Le rivelazioni delle messe covid

Il covid è una situazione di rivelazione anche rispetto alla liturgia: rivela ciò che già c’era, ma che ora non si può non vedere
27 Maggio 2020

Come si fa a non abbracciare un grande amico, quando muore sua madre? La prima messa del “day after” è stata per il funerale. E mi sono convinto che il covid è una situazione di rivelazione anche rispetto alla liturgia: rivela ciò che già c’era, ma che ora non si può non vedere.

Il distanziamento sociale impedisce qualsiasi contatto fisico. Alla fine ci siamo guardati a lungo, io e il mio amico, con intensità e poi ci siamo almeno presi le mani. Certi eventi non sono contenibili dentro, perché il nostro corpo è fatto per condividere. E qui ho avvertito la prima rivelazione.

La sensazione terribile e disturbante di essere lì come individui singoli, ognuno dei quali è imprigionato dentro ad un cilindro invisibile di spazio limitato, entro il quale però anche il movimento minimo del corpo sembra essere negato. In realtà è da tempo che penso che moltissimi cristiani vanno a messa per cercare un “servizio” religioso da consumare individualmente. La condizione attuale delle celebrazioni fa esplodere in modo evidente questo stridore: siamo corpo di Cristo, ma i nostri corpi sono tenuti a freno non solo dalle regole sul covid, ma anche dall’abitudine, ben precedente, a non condividere realmente.

Il rito stesso è costruito dando pochissimo spazio alla condivisione effettiva delle persone attraverso i propri corpi. Ora, anche il segno della pace è tolto, e i corpi restano davvero rigidi e impietriti tanto da impedire anche segni e gesti che invece sarebbero compatibili con il distanziamento, e almeno cercherebbero di dire il nostro desiderio di “con-tatto”. Non si può essere davvero corpo senza contatto. E allora, se non il tatto, almeno la vista e l’udito possiamo attivarli di più affinché il contatto sia maggiormente precipito.

Dove è scritto che nel rito della messa guardarsi con intensità, simpatia, calore sia vietato? Dove è scritto che non si possono fare gesti di saluto tra persone della stessa fede? Dove sta scritto che non si può dare uno spazio anche alla parola perché i fedeli possano parlarsi?

Lo so, sta scritto in quella brutta abitudine alla “ritolatria” che ci impedisce di pensare che il rito possa e debba adeguarsi alla vita per assumerla, mentre noi adeguiamo sempre troppo la vita al rito con la scusa che il rito appartiene alle cose ultime, al regno di Dio sulla terra. Io comincio ad avere seri dubbi su questo. Il rito nel regno di Dio non ci sarà, perché la vita stessa sarà rito di offerta di sé a Dio, totalmente e per sempre. Il rito perciò non fa parte delle cose ultime, ma penultime. La capacità di amare invece rimarrà nel regno, come dice Paolo (1 cor 13, 8-10), perciò quella sì che è davvero nelle cose ultime, già fin da ora.

Se il rito non assume la vita, non ci possiamo poi lamentare che la vita non entra nel rito e la messa non produce frutti. Le forme di comunicazione dentro la celebrazione sono talmente distanti da quelle della vita che è normale che, finita la celebrazione, la vita ricominci esattamente come prima, non toccata dalla celebrazione. E la celebrazione al tempo del coronavirus lo sta urlando drammaticamente.

La seconda rivelazione l’ho avvertita quando si è reso evidente che nel modo di celebrare attuale, il sacerdote è tutto. Non c’è più coro, non c’è più servizio all’altare, non c’è più questua, non ci sono più ministri laici a distribuire l’eucarestia, non c’è più offertorio. In alcune chiese, per lo spazio limitato, anche le letture sono fatte dal sacerdote stesso. Già erano segni piccoli della presenza laicale nella celebrazione, ma ora che sono tolti è, anche qui, lampante che abbiamo consegnato l’azione liturgica totalmente al sacerdote.

Ma che corpo è quello in cui il momento più alto della vita viene realizzato solo dal capo (ammesso che abbiamo idea del senso del sacerdote come capo)? In cui gli altri organi assistono immobili e passivi, e che solo ricevono l’effetto finale di ciò che il capo realizza. Infatti, non a caso, durante il “lockdown” il “capo” si era dato il permesso di vivere il culmine della vita della comunità da solo (!).

