Meditare in silenzio per meglio ricostruire…

Il colpo di Stato militare in Myanmar (ex Birmania), le case famiglia protette per detenute e figli, l’Arsenale della Speranza, il nuovo arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia: questi i fatti di cronaca che, riletti alla luce delle Scritture, ci interrogano sul nostro prenderci cura degli altri.
7 Febbraio 2021

In un tempo di crisi e frammentazione, difficile da analizzare e per ora impossibile da sintetizzare, la lectio personale delle scritture domenicali, alla luce della cronaca quotidiana, fa risuonare in noi più domande che risposte. Pensiamo perciò sia utile proporvi, con le parole del poeta Rilke, di sostare un attimo in compagnia di queste domande soltanto: «vorrei pregarla di avere pazienza verso tutto ciò che è irrisolto nel suo cuore, e di sforzarsi di provare amore per le domande in sé, come se fossero delle stanze chiuse a chiave, o dei libri scritti in una lingua straniera. Non si affanni, dunque, per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. Ciò che conta è vivere ogni cosa. Viva le Sue domande, adesso. Forse così, un giorno lontano – a poco a poco, senza accorgersene – vivrà già dentro la risposta» (Lettera a un giovane poeta, IV).

 

– Il 1° febbraio è avvenuto un colpo di stato militare nel Myanmar (ex Birmania), dai legami inquietanti con il narcotraffico del Triangolo d’oro, secondo la coraggiosa inchiesta di Federico Varese (La Repubblica, 5 febbraio). È stata arrestata la premio Nobel (1991) Aung San Suu Kyi – figlia del generale ed eroe nazionale Aung San e dal 2015 alla guida del primo governo democratico – ed è stato proclamato lo stato d’emergenza per un anno. La stigmatizzazione internazionale – per ora a parole – non si è fatta attendere, pur avendo la Suu Kyi perso un po’ del consenso internazionale a causa della persecuzione (militare) dei rohingya musulmani e kachin cristiani. Dopo decenni di dominio militare, due momenti di protesta popolare (1988-1990 e 2007) e l’avvio della transizione democratica (2011-2012), il multiforme popolo birmano potrà evitare di tornare a vivere “mesi d’illusione e notti di dolore” in cui “si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all’alba” (Giobbe 7,3-4)? Potrà evitare di doversi rassegnare a “giorni finiti senza speranza” o ad uno sguardo che “non rivedrà più il bene” (Giobbe 7,6-7)? Giorni, notti e mesi siffatti non sono quelli che già vivono centinaia di giovanissimi migranti profughi, nascosti negli interstizi dei camion che attraversano i Balcani per giungere in Europa?

 

– Al secondo piano dell’ex ‘Casa della gioventù’ della parrocchia Quattro Evangelisti (quartiere Stadera di Milano) c’è una casa famiglia protetta (ex l.62/2011), gestita dall’associazione ‘Ciao’. In essa, dal 2010, hanno alloggiato trenta donne detenute (spesso straniere) e rispettivi figli: “un luogo ‘delle seconde possibilità’” dove poter crescere personalmente, grazie all’aiuto delle educatrici, e poter “costruire percorsi di senso” che concretizzino il valore rieducativo della pena (art. 27,3 Cost.). All’Arsenale della Speranza di San Paolo, dove campeggia la scritta ‘La bontade desarma’, da 25 anni vi sono grandi stanze per riposare, una piccola cappella, un grande refettorio (dove si mangia bene!) per restituire dignità a quelli che Ernesto Olivero chiama i “sofredor da rua” (più di mille persone a sera!) e che dom Luciano Pedro Mendez de Almeida voleva ad ogni costo aiutare. Non sono luoghi come questi quelli adatti a ricostruire le persone (e le famiglie) altrimenti destinate a disperdersi (Salmo 146,2)? Luoghi per risanare i cuori affranti e fasciare le ferite vissute (v.3)? Luoghi in cui chiamare per nome e sostenere uno a uno le persone umili (v.4.6)? Luoghi, quindi, da lodare e finanziare da parte dello Stato (v.1)?

