XXVI domenica del tempo ordinario: Mc 9,38-43.45.47-48
L’UOMO NEI CEPPI (Ernst Barlach, 1918, Amburgo, Kunsthalle)
Fra le malattie che possono attaccare una comunità, ve n’è una della vista, che fa credere di mettere a fuoco il nemico, perché diverso da noi, mentre non fa mai vedere se stessi.
Così si sta sempre in guardia da chi non è dei nostri ed è Gesù a smascherare la contraddizione: quella per cui si è capacissimi di scandalizzarsi dei comportamenti altrui e, allo stesso tempo, incapaci di accorgersi dei propri.
Chiarendo che quelli esterni sono talvolta dei falsi nemici («Chi non è contro di noi è per noi»), il Signore avverte che da costoro è possibile ricevere del bene (anche solo «un bicchiere d’acqua»); poi sposta lo sguardo sulla vera pietra d’inciampo, la malizia che abbiamo dentro…
Per coloro che hanno in mente punizioni esemplari verso chi «non ci segue» (non somigliano un po’ agli odiatori seriali di Facebook, quelli che ogni giorno hanno da dir male di qualcuno?), la scultura di Barlach funziona da autoritratto. Rappresenta un uomo paralizzato dalle proprie paure, poiché un prigioniero può pure essere vittima di se stesso. E i ceppi che lo bloccano evocano la macina al collo di chi, vedendo solo il male, al male merita di restare ancorato.
Se si considera detentore della verità, ogni gruppo ecclesiale troppo pieno di sé corre il rischio di rifiutare ciò che un altro gli può offrire. E la sua chiusura scandalizza i credenti semplici e privi di malizia.