Stazione I – Gesù è caricato della croce
ACCETTAZIONE
Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato». Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. E disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate».
Mc 14,32-36
L’annuncio del primo decesso poco meno di una settimana fa. L’ingresso minaccioso del coronavirus nel nostro Paese ci ha reso in pochi giorni vulnerabili, consapevoli dei rischi moltiplicatisi nel grande villaggio globale anche per un piccolo invisibile virus.
Migliaia di vite stravolte, cinquecento casi di contagio, una decina le vittime, tutte fra chi già era debole. È l’esperienza rinnovata della fragilità, in questo caso annunciata e amplificata dai media. Un richiamo di massa che porta ognuno a sentirsi debole, esposto a imprevedibili contatti, caricato di ansia per una subdola malattia contro cui non c’è ancora vaccino che tenga.
Vederti fragile nel Getsemani, Tu che sei l’Onnipotente!
Scoprirmi fragile, quando ho paura di ciò che non controllo,
della malattia e della morte, soprattutto.
Donami di saper accettare questa fragilità come hai fatto Tu,
di affidarmi alla tua volontà di bene per la mia vita.
Rendimi così più umano, capace di un’accoglienza piena
del fratello e delle sue esigenze.
Stazione II – Gesù cade la prima volta
FEDELTÀ
Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Eb 2,17-18
Edifici e terreni un tempo appartenuti a mafia, camorra e ‘ndrangheta rappresentano il simbolo di una caduta civile e culturale. Dalla quale però ci si può risollevare quando quei beni sequestrati vengono definitivamente riconvertiti a fini sociali.
Com’è avvenuto un anno fa a Ostia dove un immobile sequestrato ai clan ha riaperto i battenti: è “La palestra della legalità” gestita dall’Ipab Asilo Savoia in collaborazione con Tribunale, Regione, X Municipio e Caritas. “Qui si allena la legalità, abbiamo ridato un bene alla comunità e creato posti di lavoro”, dicono i promotori ad Antonio Maria Mira che su Avvenire presenta i numeri di questo “riscatto collettivo e identitario”: già 1496 abbonati alla palestra (il 25% a titolo gratuito), 321 minori iscritti, di cui 145 gratuitamente.
Tu sei fedele alle promesse, Signore,
fino a soffrire le nostre sofferenze, fino a cadere sotto la croce.
Ci insegni a rialzarci, nella fedeltà e nella tenacia.
Donaci la fiducia, perché speriamo in Te.
Stazione III – Gesù è aiutato dal Cireneo
BONTÀ
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lc 23,26
Era un medico ventiseienne quando arrivò per la prima volta in Africa in servizio civile nel 1975. Da allora Carlo Spagnolli ha condiviso per 40 anni la croce degli ammalati negli ospedali e negli orfanotrofi di Eritrea, Etiopia, Camerun e infine Zimbabwe. Dove ha fondato un villaggio per i bambini orfani malati di AIDS, ha promosso la diffusione del farmaco nevipirina ed ha salvato migliaia di mamme.
Il suo cuore, anche se minato da un infarto nel 2012, lo aveva riportato in Africa fino al 2018. Quel cuore si è fermato per sempre pochi giorni fa fra le sue montagne trentine. “Un collega che è stato un vero amico del nostro continente”, ha scritto dal Congo il suo amico premio Nobel per la pace Denis Mukwege.
Anche tu Gesù hai avuto bisogno
che un fratello ti aiutasse a camminare nella sofferenza,
a percorrere fino in fondo la tua strada.
Insegnaci a chiedere aiuto, a fidarci del prossimo,
ad affidarti le nostre fatiche, dalle più piccole alle più grandi.
Rendici a nostra volta capaci di accompagnare i fratelli.
Stazione IV – La Veronica asciuga il volto di Gesù
RISPETTO
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Mt 15,8
Si sono guardati da vicino a Bari i responsabili religiosi affacciati da una parte all’altra del Mediterraneo, “frontiera di pace” come diceva il titolo del summit voluto dalla CEI.
Dentro i loro occhi hanno visto i volti di chi affronta le onde per fuggire da guerre e guerriglie vecchie e nuove. I volti di chi in nome della propria fede si ritrova perseguitato o discriminato, di chi “paga” le ferite ecologiche all’ambiente. Ma anche i volti segnati dalla speranza, capaci di creare convivenze fra religioni, promotori di dialogo sull’esempio di La Pira, risolutori di conflitti come i nuovi “leader di pace” che si formeranno a Rondine, l’opera che rappresenta il primo passo di questo Mediterraneo futuro.