 

Don Mimmo Battaglia ha fatto il suo ingresso a Napoli come arcivescovo dopo aver svolto un pellegrinaggio nella Napoli dei dimenticati: a Piscinola con la famiglia del vigilante ucciso da tre minorenni nel 2018, nella Casa famiglia “Riario Sforza” che ospita i malati di Aids, a San Giovanni a Teduccio dall’associazione “Figli in famiglia” che si occupa di minori in difficoltà, infine al “Binario della solidarietà” dove ci si prende cura dei senza dimora. Si è definito un «prete sulla strada» che vorrebbe una Chiesa che “conosce la fatica perché entra nelle case e non parla da fuori o separando i ‘vicini’ e i ‘lontani’”, che sa “vivere dalla parte del Signore che ha scelto gli ultimi posti, segno di contraddizione per i potenti di ogni tempo e segno di salvezza vicina per i poveri”. Una Chiesa pronta “a dare la vita, alla sequela del Cristo, partendo dagli ultimi per arrivare a tutti” e all’umanità, “con tutte le sue fragilità e le sue diverse periferie esistenziali”. Non risuona in queste parole il dovere paolino di predicare il vangelo (1 Corinzi 9,16), libero dai condizionamenti dei potenti (v.19), facendosi compartecipe dei più deboli per salvarne almeno qualcuno (v.22-23)? E, invece, non rappresenta l’esatto opposto del dettato paolino quanto avvenuto a Torino a proposito dell’escalation dall’appello anti-elemosina, alla quasi norma anti-cani da accattonaggio, sino allo ‘sgombero’ dei clochard dalle vie del centro, portando in discarica giacigli e masserizie?

 

– In Myanmar/Birmania, dopo il colpo di Stato militare, il vescovo ausiliare di Yangon, monsignor John Saw Yaw Han invita a «vivere con uno spirito di vigilanza e preghiera», a «non rilasciare dichiarazioni individuali» e a «vigilare sui servizi liturgici, incoraggiando tutti i fedeli a pregare intensamente per la pace in Myanmar». Lo stesso cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, ha esortato a mantenere l’atteggiamento di impegno nonviolento e ha espresso solidarietà a Aung San Suu Kyi. Non siamo di fronte ad una scelta simile a quella di Gesù quando volle ritirarsi momentaneamente nel silenzio del deserto a pregare, forse proprio per poter capire e affrontare meglio il futuro (Mc 1,29-39)?

 

 

3 risposte a “Meditare in silenzio per meglio ricostruire…”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    In riferimento ai clochard che hanno preso dimora sotto i portici del centro città stabilmente, trovo che bisogna anche considerare l’alternativa che viene loro offerta e cioè il dormire sotto un tetto in un letto che in attesa di altro potrebbe essere bene accetto. Altro è che questa possibilità manchi, in tal caso certo si dovrebbe provvedere. Tenuto conto anche di offrire così opportunità di altre necessità e Torino mantiene ancora viva la presenza dei don Bosco, San Bendetto Cottolengo e numerosi altri. Anche i negozianti hanno ragione di avere quella presenza per la quale pagano tasse per poter contare su una clientela. Ciò che è giusto non fa torto a homeless perché certo diritto a libertà deve essere equamente condivisa.

  2. Claudio Bottazzi ha detto:

    Mi vengono in mente tutti i beni parrocchiali in disuso, parrocchie di campagna dove gli stabili sono in via di degrado, le campagne condotte da latifondisti scrupolosi solo di aiuti comunitari.
    Vedo contrariamente, iniziative tipo case famiglie che sono iniziative lodevoli per il servizio che fanno.
    Forse questo è proprio un futuro di parte dei beni parrocchiali ormai messi da parte.

  3. Paola Buscicchio ha detto:

    Personalmente faccio ore di meditazione e preghiera ogni giorno.
    Questo deserto personale è importante per allontanare i tanti miraggi e rimanere centrata sull’essenziale.
    A volte si gira a vuoto presi dai tanti affanni ma una cosa è essenziale: stare ai piedi di Gesù per ascoltare la sua Parola.
    Senza quella luce interiore il cammino può essere arduo e pieno di ostacoli.
    Gesù stesso si ritirava in preghiera in luoghi deserti per attingere forza al suo agire. Se non hai dentro di te qualcosa di importante cosa potrai dare agli altri?

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