Per riconciliarsi tocca sbilanciarsi

«Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono»
12 Febbraio 2017

VI domenica del tempo ordinario: Mt 5,17-37

RICONCILIAZIONE (Ghislaine Howard, 2014, Manchester, Chiesa di S. Anna – in esposizione temporanea)

 

Che sia benedetta… quest’artista inglese, per il suo abbraccio sbilanciato, smisurato, smodato. Poiché siamo abituati a quelli che si scambiano le autorità, sempre simmetrici, ci siamo messi in testa che ogni gesto di riconciliazione tra esseri umani debba essere speculare e simultaneo. Desiderato da entrambi e nella stessa forma per entrambi. Perdendo di vista l’importanza straordinaria che ha, nel movimento verso l’altro, chi compie il primo passo.

Nell’opera (uno studio per un Figlio prodigo), in realtà non si capisce chi abbia preso l’iniziativa: potrebbe essere stata anche la persona in ginocchio. Però si impara che esistono più modi per abbracciarsi e che al bel gesto di uno può rispondere un bel gesto dell’altro, non necessariamente identico ma ugualmente spontaneo, non studiato. E caloroso (come questa lunga carezza, fatta di mani e di guance).

Inoltre si intuisce che tra i due c’era una storia precedente e ci sarà ancora storia insieme.

È proprio la rinuncia a un futuro condiviso a spegnere la voglia di stringersi in un abbraccio. Ne siamo diventati così incapaci da lasciar nascere una sorta di “movimento”, Free Hugs, presente persino alle ultime Giornate Mondiali della Gioventù, per distribuire abbracci a costo zero.

Quelli che coinvolgono i corpi senza coinvolgere i cuori, sono abbracci facili e privi di prospettiva. Quelli veri impegnano e per questo si rimandano.

Allora, invece di star fermi, in attesa della prima mossa altrui (ormai siamo talmente prudenti da agire solo per secondi: salutiamo se veniamo salutati, facciamo gli auguri se li abbiamo ricevuti, invitiamo a cena se già siamo stati invitati…), individuiamo una persona con cui riconciliarci e inventiamoci un abbraccio. Nessuno ci verrà a dire come si fa, tanto meno una legge o una regola del galateo: facciamo memoria di quest’opera (ah, la potenza dell’immagine!), senza scordare che il Padre è nostro, non mio, dunque che siamo entrambi figli e fratelli.

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