Le domande dei «ciechi»

Possiamo sperare di avere anche noi lo sguardo di Dio sulle persone e le cose o dobbiamo accettare che Dio veda il bello anche là dove noi mai potremo vederlo?
21 Marzo 2020

In un tempo di crisi e frammentazione, difficile da analizzare e per ora impossibile da sintetizzare, la lectio personale delle scritture domenicali fa risuonare in noi più domande che risposte. Pensiamo perciò sia utile proporvi, con le parole del poeta Rilke, di sostare un attimo in compagnia di queste domande soltanto: «vorrei pregarla di avere pazienza verso tutto ciò che è irrisolto nel suo cuore, e di sforzarsi di provare amore per le domande in sé, come se fossero delle stanze chiuse a chiave, o dei libri scritti in una lingua straniera. Non si affanni, dunque, per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. Ciò che conta è vivere ogni cosa. Viva le Sue domande, adesso. Forse così, un giorno lontano – a poco a poco, senza accorgersene – vivrà già dentro la risposta» (Lettera a un giovane poeta, IV).

 

1^ LETTURA – In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Alzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi (1Sam 16, 1.4.6-7.10-13).

SERGIO: «Siamo veramente convinti che il criterio di discernimento di Dio, in materia di Potere, sia il migliore: non guardare alla prima – più evidente – apparenza, ma all’essenza ultima – più piccola – dell’altro? Quando abbiamo ricevuto un ruolo di Potere da Dio rispettiamo e sappiamo mettere in pratica queste sue indicazioni o, invece, stiamo facendo esattamente il contrario senza rendercene conto?».

GILBERTO: «Possiamo mirare ad avere anche noi lo stesso sguardo di Dio sulle persone e le cose o dobbiamo accettare che Dio veda il bello anche là dove noi mai potremo vederlo?».  

 

SALMOIl Signore è il mio pastore: / non manco di nulla. / Su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce. / Rinfranca l’anima mia. / Mi guida per il giusto cammino / a motivo del suo nome. / Anche se vado per una valle oscura, / non temo alcun male, perché tu sei con me. / Il tuo bastone e il tuo vincastro / mi danno sicurezza. / Davanti a me tu prepari una mensa / sotto gli occhi dei miei nemici. / Ungi di olio il mio capo; / il mio calice trabocca. / Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni (22).

GILBERTO: «Oggi sembra che la valle oscura sia diventata la terra intera. Come vedere che Dio è ancora con noi?».

SERGIO: «Possiamo veramente dire nella nostra vita – nel nostro cammino da credenti – che, grazie alla guida buona e alla compagnia fedele di Dio, non manchiamo di nulla e siamo per questo tranquilli, riposati, sicuri, protetti, qualsiasi oscurità dobbiamo attraversare?». 

 

2^ LETTURAFratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 8-14).

SERGIO: «Ci ricordiamo, come cristiani, come ‘risorti’, che dobbiamo essere anche persone (dalle azioni) luminose, in quanto non basta ‘condannare apertamente’ le opere delle tenebre?».

GILBERTO: «Quando pensiamo di vedere la verità delle cose, ci ricordiamo che se ciò è vero, l’effetto delle nostre parole dovrebbe produrre luce per tutti, con la nostra bontà, giustizia e verità?».

 

VANGELOIn quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te».  Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui (Gv 9,1.6-9. 13-17.34-38).

GILBERTO: «Il rispetto della legge religiosa è la strada maestra per incrociare lo Spirito del Signore?».

SERGIO: «Crediamo veramente che proprio le nostre caratteristiche più ‘terra-terra’ siano quelle che possano trasfigurarsi, ‘ri-crearci’ e ‘ri-creare’ gli altri? Quando finalmente decidiamo di porre una domanda al nostro prossimo, siamo disposti ad apprendere senza paura che i veri ‘ciechi’ siamo noi (oppure – cosa più rara – che non siamo così ‘ciechi’ come crediamo)? Siamo disposti a riconoscere che spesso abbiamo solo sete di sapere e non di pensare? Quando esercitiamo un ruolo di Potere all’interno della Chiesa, ci ricordiamo che nei vangeli la professione di fede nella messianicità di Gesù è, non a caso, un processo graduale dall’umano al divino?».

 

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