Le domande della samaritana

Ci ricordiamo che uno stato personale di grazia e di pace dipende dalla fede/fiduciosa e dalla speranza in qualcuno che è morto per noi quando non eravamo né giusti né buoni, ma – per debolezza - empi e peccatori?».
14 Marzo 2020

In un tempo di crisi e frammentazione, difficile da analizzare e per ora impossibile da sintetizzare, la lectio personale delle scritture domenicali fa risuonare in noi più domande che risposte. Pensiamo perciò sia utile proporvi, con le parole del poeta Rilke, di sostare un attimo in compagnia di queste domande soltanto: «vorrei pregarla di avere pazienza verso tutto ciò che è irrisolto nel suo cuore, e di sforzarsi di provare amore per le domande in sé, come se fossero delle stanze chiuse a chiave, o dei libri scritti in una lingua straniera. Non si affanni, dunque, per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. Ciò che conta è vivere ogni cosa. Viva le Sue domande, adesso. Forse così, un giorno lontano – a poco a poco, senza accorgersene – vivrà già dentro la risposta» (Lettera a un giovane poeta, IV).

 

1^ LETTURA – In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,3-7).

SERGIO: «Ci ricordiamo che anche Dio, di fronte ai bisogni umani vitali, si è fatto carico della protesta violenta rivolta dal Suo popolo ai Suoi pastori e a Lui? Quando esercitiamo un ruolo di Potere abbiamo il coraggio, almeno per paura di morire per mano del popolo, di gridare a Dio affinché soddisfi i bisogni essenziali del Suo popolo?».

GILBERTO: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no? Dove e come, per ognuno di noi, si apre la dura roccia del dramma e appaga la nostra sete di salvezza?».

 

SALMOVenite, cantiamo al Signore, / acclamiamo la roccia della nostra salvezza. / Accostiamoci a lui per rendergli grazie, / a lui acclamiamo con canti di gioia. / Entrate: prostràti, adoriamo, / in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. / È lui il nostro Dio / e noi il popolo del suo pascolo, / il gregge che egli conduce. / Se ascoltaste oggi la sua voce! / «Non indurite il cuore come a Merìba, / come nel giorno di Massa nel deserto, / dove mi tentarono i vostri padri: / mi misero alla prova / pur avendo visto le mie opere» (94).

GILBERTO: «Oggi siamo noi a mettere alla prova Dio? O è forse Lui che mette alla prova noi? O nessuno prova nessuno, ma la realtà segue le logiche della libertà umana e di quella divina?».

SERGIO: «Quando oggi non riusciamo ad ascoltare e a ringraziare Dio, acclamandolo con canti di gioia, è perché non ricordiamo più le Sue opere per il Suo popolo?».

 

2^ LETTURAFratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5,1-2.5-8).

SERGIO e GILBERTO: «Ci ricordiamo che, secondo Paolo, uno stato personale di grazia e di pace dipende strettamente dalla fede/fiducia e dalla speranza in qualcuno che è morto per noi quando non eravamo né giusti né buoni, ma – per debolezza – empi e peccatori?».

 

VANGELOIn quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,5-42).

GILBERTO: «Quando un avvenimento imprevisto ci ribalta l’ordinarietà possiamo ancora pensare che siano i riti religiosi a salvarci? Cosa significa nutrirsi della volontà di Dio in mezzo ad una epidemia?».

SERGIO: «Crediamo veramente che il superamento delle divisioni interne (tra uomini e donne, ortodossi ed eretici, etc.) ad una comunità (religiosa) possano avvenire solo accedendo ad un livello più alto, profondo, ‘spirituale’ della verità? Ci ricordiamo, come discepoli di Cristo, che a volte è ‘l’eretico’, prima ancora di noi, a soddisfare un bisogno fondamentale di Gesù? E che spesso raccogliamo ciò che altri (magari ‘eretici’ ‘donne immorali’) hanno seminato? Lo stesso Gesù, d’altronde, non accetta di apparire ‘bisognoso’ proprio per risvegliare il ‘desiderio profondo’ in chi consideriamo l’‘eretico’? ».

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