La messa in acqua

Questo episodio diventa importante per riflettere sul senso e il valore delle celebrazioni ecclesiali.
28 Luglio 2022

Don Mattia Bernasconi ha accompagnato i ragazzi della sua parrocchia (San Luigi Gonzaga di Milano) a Crotone per partecipare a un campo della legalità di Libera. Nell’ultimo giorno di permanenza, il gruppo ha deciso di stare in spiaggia. Essendo domenica si doveva anche celebrare messa: “Avevamo scelto la pineta di un campeggio – spiega don Mattia – ma era occupata. Faceva molto caldo e così ci siamo detti: perché non fare messa in acqua? Una famiglia ci ha sentito parlare ed ha messo a disposizione il loro materassino che abbiamo trasformato in altare”. Nell’era social è bastata appena una mezz’ora perché il video del fatto diventasse virale e, ovviamente partissero le reazioni, in primis quella della Diocesi di Crotone, dove è avvenuto il fatto, che ha fatto sentire subito la sua voce.

Dico subito che non condivido la scelta di Don Mattia, ma non condivido nemmeno le motivazione, più o meno esplicite, addotte dalla diocesi di Crotone. Perciò questo episodio diventa importante per riflettere sul senso e il valore delle celebrazioni ecclesiali.

La diocesi di Crotone afferma che “la celebrazione eucaristica e, in generale, la celebrazione dei sacramenti, possiede un suo linguaggio particolare, fatto di gesti e simboli che, da parte dei cristiani e particolarmente dei ministri ordinati, è giusto rispettare e valorizzare, senza rinunciarvi con troppa superficialità. In alcuni casi particolari, in occasione di ritiri, campi scuola, nei luoghi di vacanza è anche possibile celebrare la Messa fuori dalla chiesa. Bisogna sempre, però, prendere contatti con i responsabili ecclesiali del luogo dove ci si trova, per consigliarsi sul modo più opportuno di realizzare una celebrazione eucaristica di questo genere. Soprattutto è necessario mantenere quel minimo di decoro e di attenzione ai simboli richiesti dalla natura stesse delle celebrazioni liturgiche”.

Una netta presa di distanza, in cui si evidenzia che se l’autorizzazione fosse stata chiesta alla diocesi, sarebbe di certo stata negata, perché non si ravvisa in questo gesto liturgico quel “minimo di decoro e di attenzione ai simboli” richiesti dalla messa. Ho cercato con una discreta precisione sul catechismo della chiesa cattolica, sul codice di diritto canonico, e sulla recente esortazione di papa Francesco “Desiderio desideravi”, se compaia la richiesta di decoro, ma non ho trovato nulla in questa direzione.

Anche perché decoro è un concetto assolutamente culturale (né ecclesiale, né teologico) e perciò soggetto a interpretazioni molto personali. A me, per esempio, non pare decoroso che in una processione la statua della Vergine possa inchinarsi alla casa del boss di turno; o nemmeno che durante la messa vengano malamente cacciati fuori dalla Chiesa questuanti di vario genere; o nemmeno mi pare decoroso che il sacerdote decida tutto sulla celebrazione, senza che la comunità possa mettere becco. Ma sono percezioni mie e le riconosco come tali, e non chiederò certo ad altri di adeguarsi ad esse.

Si trova invece molto (in questi tre riferimenti del magistero) sull’attenzione ai simboli. Ma ho la netta sensazione che la diocesi di Crotone qui pensi ai simboli solo come a gesti, parole e oggetti che la tradizione ci ha consegnato come frutto di elaborazione della vita delle comunità che ci hanno preceduto. Cioè, prodotti culturali, nati in contesti storici diversi, che una volta entrati nella liturgia vengono investiti di “eternità” e perciò divengono inamovibili.

In realtà, il CCC parla di simboli in modo diverso. “L’universo materiale si presenta all’intelligenza dell’uomo perché vi legga le tracce del suo Creatore. La luce e la notte, il vento e il fuoco, l’acqua e la terra, l’albero e i frutti parlano di Dio, simboleggiano ad un tempo la sua grandezza e la sua vicinanza. (…) In quanto creature, queste realtà sensibili possono diventare il luogo in cui si manifesta l’azione di Dio che santifica gli uomini, e l’azione degli uomini che rendono a Dio il loro culto. (…) La liturgia della Chiesa presuppone, integra e santifica elementi della creazione e della cultura umana conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo” (1147-1149). In altre parole è molto più il dato naturale e non quello culturale a generare i simboli liturgici e a rendere “incarnata” la liturgia, come forma per vivere qui e ora, come Chiesa, la pasqua di Cristo.

L’esortazione di Francesco non è da meno: “La Liturgia è fatta di cose che sono esattamente l’opposto di astrazioni spirituali: pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce. Tutta la creazione è manifestazione dell’amore di Dio: da quando lo stesso amore si è manifestato in pienezza nella croce di Gesù tutta la creazione ne è attratta. È tutto il creato che viene assunto per essere messo a servizio dell’incontro con il Verbo incarnato, crocifisso, morto, risorto, asceso al Padre” (n. 48). Un richiamo forte a ritrovare il legame della liturgia con la spontaneità della natura, più che con le forme culturali che hanno dato forma a questi simboli nelle epoche passate.

