Per fortuna Dio non è così….! Quando il legalismo detta il passo dei giusti

La giustizia come giustificazione e misericordia
23 Ottobre 2022

Quante volte ci siamo trovati a esprimere questa frase «ringrazio dio di non essere così» oppure «per fortuna non sono come lui». Questa frase può sintetizzare molto bene la preghiera del fariseo che imperversa in ciascuno di noi.
Proviamo a far risuonare i pensieri che spesso accompagnano in modo non troppo diplomatico il nostro vivere: «io cosa faccio di male, non uccido, pago le tasse, ho un lavoro onesto, mantengo la mia famiglia e ho educato bene i miei figli, ho una casa…» un elenco che potremmo allungare all’infinito. In fondo ogni volta che questi molteplici pensieri imperversano nella mente e prendono dimora nel cuore umano si riducono ad una sola sentenza implacabile che riscatta sé stessi denigrando il prossimo e ponendo un giudizio senza possibilità di ricorso: noi non siamo come quelli lì.

Bene, guardiamoci allo specchio con la franchezza che il momento richiede e, mentre facciamo memoria, vedremo trasfigurarsi in noi il volto del fariseo. Proprio quel volto, a noi tanto antipatico, che emerge dal tempio della nostra vita, pieno della sua superba certezza che immola l’«altro» a servizio della sua purità e perfezione. Lo vedremo camminare nelle vie della nostra società e prendere vita delle molteplici istituzioni che governano il mondo e talvolta anche la stessa Chiesa. Anche i cristiani chiamati, per grazia, ad essere tempio santo di Dio, e chiamati a vivere nella comunione fraterna nel mondo, fanno riecheggiare queste due figure, che vivono contemporaneamente nell’animo umano.

Il «nostro» fariseo è lì, fronteggia Dio alla pari, perché proprio di Lui si sente al pari, nessuno può toccarlo o scalfirlo, neanche Dio, perché è un uomo tutto d’un pezzo. Ormai ha imparato e capito, per cui può sentirsi degno di stare alla presenza di Dio, anzi anche di «snobbarlo» … Circondato dal bastione dalle sue certezze, il fariseo si è rinchiuso nella perfezione dell’esecuzione delle leggi, talmente saldo sui suoi principi e nelle sue convinzioni che non sente neanche l’esigenza di un dialogo con Dio, di confrontarsi con colui che è la Legge. Parla tra sé, dimora nei suo pensieri ignaro della completa alienazione con il suo Signore, per il quale vive.
Così la legge di Mosè non è più uno strumento per raggiungere Dio. Il mezzo e il fine si sovrappongono dando vita ad un unico ed inevitabile risultato: la conversione al legalismo.
Il legalismo diventa il protagonista primario, che invade tutti i pensieri e le azioni dell’uomo tanto che Dio viene lasciato come sfondo silenzioso di un ego smisurato. Si pensa ancora di seguire Dio, ma non ci si accorge che si segue il proprio io o lo si immola all’altare della legge, trasformandoli entrambi in perfetti idoli da adorare e celebrare in modo conveniente.

Così Dio si tramuta in un giudice impietoso che sa porre la perfetta e santa separazione a ciò che definisce impuro e indegno – parti di un mondo da evitare, dal quale stare lontani- . Se guardiamo fuori di noi il legalismo separa e seleziona tanto da arrivare a ritenere indegna la vita di un altro, una «vita indegna di essere vissuta», o una vita ormai bruciata e incapace di percorrere la via della salvezza. Quando la legge prende il posto di Dio, essa diventa un giudice spietato che seleziona, giudica e condanna senza possibilità, inchiodato e sbloccato nello spazio del «non giusto» e del «peccato».

Ma si trova la mondo un uomo così perfetto e giusto davanti a una legge … fermiamoci un attimo a riflettere. La perfezione così intesa è di questo mondo? Oppure la molteplicità che caratterizza l’uomo e la natura si basa su quel limite di imperfezione che tante volte noi cerchiamo di nascondere o di manipolare? Forse se guardiamo in fondo al «nostro tempio», troviamo sicuramente in un angolo il pubblicano, come troviamo tanti pubblicani nei crocicchi delle strade e della nostra società. Quelle vite indegne che esistono e vivono nell’oscurità del pregiudizio e della dimenticanza.
Un pubblicano, peccatore pubblico, comunemente disprezzato per la fattiva collaborazione con l’Impero romano e per la sua corruzione. La sua vita è prostrata dal peccato e non vive in un’illusione perfezionistica. Quel posto non è per lui, non può abitare nella casa di Dio. Lui lo sa che non ne è degno. Così silenzioso, ripiegato e timoroso chiede e invoca la salvezza di Dio, chiede quella pietà, chiede di essere accolto nella sua condizione. Quella preghiera «O Dio, abbi pietà di me peccatore» apre lo spazio a Dio, apre quello spazio di grazia in cui Dio viene posto di nuovo come protagonista. Alcune volte proprio in ciò che consideriamo lo scarto della nostra vita, lo scarto della società, quello che deve essere eliminato perché non giusto, perché non funziona bene, perché non corrisponde a quei paramenti e a quelle leggi che ci siamo imposti sia personalmente che come società, diventa motivo di salvezza.

