Noi amiamo perché abbiamo paura?

Ogni anno ci interroghiamo almeno su come sia possibile attuare il messaggio di perfezione esposto da Gesù nel discorso sulla montagna?
19 Febbraio 2023

Credo che il vangelo odierno rappresenti il cuore della morale cristiana e che, se una persona ha trovato il coraggio di accettare queste parole, abbia attuato già il primo passo della sua conversione. A questo proposito, rileggere o ascoltare il discorso della montagna proprio nel luogo dove la tradizione dice che fu pronunciato, significhebbe provare l’emozione e l’illuminazione di “ri-sentire” queste parole come se ancora fosse Gesù lì presente a pronunciarle. Fra i tanti luoghi di conversione della terra santa credo che quello sia in grado di mandare un segnale molto speciale, perché si può anche rinnovare la propria fede di fronte a tanti altri luoghi sacri, ma solo in quel luogo la si può mettere alla prova.

Ricordo che, durante il mio pellegrinaggio in terra santa, il giorno in cui ero proprio nel luogo del discorso della montagna, durante la S.Messa, il mio occhio cadde su una persona di cui fino a quel momento non mi ero accorto facesse parte del gruppo dei partecipanti. La conoscevo, sia direttamente che per la fama, per essere un professionista freddo, distaccato, amante del denaro e certamente non assiduo frequentatore della Chiesa. Vedendolo su quel monte pregare devotamente, in comunione con gli altri, per poi accostarsi all’Eucaristia, ho pensato che la forza del messaggio pronunciato era talmente eccezionale da poter trasformare chiunque in un seguace di Gesù.

Mi sono quindi augurato che un po’ di quella grazia sovrabbondante toccasse anche me, svelandomi quanto fossero futili molte delle esperienze che stavo vivendo in quel periodo. Da due anni ero diventato padre per la terza volta, e siccome non ero più giovanissimo, mi ero lasciato travolgere da uno sconsiderato senso di responsabilità che mi aveva catapultato nel vortice del lavoro, facendomi trascurare altri aspetti più importanti della mia vita. Così, ogni volta che ritorno a leggere queste parole di Gesù, non posso non rifare quelle considerazioni. Spero che, se ripetute frequentemente, alimentino una definitiva ed irreversibile decisione di optare per una scelta di vita come quella che Gesù propone – anche se l’obiettivo “voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste», mi spaventa non poco.

D’altra parte, le considerazioni che derivano da queste parole, di fronte al dilagare della violenza che trova spesso giustificazione anche nell’ideologia religiosa, rappresentano  un’urgenza per tutti noi. Ripetere frequentemente a noi stessi le considerazioni che ho riassunto qui di seguito, penso sia già un primo passo nel cammino della “perfezione”, perchè rappresenterebbe la presa di coscienza del problema e ci offrirebbe l’opportunità di porci, tutti sullo stesso piano, con l’unico obiettivo di capire se vogliamo veramente lottare per un mondo in cui a prevalere siano le relazioni e non i conflitti.

Noi amiamo vivere in un mondo in cui la giustizia tenga conto dell’entità dei torti subiti e commini delle pene proporzionate e ci dà soddisfazione poter pensare di essere dei giustizieri coraggiosi quando di fronte a chi ci ha fatto del male invochiamo una giustizia superiore, di natura terrena o divina, perché abbiamo paura che il perdono concesso indistintamente sia una forma di debolezza che possa addirittura compromettere la nostra dignità.

Noi amiamo molto essere al centro delle attenzioni delle persone, ma abbiamo paura di mettere noi stessi, la nostra generosità e solidarietà verso gli altri, perché pensiamo che possano toglierci qualcosa di nostro che ci siamo conquistati con fatica e soprattutto che questo vada a favore di persone che non se lo “meritano”.

Noi amiamo schierarci ed identificarci con i “nostri”, cioè con quelli della “parte” che protegge i nostri interessi, dimenticando facilemente che esiste un bene comune che dovrebbe stare al sopra di tutto, perché abbiamo paura di tutti coloro che non sono i nostri amici e parenti, in quanto li  vediamo come degli estranei e dei possibili avversari.

