Pieghe e piaghe: i tessuti della Passione

Proviamo a rileggere gli eventi della Passione seguendo le diverse tipologie di vesti che gli evangelisti mettono in rilievo...
31 Marzo 2021

La domenica delle Palme, quando ascolto il Passio letto a più voci, spesso mi perdo e mi distraggo nell’alternarsi dei dialoghi e mi chiedo perché, per rendere più intenso il racconto, lo si debba drammatizzare dal pulpito, racconto che di per sé, è già fortemente drammatico.

A volte, le diverse intonazioni dei lettori ti portano proprio via dalla sacralità di questi capitoli. Vorrei che questi testi fossero letti quasi sussurrati, lentamente, con un rispetto più profondo. Mentre i vari Pilato, la folla e il narratore di turno leggono concentrati per non perdere la propria parte nel dialogo, io ho bisogno di focalizzarmi su particolari, piccoli dettagli, che davvero mi rimangano.

Quest’anno è toccato ai tessuti.

Vesti, teli, tuniche, bende, mantelli e lenzuoli, da cui mi sono lasciata avvolgere piano piano durante tutto il racconto. Tanti tessuti che parlano, che hanno visto, sfiorato e toccato, testimoni unici del cammino pasquale.

I primi a colpirmi sono dei mantelli.

Mantelli di gloria, di rispetto, di festa. Sono quelli dei discepoli che coprono il puledro d’asina su cui Gesù salirà per entrare in Gerusalemme. Quelli che la folla stende sulla strada al suo passaggio. Sono mantelli che sanno già di tutto il paradosso e le contraddizioni di questa gente, ma sanno anche della tenerezza di questo fragilissimo entusiasmo. Mi piace pensarli come ad un aggrapparsi umanissimo ai segni, che Gesù sa vedere e andare oltre. Mi ricordano il gesto rispettoso di mia mamma che srotolava il suo tappeto più bello in ingresso il giorno che il parroco veniva in casa per la benedizione pasquale.

Poche righe dopo mi ritrovo con un asciugamano, quotidiano mio compagno di lavoro. Gesù che si alza da tavola, depone le sue vesti e prende un piccolo telo, cingendoselo ai fianchi come un grembiule. Amo il grembiule, è la prima cosa che indosso appena rientro a casa. Identifica ciò che voglio essere per i miei cari, il prendermi cura, il lavoro domestico. Ma faccio fatica a cederlo, a chiedere aiuto, a non sentirmi indispensabile. Oggi l’asciugamano di Gesù mi aiuta a scendere molto più dentro il vero “servire”.

Un semplice lenzuolo che rimane a terra, tra gli ulivi del Getsemani è il terzo tessuto che cattura la mia attenzione. Giuda ha appena tradito e consegnato il suo maestro ai soldati e tutti si dileguano, abbandonandolo. Il lenzuolo era l’unica veste di un ragazzo che seguiva Gesù, che voleva ascoltare, stare vicino, capire… ma, nella paura del momento, nell’essere afferrato dai soldati, scappa, così, spogliato di tutto. E il lenzuolo rimane terra, segno di quella dignità perduta, strappata e abbandonata da parte di tutti. La stessa dignità perduta di Adamo quando si accorge di essere nudo. È un lenzuolo che sa di paura, inadeguatezza, dubbio, tradimento, vigliaccheria. E’ il lenzuolo che ti copre da tutta questa vulnerabilità e che, in un attimo, un attimo di intensa verità, di prova, ti lascia allo scoperto, nudo, indignitoso.

Sento ora il rumore delle vesti stracciate di Caifa, il Sommo Sacerdote, che incalza e provoca Gesù davanti a tutto il sinedrio, in un gesto plateale pieno solo di ira e di accusa. Caifa ha avuto paura, paura di una verità che aveva davanti agli occhi e di un Dio che non stava più nei rotoli del suo libro. Paura, giudizio, scandalo, condanna sono il grido di questo lacerarsi di vesti.

E subito dopo vedo una benda, legata sugli occhi di Gesù, mentre viene schiaffeggiato e preso a sputi. Gli chiudono gli occhi perché non hanno il coraggio di incontrare il suo sguardo mentre lo umiliano così, senza essere visti. L’illusione del “disoriento te, perché così non trovi me”.

Nel pretorio davanti a Pilato, ecco ancora un insieme di tessuti che accompagnano questo mia passione col Signore: un ricco mantello di porpora messo addosso a Gesù. Lui è stato flagellato e la folla ha decretato la sua crocifissione. Questi sono gesti di forza, di sfida, di scherno, uniti a parole sprezzanti per cercare di ridicolarizzare la verità su Gesù. Il mantello veste, copre, protegge. Il mantello parla di ruoli, è abito di profeti. Il lembo del mantello di Gesù un giorno viene sfiorato e raggiunto da chi chiede con audacia la vera salvezza (emorroissa) o viene gettato via per essere più leggero nel seguire il maestro (cieco Bartimeo). No, qua no. Questo ricco mantello di porpora è solo tessuto di vergognosa falsità.

Ed è un continuo spogliare e vestire, provare ad attaccarsi ad un’esteriorità per dare significato a qualcosa di inaudito che non si vuole o si riesce a credere.