Dove è scritto che per non rischiare contagi, la comunione debba essere distribuita dal sacerdote? Perché le letture non possono essere fatte dal posto al microfono se lo spazio non consente l’accesso dei fedeli al presbiterio? Le preghiere dei fedeli, i gesti specifici per il tema di quella messa, la scelta e conduzione dei canti non possono essere riconsegnati al laico?

E in realtà son ben poca cosa. Ma anche qui, l’abitudine al “dominio liturgico” del sacerdote impedisce di provare a fare scelte che in questo momento potrebbero almeno mantenere accesso il lumino del “sacerdozio comune dei fedeli”. Nel regno di Dio l’essere battezzati resterà essenziale ben oltre all’essere sacerdote, come mostra perfettamente Ap. 21. E il sacerdote lavora per scomparire e rientrare anche lui nella “sposa adorna per il suo sposo”, perché vive il rapporto tra Cristo e Chiesa dalla parte della Chiesa, per presentarla “senza macchia e senza ruga” a Cristo. (2 Cor 11,2)

Potremmo non perdere anche questa occasione?

17 risposte a “Le rivelazioni delle messe covid”

  1. Aldo Di Canio ha detto:

    Ho letto su l’Osservatore romano oggi:
    …la riflessione muove verso la dimensione della “chiesa domestica” che ha avuto un rinnovato impulso in questi ultimi mesi contraddistinti dal lockdown. Mons. Grech osserva che un certo clericalismo ha logorato, fin dal iv secolo, «la natura ed il carisma della famiglia in quanto chiesa domestica». E ciò nonostante che il concilio Vaticano II abbia recuperato la nozione della famiglia come chiesa domestica (Lg 11, aa 11) e abbia sviluppato l’insegnamento sul sacerdozio comune (Lg 10)». «in quanto struttura basilare e permanente della Chiesa, dovrebbe essere restituita alla famiglia, domus ecclesiae, una dimensione sacrale e cultuale». (…) «la famiglia dovrebbe essere un ambiente dove la fede possa essere celebrata, riflessa, e vissuta. È dovere della comunità parrocchiale aiutare la famiglia ad essere scuola di catechesi ed aula liturgica dove possa essere spezzato il pane sul tavolo della mensa familiare.

  2. Raffaele Chiodin ha detto:

    Buongiorno, per il momento dobbiamo accettare questa situazione. Il punto secondo me è l’intenzione e l’intensità di vita personale. Si può benissimo partecipare ai sacramenti e lasciare in questo periodo difficile giudicare a Dio con che intensita interiore lo si fa. Ovvio che da una comunita viva nascono Messe coinvolgenti. Io invece trovo molto povero da parte della gerarchia l’aver negato la confessione: storicamente i confessionali hanno avuto grate, scuri, feritoie e non mi pare che la gerarchia abbia detto nulla. Tutto valido. Oggi invece è essenziale vedersi negli occhi e toccarsi con mano. Potevano benissimo ricordarsene in questa fase. Un non praticante direbbe: ipocriti. Oggi vince la necessità assoluta che il sacerdote sia lui a doverti consegnare l’ostia nelle mani e che non si possa prendere autonomamente sull’altare. Peccato che per adorare l’eucaristica invece è invece consentito collegarsi ai siti di adorazione perpetua. C’è qualcosa che non quadra.

  3. alberto hermanin ha detto:

    “Sono molto contento che ci siano situazioni molto diverse e più “comunitarie” di quella che ho percepito io. Per grazia di Dio la Chiesa è molto varia e dentro c’è davvero di tutto”.
    Appunto. Il che equivale a dire che il bicchiere non è, ossessivamente, regolarmente, mezzo vuoto, è anche mezzo pieno. E non è pieno solo quando si parla di Sua Santità Papa Francesco o vuoto solo quando si parla dei deprecabili – e sempre o quasi deprecati – vescovi o preti……

  4. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Marginalità dei laici?quella occasione che il coronavirus sembra aver offerto a quel clero che non ama altri collaboratori o laici ritenuti estranei all’altare? Da anni sono lettrice,anche apprezzata visto che più volte e in diversi luoghi questa lettura giunge “compresa”, anche in mancanza di voci intonate qualche canto l’ho sempre intonato(ingresso,Eucarestia,comunione,preghiera mariana) non sono cantante, né lirica, solo intonata e, devo dire che per questo altre voci si uniscono) questo preciso non certo per vanteria, quanto l’interesse e volto a rendere onore a quel Dio di cui tanto oggi il mondo pensa aver ammutolito. Alla prima messa dopo C.mi è stato detto che NON più tutto questo,malgrado mascherine,guanti,che ho tolto per ricevere la C.per rispetto. E’ successo così il sabato prefestivo, dopo l’avvento del coronavirus.,il parroco ha deciso così sentito il parere di altri timorosi parrocchiani.!?