Noi  amiamo essere accettati e stimati, perché abbiamo paura del rifiuto e dell’avversione degli altri.

Noi amiamo l’amore che ci viene dato piuttosto che quello che siamo capaci di dare al prossimo, perché abbiamo paura di riconoscere che l’amore si dona e non si misura e non si confronta.

Noi amiamo la pace a parole, ma non abbiamo il coraggio di fare sacrifici per garantirla, perché abbiamo paura di perdere quello che pensiamo di aver conquistato.

Noi amiamo così tanto noi stessi e il nostro concetto di amore, perché abbiamo paura dell’amore di Dio, nel quale non abbiamo fiducia, perché ci sembra idealistico, non concreto e così diverso da quello di cui noi riteniamo di aver bisogno.

Di fronte a questo sconfortante quadro cosa  dovrebbe fare un seguace di Gesù?

Innanzitutto, non restare immobile di fronte alla realtà, ma  impegnarsi a costruire un proprio percorso spirituale, basato almeno su quei quattro insegnamenti del vangelo di oggi che sono sinteticamente riassumibili in  “amare i nemici, fare del bene a quelli che mi odiano, benedire coloro che mi maledicono e pregare per coloro che mi trattano male”.

La sintesi dell’invito alla perfezione che Gesù ci rivolge con questo Vangelo, penso che, almeno per quanto mi riguarda, si dovrebbe basare basi su questi obiettivi concreti giornalieri:

– non opporre alla violenza che ci viene addosso altra violenza, ma comportasi avendo la convinzione che la capacità di chi ci vuole  fare del male non sarà mai così grande come la nostra capacità di volergli bene e di fargli del bene;

– non misurare l’amore che si vuole dare in funzione delle qualità della persona a cui è rivolto, ma donarlo incondizionatamente;

– dare amore ad una persona anche se si sa che non ne riceveremo;

– vivere l’amore come il bisogno della relazione con l’altro per realizzare noi stessi e lui;

– offrire il perdono per riscattare coloro che ci vogliono male e ci maledicono;

– non provare in nessun modo a giustificare l’odio per una persona  nel nome di Dio;

– avere sempre presente che l’amore non si merita, ma è un dono che Dio dà a tutti.

 

2 risposte a “Noi amiamo perché abbiamo paura?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La domanda potrebbe essere se cerchiamo l’amore è siamo convinti sia lo strumento che più di ogni altro ci faccia essere tra le genti che seguono Cristo. Viviamo in una crisi di potenza, uomini di potere si fronteggiano, e questo fa sì che a loro volta abbiano sostenitori. Mentre Gesù si rivolge indicando l’amore verso i più deboli, ed essendo noi tra quelli ha Lui sacrificato la sua vita, stiamo vedendo che invece è ancora il fascino della potenza in armi che eccita l’animo dell’uomo a misurarsi con il nemico, a sovrapporsi giudice di se stesso e per conto di “popoli fiduciosi. Può una “Pace” essere concepita ancora oggi, dopo tante prove passate, usando l’uomo stesso come arma che uccide? Possiamo così ragionando entrare in una Casa di Dio pensando di essere accolti? Non ci dirà :” vai a fare prima la pace con quel tuo fratello?

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Gesù, quando replica con il “Ma io vi dico”…. Lo fa spiegando, dando risposte che sono luce per ogni uomo. E’ l’Amore artefice insito in quel “ma io vi dico…” e questo il sentimento che anche il cuore dell’uomo possiede in germe, però ognuno è persona diversa, in libertà si evolve facendo scelte e anche l’amore che anche l’amore orienta; si crede umanamente di fare la scelta giusta, ma poi può accadere che non lo sia. Per quanto di intelligenza siamo dotati, anche ben motivati, bisogna ammettere che abbiamo bisogno di una luce altra. Per questo il ricorso a quel “ ma io vi dico…” diventa Parola personale, si fa luce a un amore diverso, apre a suggerire un percorso, come un teorema da applicare a un problema. Ma è dalla volontà, libertà scegliere l’amore di Cristo che mira più in alto, il dare implica il coraggio. a proprie rinunce per amore del prossimo,mira alla pace perfino col nemico diventa cosa possibile

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