Non conoscevo “VINO NUOVO” se non per il commento alla Divina Commedia avviata da Dante il 25 marzo…
    Ma leggere il testo su S. Giuseppe ci apre a nuovi orizzonti e riflessioni che fanno ben sperare, in questi giorni di oscure guerre:
    allargare le strade e i sentieri, attraversare i muri trasparenti delle nostre coscienze di padri, genitori e figli, ad un tempo, fa capire che il camminare insieme alle generazioni, passate e future, è l’oggi che ci attende, qui e ora!

    Grazie della provocante stimolazione, nel giorno della Festa del Papà!

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