  5. Silvia Dragoni ha detto:

    Prof. La leggo volentieri… tuttavia da me a volte accade il contrario, a volte troppo laicato a mio Avviso. In questo periodo abbiamo proposto adorazioni rosari e preghiere on Line e sempre grazie alla buona volontà dei laici che scrivono meditazioni, fanno canti recitano preghiere…. ogni tanto a me piacerebbe che anche il sacerdote facesse la sua parte. Domenica scorsa però è stato molto bello tornare a messa….. coro tutto sparso nell’assembkea ma con la direzione Che ha allietato questa prima messa. Letture affidate si fedeli e ci siamo scambiati un sorriso di pace…. per me è stato davvero emozionante tornare a messa😍

  6. Lorenzo Pisani ha detto:

    A me avevano fatto più impressione alcune messe domenicali trasmesse in periodo di quarantena, ad esempio le messe su RAI1. In chiesa, giustamente, pochissimi presenti. Tutto regolare, pure belle omelie, talune molto intense. Ma dico: non era meglio scegliere una cappellina, con una riorganizzazione degli spazi liturgici, e disporre i pochi presenti a distanza, ma intorno all’altare? La ripresa sarebbe venuta un pelo peggio, ma forse anche il celebrante sarebbe stato più felice di poter parlare guardando qualcuno, anziché la telecamera e i banchi vuoti. Lo stessa perplessità potrei manifestare per quello che a me è sembrato un eccesso di canti.
    Che nulla si potesse ridimensionare per queste celebrazioni senza concorso di popolo mi ha lasciato interdetto. E mi sembra che questo sia convergente con le osservazioni di Gilberto.

  7. Olivia Gai ha detto:

    Mi sembra una visione estremamente pessimista che spero non corrisponda alla maggioranza delle chiese italiane, ed escludo che possa corrispondere alla maggioranza delle chiese milanesi!.
    Anche da noi un laico ha regolarmente letto (uno e non tre, per non condividere il microfono…), spesso un ministro straordinario ha distribuito la Comunione assieme al sacerdote, un laico – come sempre- ha fatto da voce guida e voce per i canti, ove possibile affiancato/a da un organista o chitarrista.
    Certo, c’è un “servizio d’ordine”, che io preferisco chiamare “servizio accoglienza”, ci sono delle regole da rispettare, ma con il sorriso -che si vede anche sotto la mascherina 🙂 si può fare!
    Ottima l’idea di sostituire la stretta di mano con un sorriso, un inchino…; noi purtroppo l’abbiamo fatto solo durante la Messa all’aperto in oratorio, e non in chiesa…. 🙁

  8. Davide Bandini ha detto:

    Grazie Gilberto di questa bella testimonianza umana. Si è un po’troppo affievolita la tensione laicale del concilio e piuttosto che rivendicare i laici sono scappati. Concordo con te, occorre ripensare la liturgia che è comunque importante per la fede non un di più. Sembra che ciascuno si accomodi sulla croce come dice don Tonino Bello senza lottare. Ma penso manchi la riflessione stessa della comunità che è piatta.

  9. alberto hermanin ha detto:

    Mah…. si vede che io sono fortunato rispetto alle catastrofi mille volte riportate su Vino Nuovo. Prima messa domenicale post covid alla mia parrocchia: molti sorrisi e inchini, il coro non c’è, e non c’era nella normalità nemmeno prima del Covid: ma i fedeli – proprio come accadeva prima – sono invitati al canto da un cantore laico: e una parte consistente canta, nonostrante la mascherina. Laici si sono alternati nelle letture, sempre con la mascherina. L’eucaristia è stata distribuita, come già in precedenza, dal sacerdote e da ministri strordinari, laici. Il parroco ci ha invitati a contribuire alla preghiera dei fedeli. Quanto sopra è accaduto a Roma la scorsa domenica, e non su Marte. Nessuno aveva l’aria di non accorgersi che eravamo, siamo, comunità intorno alla Mensa del Signore. E dopo ci siamo dati da fare a sanificare come previsto dalle vigenti normative. Allora?

    • gilberto borghi ha detto:

      Sono molto contento che ci siano situazioni molto diverse e più “comunitarie” di quella che ho percepito io. Per grazia di Dio la Chiesa è molto varia e dentro c’è davvero di tutto.