Via la porpora e riecco le sue vesti. Per andare a morire viene riportato a ciò che è. Basta scherni. Ora è il tempo dell’affossamento, del peso, della caduta, del carico di tutto, del dolore puro preso nella sua carne. Gesù va incontro alla morte vestito delle sue vesti, intrise di sangue e violenza. Ma le sue, le vere, le stesse nelle quali si era trasfigurato, diventando bianchissime. Vesti su cui l’evangelista Giovanni si sofferma in modo particolare. Ne fecero quattro parti, racconta, una per ciascun soldato. Ma invece sulla tunica, che era tessuta senza cuciture, giocarono la sorte. Non la stracciarono, così come già il salmo 21 aveva predetto. Non è veste da stracciare questa. Persino i soldati si fermano davanti all’unità. La divisione e l’unità.

Gesù muore.

C’è un segno difficile adesso, da leggere nel racconto: lo squarcio del velo del tempio. Ancora un tessuto, questa volta una pesantissima tenda che nell’ora della morte del Signore improvvisamente si lacera, si spezza in due da cima a fondo. Mi aiuta in questo l’arte, i tagli nelle tele di Lucio Fontana, squarci, ferite, tuffi nella luce. Sono nuove soglie, si aprono strade, si aprono occhi. L’alleanza è davvero nuova adesso. La distanza tra Dio e l’uomo, che rappresentava quel grande tendone, è ora colmata da Cristo.

E infine un lenzuolo, anzi il lenzuolo. Matteo dice un lenzuolo pulito, nuovo, quello che Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del Sinedrio, compra per compiere un ultimo pietoso gesto, fatto oltre ogni regola imposta. Depose Gesù e lo avvolse. Ritorna lo stesso verbo di Betlemme. “Avvolto in fasce” era il segno per riconoscere quel bambino, che adesso ritorna in questo essere avvolto. Nella mangiatoia e nel sepolcro. Un Dio che si lascia avvolgere per insegnarci ad amare liberi da ogni fascia o lenzuolo.

Un altro lenzuolo che poi rimarrà a terra, nel vuoto del sepolcro. Lenzuoli vuoti, quello di un giovanetto impaurito che scappava nel Getsemani, e quello del suo maestro che adesso lo riandrà a cercare, su altre vie, dove la paura e la morte non saranno più l’ultima parola.

 

 

6 risposte a “Pieghe e piaghe: i tessuti della Passione”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Io, da solito bastian contrario, mi sono basito messo radici sul NUDO, senza vesti.
    Quello di Gesù che lava i piedi, di Gesù morto, quello della cugina Lina su quel letto di pietra dell’obitorio dell’ospedale milanese, quello del corpo di mia madre trasportato su un lenzuolo da chi non ne voleva la camera mortuaria nella sua casa, quello..
    Sì, il nudo fa parte del sacro.
    Davanti alla Passio dobbiamo tacere.
    Nasciamo nudi, moriremo nudi.
    La nostra nudità davanti al Giudizio, davanti a Lui.. non serviranno vesti, per quanto sgargianti come quelle di certi prelati, a coprire le nostre nudità, simbolo di verità.. e la Verità più grande che grido, che urlo davanti a queste nudità è una sola:
    Non è possibile che Lina, che Rosetta, che Lui siano dentro quel corpo nudo!!
    Fatemi felice: ditelo anche voi che sono tutti VIVI! Più vivi di me, di voi, adesso.
    Sostenere il contrario sarebbe non aver capito chi SONO.
    Ciao.

  2. Paolo Noce ha detto:

    Bellissima e originale riflessione.
    Mi hanno colpito i passaggi sui tessuti “personali” : il tappeto della nostra mamma e il tuo grembiule.
    Sai sempre come toccare il cuore.
    Grazie.
    Paolo

  3. Agnese Serra ha detto:

    Interessante dare importanza ai tessuti, creati dall’uomo, dopo il vasellame e gli oggetti di metallo, profondo.

  4. Paola Isabella ha detto:

    Commentare letture di episodi religiosi in modo matematico…. Basta trovare il minimo comune denominatore e ecco diventare una narrazione storica e drammatica, una prosa sussurrata con sapienza e rispetto, tanto auspicato nella lettura della domenica delle palme. Ed è così che un umile pezzo di stoffa diventa protagonista ma non toglie la scena al vero re. Grazie Lella per questi doni che ci fai

  5. Giovanni Crespi ha detto:

    Profondissima lettura.che bella!! Mi piace soprattutto l’ultimo paragrafo quando dici che il maestro andrà a cercare il giovanetto su strade dove la paura e la morte no saranno più l’ultima parola. Quanto è consolante sapere che anche per il peggiore tra gli uomini c’è una via di scampo. Siamo tutti accolti da un amore che non ha confini. Grazie govanni

  6. Dario Busolini ha detto:

    Da tanti anni sono lettore, anche del Passio, e capisco la critica anche se una lettura sussurrata di un brano così lungo farebbe, credo, addormentare gli ascoltatori… forse basterebbe leggere in maniera comprensibile, senza enfasi ma neanche in modo troppo piatto. In medio stat virtus, come in tutte le cose.
    A parte questo, complimenti per l’interessante ed originale riflessione, specialmente per l’accostamento tra i due lenzuoli che finiscono a terra e, vorrei aggiungere, le due nudità che ricoprivano, quella del giovane Marco (posto che poi fosse davvero lui) e quella del Cristo deposto dalla croce, segno entrambe di due morti, una spirituale causata dalla paura l’altra fisica, però entrambe destinate alla resurrezione.

Rispondi a Agnese Serra Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)