Il tuo volto, Signore io cerco, dove troverò il tuo volto per darti onore?
Nel volto del fratello, mi rispondi, mi indichi la strada dell’incontro,
mi chiedi di aprire la mente e scoprire insieme agli altri nuove vie di pace.
Aiutaci Signore a costruire la pace!
Stazione V – Gesù incontra le donne di Gerusalemme
RICONOSCENZA
Ma Gesù, voltatosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli.»
Lc 23,28-31
A poco più di un anno dalla morte del giovane reporter Antonio Megalizzi, vittima dell’attentato ai mercatini di Natale di Strasburgo, viene dalle donne a lui più vicine il segno che forse meglio si avvicina ai suoi sogni.
La fidanzata Luana, la sorella Federica e mamma Annamaria hanno presentato pochi giorni fa a Trento la Fondazione Megalizzi – di cui sono ora le responsabili – allo scopo di promuovere con borse di studio e progetti concreti i giovani che s’impegnano per un’Europa unita e fraterna. Hanno spiegato di considerare quest’iniziativa come “un segno di riconoscenza verso Antonio, perché lo sentiamo ancora presente fra noi”.
Grazie Signore per le donne, che anche nel dolore
sanno riconoscere e celebrare
quanto nella vita è fecondo di bene,
quanto rigenera la società e le dona orizzonti più grandi.
Insegna a ciascuno la riconoscenza del cuore,
da cui può nascere nuova forza per proseguire nell’impegno.
Stazione VI – Gesù è inchiodato alla croce
CORAGGIO
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Is 50,6-7
Il 40° anniversario dell’uccisione del giurista Vittorio Bachelet non solo ha richiamato la testimonianza cristiana del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, già alla guida di Azione Cattolica dal 1964 al 1973. Ha anche riportato alla cronaca la scelta della famiglia, che già nelle ore del funerale seppe perdonare gli assassini.
“Anche altre famiglie in quegli anni – ha osservato il figlio Giovanni in questi giorni – nelle stesse condizioni dissero cose simili a quanto affermato dalla mia famiglia. In Italia c’era e c’è ancora un humus cristiano e noi abbiamo detto solo quello che ci hanno insegnato: la buona notizia dell’amore di Dio per noi, che spinge anche noi a perdonare agli altri così come noi speriamo di essere perdonati da Lui”.
Un amore più grande del nostro è il tuo amore per noi, Signore.
Noi non ne siamo capaci, la paura ci può sovrastare.
Solo deponendo il dolore in Te possiamo camminare avanti,
trovare il coraggio di ricambiare l’odio con l’amore.
Stazione VII – Gesù muore in croce
PROSSIMITÀ
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio». Detto questo, spirò. Il centurione, veduto ciò che era accaduto, glorificava Dio dicendo: «Veramente, quest’uomo era giusto». E tutta la folla che assisteva a questo spettacolo, vedute le cose che erano accadute, se ne tornava battendosi il petto. Ma tutti i suoi conoscenti e le donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea stavano a guardare queste cose da lontano.
Lc 23,44-49
In Siria si continua a morire e a colpire a morte, dopo nove anni di guerra. In particolare nella regione nordoccidentale di Idlib, a lungo ignorata dai media, terreno di scontro fra i ribelli sostenuti dalla Turchia e l’aviazione di Damasco alleata con quella russa.
Le bombe prendono di mira anche le scuole (ben 22 dall’inizio dell’anno), spesso rifugio per gli sfollati. Le agenzie parlano di almeno 25 morti negli ultimi attacchi, fra i quali bambini e insegnanti. 80 i feriti. Le organizzazioni internazionali denunciano che “colpire scuole e asili usati per scopi civili è un crimine di guerra”.
Esplode l’emergenza umanitaria, più volte segnalata dal Papa: centinaia di migliaia di profughi sono bloccati al confine con la Turchia, ammassati in tendopoli fatiscenti o costretti a dormire all’addiaccio, senza viveri e acqua potabile.
Chi guarda e chi commenta da lontano.
Chi scappa e chi muore.
Siamo fratelli, Signore.
Vicini o lontani ci hai posti come custodi gli uni degli altri.
Reciprocamente.
Come non urlare davanti all’ingiustizia?
Perché non toglierti da quella croce,
perché non togliere dalla loro croce tanti fratelli?
Facci sentire il dolore del mondo.
Siamo fratelli, Signore.
(ha collaborato Chiara Bonvicini)