    • Maria Michela Chiarandini ha detto:

      Ho avuto il grande dono di partecipare alla prima Messa festiva post Covid nella stessa modalità comunitaria che ricordavo, con canti condivisi dall’assemblea con l’organista, dall’Eucarestia distribuita anche dai ministri straordinari, da sguardi nell’assemblea “nuovi” e “curiosi” ma “complici”, dal rispetto e attenzione delle misure prescritte..
      Insomma, felice di aver ritrovato la preghiera comunitaria!

  10. Ornella Ferrando ha detto:

    Nella mia UP non si è vissuto in questo modo le Messe . In tutta sicurezza i laici hanno proclamato la Parola e le preghiere dei fedeli ; lo scambio della Pace è stato sostituito dallo “ sguardo di pace”, un momento molto bello in cui si notavano i sorrisi espressi dagli occhi e la “ complicità “ del momento ; il sacerdote al momento della Comunione non ha messo i guanti, si è disinfettato le mani e le parole “ Il corpo di Cristo. Amen” è stato detto comunitariamente così da non aprire la bocca nel momento in cui si riceveva l’ostia nelle mani , il sacerdote non è passato tra i banchi ma noi siamo usciti dai nostri banchi coordinati sempre dai volontari, mantenendo le distanze di sicurezza. Così pure come è stata gestita l’entrata e l’uscita dalla chiesa . Non sono state celebrazioni in cui le persone sono state ferme , anzi sono state celebrazioni in cui veramente si è “ assaporato” il sentirsi comunità .
    Non so , forse dipende dai sacerdoti?

  11. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Anche i preti sono uomini,per questo anche un parroco può rivelarsi per abitare la chiesa come sua proprietà,,dettare regole,avere un suo comportamento Non volendo mancare di rispetto all’altare si è indotti a domandarsi Se è un pastore di anime o non uno zelante pubblico funzionario, tanto da far sentire il fedele un estraneo, O il portare un fiore, a un altare che è preghiera rivolta alla santità,omaggio del cuore, anche costato presto è sparito. Per questa realtà E’lecito domandarsi se sia cosa normale!Non si vorrebbe mancare di riguardo alla Chiesa dove ci sono i veri pastori, mala rimostranza già aperta, non ha portato a nessun cambiamento. Che il Tempio sia luogo per riti e funzioni liturgiche, e il coronavirus lo ha designato conle funzioni teletrasmesse., ma Il Santo Padre con l’annuncio del Rosario che pregherà sabato 30 in comunione con tutti i Santuari della terra, ribadisce invece le parole proferite da Cristo, “la Sua Casa luogo di Preghiera”,

  12. GINO COVIZZI ha detto:

    (continua)
    – Letture fatte dal sacerdote stesso: è vero che è sconsigliato ammettere l’accesso in presbiterio di molte persone. Visto però che ci sono a disposizione i ‘volontari accreditati’ con fascia, mascherina e guanti e – si spera- con buona salute, si possono utilizzare almeno due tra questi, in modo da avere la presenza laicale.

    – E poi nulla impedisce che un fedele intonato possa condurre un canto, se poi è un ‘volontario’ può anche spostarsi vicino all’eventuale organista.

    Con simpatia,
    Gino

    • gilberto borghi ha detto:

      Crao Gino, d’accordissimo. Ecco se non vogliamo che tutto dipenda dal sacerdote , allora qualche spazio va “assunto” dai laici, che ne hanno diritto non se il sacerdote glielo cponcede, ma perchè battezzati!

  13. GINO COVIZZI ha detto:

    Caro Gilberto, (mi permetto questa espressione famigliare anche se non ci conosciamo, perchè ho stima di te).

    Mi permetterai di far qui alcune piccole osservazioni, suggerimenti da esperienze di questi primi giorni di S. Messe con il popolo:

    – Funerale: Per fare le condoglianze ad una persona cara, poche parole ma abbracci, contatto fisico; sono d’accordo…
    – A Messa: D’accordo che come Corpo di Cristo dovremmo essere come le tessere di un mosaico o pezzi di un grande puzzle ed invece siamo mummie indifferenti una dall’altra.
    Adesso con queste regole dell’emergenza sanitaria non ci si può dare il segno della pace, ma nulla ci impedisce di fare un piccolo gesto come ad es: un inchino ed un ‘sorriso con gli occhi’, che possono manifestare contemporaneamente il rispetto delle regole e la voglia di fratellanza, che quando sarà possibile concretizzeremo.

Rispondi a alberto hermanin Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)