Santissima Trinità: Gv 3,16-18
GLI OSPITI DI ABRAMO (Julia Stankova, 2012, Bulgaria)
Se quest’immagine ha una bellezza, è nella sua verità: infatti, con il finale di una storia di vita vissuta, comunica il cuore della Trinità più di tante Trinità in posa, o troppo costruite, che non si capisce che cosa stiano facendo.
L’antefatto è nella Genesi, al cap. 18, col racconto dei tre angeli che – nell’ora più calda del giorno – si presentano alle querce di Mamre, all’ingresso della tenda di Abramo e Sara, ricevendo conforto e cibo.
L’originalità dell’opera è nel lasciare i protagonisti (i tre angeli e la loro comunione) nel titolo, ricordandoli appena sullo sfondo. E nel mettere in primo piano un’altra comunione: quella dei due coniugi che, avendo accolto Dio, diventeranno anch’essi – col figlio Isacco – tre persone (lo suggerisce pure la trifora, un po’ inverosimile per una tenda, posta come diaframma tra uomini e angeli).
Ciò che l’artista fa vedere, dunque, non è una Trinità isolata, ma ciò a cui essa ha dato vita dopo essersi messa in relazione. Il passaggio delle tre figure divine, infatti, ha benedetto le due figure umane, spingendo il loro amore a essere generativo, anche a dispetto della tarda età. È stata la voglia dell’incontro – da entrambe le parti e superando le remore – a fare il miracolo di un nuovo essere. Che sicuramente terremoterà degli equilibri ma aprirà a vita nuova, mai vista né pensata prima.
«Appena lo circoscrivi, Dio evade», ha scritto padre Ermes Ronchi. A dire che, quando facciamo il ritratto alla Trinità, sia definendola a parole sia inscatolandola in una forma, non viene mai bene. La pittrice ha risolto il problema spostandosi dal simbolo al racconto e rinunciando a dare un volto alle tre persone divine: in compenso ci lascia immaginare i volti sorridenti di quelli che nella storia non hanno riso per irridere (Isacco e i tre angeli).