Allora il punto della questione sta qui: possiamo continuare a perpetrare una liturgia bloccata dentro a formalismi anacronistici, in cui il vissuto effettivo delle comunità di oggi non si rispecchia più da tempo?

Anche perché sia la diocesi di Crotone che Francesco richiamano il senso dello “stupore” come arma per permettere di vivere effettivamente la messa. Ma la sensazione è che anche su questo ci sia una divaricazione notevole di interpretazione. Per la diocesi stupore assomiglia molto a ciò che Francesco indica come “la fumosa espressione “senso del mistero” (…) una sorta di smarrimento di fronte ad una realtà oscura o ad un rito enigmatico”. Perché nella logica della diocesi esso è producibile solo se ci sono determinate, oggettive e precise forme simboliche, mentre nella logica di Francesco esso è frutto di uno stile celebrativo. “Se lo stupore è vero non vi è alcun rischio che non si percepisca, pur nella vicinanza che l’incarnazione ha voluto, l’alterità della presenza di Dio” perché è “la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù”.

Siamo capaci di questo stupore? In acqua, in un bosco, in una chiesa, su un tetto, in nave, ovunque si possa celebrare il vero punto è quello che Francesco rimette alla centralità di tutti: “Qui si pone la questione decisiva della formazione liturgica. Dice Guardini: «Così è delineato anche il primo compito pratico: sostenuti da questa trasformazione interiore del nostro tempo, dobbiamo nuovamente imparare a porci di fronte al rapporto religioso come uomini in senso pieno” (n. 34).

 

11 risposte a “La messa in acqua”

  1. guido rapalo ha detto:

    A proposito della querelle sull’ Eucarestia celebrata su un materassino, farei due considerazioni:

    in duemila anni la cosiddetta “chiesa” ha “sputato” e”deriso” Gesù milioni di volte, spesso in nome di norme e forme che proprio Gesù aveva condannato proprio perché non servivano a nulla se non a imbiancare sepolcri …

    “…Gesù ha reso presente Dio nella storia umana con la sua attività e la sua esistenza. Per questo è stato chiamato sacramento di Dio, segno cioè della sua presenza nel mondo. Fare memoria di Cristo significa evocare questa sua missione salvifica e impegnarsi a essere epifanie viventi, ambiti della sua azione nel mondo. Così se chi partecipa all’Eucarestia e non mette in moto la fede, c’è l’azione di Dio, ma il rapporto di presenza non si stabilisce….”

    https://www.lucalanari.info/presenza-eucaristica-di-gesu-nellostia/

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dal momento che questo rito ha avuto il tempo di essere pensato, preparato, e stata quindi una deliberata scelta. Ma per un Dio che tanto non si vede, tutto resta tra umani, basta il pensieri? Non ci si sarebbe sognati presentarsi a una cerimonia pubblica con la presenza di una autorità civile a onorare il ricordo di qualcuno se non anche in dignitoso abbigliamento, per rispetto non di norme rituali, ma della Persona cui ci si fa avanti in presenza. D’accordo, oggi c’è molto di più di cui scandalizzarci, si è pieni di spirito, si vive di gesti essenziali , ma qui francamente sembra si sia scelto di stare così, non si pretenda di apparire se non per quello che dalla Photo appare, in costume acquatico per un proprio piacere!

  3. Alessandro Manfridi ha detto:

    Grazie, bell’articolo.
    Se il sacerdote avesse celebrato rivestito dei paramenti, pur a mollo, piuttosto che in costume da bagno, ci sarebbe stato uguale scandalo?
    Non è che “lo scandalo” è dovuto aver celebrato in costume da bagno?
    Quando si celebra in montagna o in campagna, gli altari sono spesso improvvisati, non “consacrati”.
    C’è un film che racconta Giovanni Paolo II, “Karol. Un uomo divenuto Papa” e lo mostra celebrare sulle chiglia dei kayak coi suoi studenti, non so se sia autobiografico.

  4. Paola Meneghello ha detto:

    Regole, decoro, tradizione. .e poi quale sarebbe la sciatteria? Essere dentro l’acqua, in costume, e non fuori?
    E se il problema fosse ancora una volta il corpo?. troppo libero in un costume succinto? E che dire del materassino.. associato a strumento di benessere corporale, forse?
    Non sono amante dell’anticonformismo a tutti i costi, però sono attratta dall’autenticità e dalla semplicità: ecco, nel cercare a tutti i costi i cavilli, ci vedo un modo per rendere complesso ciò che magari non lo è..È ingenuità, voler vedere solo il Bene? O assenza di mal-izia? Certo, la verità sta nel mezzo, o nel centro, nel nocciolo della questione. .
    E allora, andiamo, appunto, al nocciolo delle cose: il don, ha celebrato Messa, ha reso Memoria a Cristo? Ha coinvolto le persone? E allora ha fatto il suo dovere, anche se fuori dalle regole..la regola, dovrebbe servire a semplificare, a facilitare, e non il contrario. ..la Legge è per l’uomo,no?..