Non essendo giusto, ricerca ciò che lo renda tale e quindi chiede al Giusto per eccellenza, colui che «ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37b). Proprio di fronte alla pronta contestazione dei farisei Gesù rilancia un’incontrovertibile spiegazione «misericordia voglio e non sacrifici. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Frase che ci riporta al famoso appello alla conversione di Osea che afferma come Dio voglia «l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più che gli olocausti» (Os 6,6). Dovremmo ricordare più spesso che la salvezza non è in possesso di uomini che sbandierano la propria legge o dei precetti religiosi e che vi si ancorano come l’unica via di salvezza; oppure che seguono in modo rigoroso delle norme e richiudono Dio in uno schema precostituito che separa e condanna a prescindere dalla vita e dal cuore dell’uomo. Essere figli del legalismo imprigiona l’uomo tanto da renderlo incapace di dare vita.

Dio non fa preferenza di persone, come ci ricorda in questa domenica la prima lettura del Siracide, perché per Dio ogni uomo è importante. Per Dio nessuno è condannato, ma richiede che si prenda consapevolezza del peccato e si abbia il coraggio di vedere ciò che di male è stato compiuto per chiedere a Dio con umiltà la sua pietà. La Misericordia non tarderà ad accoglierci e a rigenerarci a una nuova vita, a donare pagine nuove ad un libro della vita già scritto di cui non lascerà che nessun altro osi mettere la conclusione. Tutto si gioca con quel Dio che non si compiacerà mai della morte del malvagio, ma che si converta e viva. Ecco perché il povero pubblicano riscontra l’appassionata accoglienza di Dio e il dono della salvezza.
Quando sentiamo oppure ci ostiniamo nella nostra durezza di cuore e osserviamo con soddisfazione la rivendicazione becera e senza pietà dei fantomatici ‘dottori della legge’, dovrebbe risuonarci nelle orecchie una frase che Dio fece tuonare di fronte al suo servo Giobbe: «Chi è mai colui che usura il piano con discorsi da ignorante?» Perché colui che parla e si atteggia come il fariseo, anche nella sua ipotetica conoscenza di Dio che lo caratterizza, ignora profondamente un aspetto importante: chi è il vero Dio!

5 risposte a “Per fortuna Dio non è così….! Quando il legalismo detta il passo dei giusti”

  1. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Si prova umani sentimenti di pietà verso chi non sopporta infermità con solidale desiderio di aiuto una misericordia umana verso un proprio fratello, infatti si sono fatti miracoli attraverso studio e ricerche mediche, e si può dire che i zoppi camminano, i ciechi vedono, sanate popolazioni con vaccini, ma che dire circa la , accoppiamenti piuttosto che matrimoni, una natalità a richiesta e per questo anche comperata, una persistenza di povertà ignorata che vive di elemosina, una offesa alla carità la quale comprende in se amore nel ridonare alla persona dignità. Che dire delle sacre scritture, “”quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.Egli mi glorificherà perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. In verità vi dico: se chiederete qualche cosa alPadre nel mio nome, egli ve la darà.”” Forse si chiede ma nel proprio.

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Effettivamente i personaggi della parabola citati nel mondo di oggi non sembrano più corrispondere ai medesimi sentimenti e neppure nello stato di vita. Dove quella umiltà, quel chiedere e rivolgersi a un Dio di cui si conosce la scrittura, la predicazione. La storia vissuta. Non ha predicato un amore facile,Gesù Cristo, il quale è Figlio di un Dio che ha tanto amato il mondo da sacrificarlo per portarlo a salvezza. Di questo amore, in Lui si è fatto presente, capace di sacrificio. Gesù Cristo quando si è trovato di fronte alla prova suprema, ha pianto colto da umanissima debolezza, quel calice da bere! ma però che fosse la volontà del Padre a compiersi, perché il vero bene fosse conosciuto da tanti. Tutti coloro che lo avessero seguito. . Sembra prevalere oggi nella società di cui facciamo parte, la certezza di sentirsi interpreti di quell’ insegnamento, un presumere che esista amore senza sacrificio. godendo di giusta libertà.

  3. gilberto borghi ha detto:

    Sono contento Luigi che tu non ne conosca di uomini cosi. Io ne conosco!!

  4. Luigi Puddu ha detto:

    Ma dove stanno gli “uomini che sbandierano la propria legge o dei precetti religiosi e che vi si ancorano come l’unica via di salvezza; oppure che seguono in modo rigoroso delle norme e richiudono Dio in uno schema precostituito che separa e condanna a prescindere dalla vita e dal cuore dell’uomo.”? Ho l’impressione che siano i pubblicani di oggi. Così facendo l’articolo scivola velocemente verso un nuovo fariseismo.

    • Gian Piero del Bono ha detto:

      Infatti il fariseo di oggi e’ quello che gongola in cuore suo sentendosi superiore : menomale che io sono moderno e non un bigotto come il mio vicino di casa , che sta da quaranta anni con la stessa moglie e ha fatto quattro figli , mentre io ho divorziato due volte e dopo il primo figlio ho detto basta, vai con la pillola, menomale che io sono cattolico si ma moderno, me ne infischio delle regole e di tutto quel vecchio e tipo recitare rosari e preghiere, e inginocchiarsi, e digiunare; menomale che io non credo piu’ a sciocchezze come Inferno e Paradiso mentre mi occupo molto del riscaldamento climatico ….

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