  5. Paola Meneghello ha detto:

    Mi evoca l’immagine di Gesù sul Lago di Tiberiade. .e anche allora, il potere religioso, guardava con sospetto..
    Il senso del mistero, non è qualcosa di astratto, secondo me, ma è una esperienza che smuove la nostra Coscienza profonda, dove abita il Seme di Dio in noi, che ci rende pienamente “umani” ,per agire davvero come il Sale nel mondo, come le mani di Dio. .. non credo ci sia un luogo, o una situazione, privilegiata, se lo Spirito soffia dove vuole..infatti concordo col signor Gian Piero, la Libertà è Libertà, e il non giudizio vale sempre..la questione non verte né sul merletto, sull’altare o sul materassino, che sono tutti strumenti. .riguarda il cuore, e quanto questo riesca ad essere scosso e ri-svegliato. .

  6. Dario Busolini ha detto:

    Mi verrebbe da chiedere l’avvio di un dibattito sul perché al campo scuola in montagna sì e al mare no… ma comprendo che il fatto di essere tutti in costume da bagno e in mezzo alle onde presenti qualche problema oltre al rischio che ostie e messali possano finire a mollo. Anche se penso che il problema non sia tanto la celebrazione in sé (partendo dal presupposto che celebrante e partecipanti abbiano agito con le migliori intenzioni) quanto il fatto che le immagini del rito siano state immediatamente divulgate sui social, con le (prevedibili) conseguenze del caso. Allora mi permetto di dire: sì, quando si celebra la messa, di qualsiasi tipo essa sia, è giusto che il posto sia adatto, che i partecipanti siano consapevoli e vestiti con un minimo di decoro, che si chieda il permesso se si è fuori sede etc. etc. però soprattutto ricordiamoci di spegnere i cellulari, tanto Dio vede nel segreto del cuore e non ha bisogno che gli mandiamo il video.

  7. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Era domenica, faceva molto caldo, avevamo scelto la pineta ma….così perché non stare nell’acqua, comodi, al fresco?? Ma perché Dio ha insegnato fin dagli inizi, come i suoi sacerdoti dovevano convenientemente presentarsi al suo altare? Mose fece accostare Aronne e i suoi figli e li lavo con acqua.Rivesti Aronne etc, Gesu Cristo era vestito di una tunica senza cuciture. qui tutti seminudi. Come non fare il sacrificio di presentarsi convenientemente all’altare del Sacrificato! chiedendo ospitalità in una delle tante chiese locali! Rispetto si, ma non in ossequio alla tradizione,! Solo educazione. Esempio dissimile quello del Santo Padre tra i “nativi” in Canada…..Lui, sofferente, ha celebrato la Messa vestendo gli abiti a onorare la Divinità, anche con i trad.li ornamenti della comunità visitata,; Un altare secondo i comandi antichi è stato così eretto oggi,da Pietro che con quella comunità orante, ha incensato il cui Profumo certo sarà stato gradito a Dio

  8. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Dunque siamo arrivati al punto che la Santa Messa Tradizionale non e’ permessa ,nonostante tanti fedeli la chiedano e la amino, perche’ ai vertici ecclesiastici fanno ribrezzo pizzi e merletti, altari medioevalj e canto gregoriano e la Messa col materassino e costume da bagno si’ ? ?
    Se liberta’ di espressione liturgica deve essere perche’ solo per i fedeli tradizionalisti non vi deve essere liberta’
    ? Come non cogliere la contraddizione e il paradosso di norme severissime da un lato e ultraliberali dall’ altro? Quello che allontana tanti fedeli non e’ altro che questo : la mancanza di coerenza e l’ arbitrio .

  9. Sandro Sanna ha detto:

    «23 Intendiamoci: ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, …) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce. …» (Francesco, Desiderio desideravi)

    «SEMPLICITÀ E DECORO DEI RITI
    34 I riti splendano per nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni» (Sacrosanctum Concilium)

    Il “rubricismo”, a mio parere, è un freno alla vitalità delle comunità ecclesiali. Le “innovazioni” come di don Mattia Bernasconi possono (devono?) essere fatte cum grano salis e facendo molta attenzione alla loro divulgazione.

  10. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Letto.
    Osservo che poi non espliciti i motivi per cui:
    “Dico subito che non condivido la scelta di Don Mattia”
    E vabbè…
    Ma la mia terribile testa ha operato, leggendo, come se sfogliassi una rosa e andassi togliendo tutti i petali che man mano elenchi e che io ritengo, colpa mia, inessenziali al Sacramento: se ne può fare a meno…
    Arrivato al nocciolo inalienabile mi sono trovato davanti a qualcosa di veramente essenziale di cui non si parla, Vescovo incluso, e credo stesse a vuore a don Mattia:
    La Koine.
    Noi e Lui.

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