XXII domenica del tempo ordinario: Mc 7,1-8.14-15.21-23
«LA MANO DI CHI MI TRADISCE È CON ME, SULLA TAVOLA» (Pietro Vannucci detto il Perugino, 1493-96 ca., partic. dell’Ultima cena, Firenze, Cenacolo di Fuligno)
Si torna a leggere l’evangelista Marco e a discutere di cibo. Scoprendo che ciò che può unire gli uomini li divide: per i gusti, così diversi da persona a persona, per i modi di preparare i pasti e i modi di consumarli. Anche oggi le scelte nutrizionali e le intolleranze alimentari tengono gli uomini distanti… al punto da rendere quasi impossibile un’esperienza di vita in comune (da un camposcuola a una cena con amici in casa propria), dove tutti mangiano le stesse cose.
Se la tentazione è di dare la colpa al cibo, Gesù allontana l’idea che nascano da lì i problemi della comunione e punta il dito sul cuore dell’uomo, capace di generare i cattivi sguardi e i cattivi pensieri, da cui i cattivi propositi e le cattive azioni. E invita a considerare ciò che esce dall’uomo, più di ciò che vi entra.
La scelta di un’opera d’arte con Giuda è rischiosa, perché nessuno si identifica con lui: di fronte a un simbolo del male assoluto, per aver consegnato Gesù a chi lo metterà a morte, persino un Hitler si sentirebbe più buono. Ci fa però ricordare che il suo tradimento consegue a un crollo della stima verso Gesù, confermato dai 30 denari accettati per consegnarlo. All’inizio di tutto, dunque, c’è una svendita: Giuda, che pochi giorni prima aveva biasimato Maria di Betania per l’acquisto di un profumo da 300 denari da versare su Gesù, accetta di sbarazzarsi dell’amico per una cifra dieci volte inferiore.
E poiché, all’origine del gesto di Giuda, v’è una bassa idea del fratello, un deprezzare prima ancora di un disprezzare, l’arte fa cadere in basso anche lui. Qui, ad esempio, lo priva dell’aureola (che altri pittori, invece, anneriscono: vedi l’Ultima cena nel refettorio dell’abbazia di Pomposa). Poi lo pone dall’altra parte del tavolo, isolato, a dire il suo individualismo, mostrandolo mentre finge la comunione, con una mano tesa verso lo stesso cibo assunto da Gesù e dagli apostoli e l’altra impegnata a tenere il borsellino dei denari.
E se Giuda rivolge agli spettatori uno sguardo smarrito, come in preda a un ripensamento o alla voglia di chiedere perdono, il suo cuore lo sta conducendo a liquidare Gesù.
Le intolleranze alimentari fanno sorridere rispetto alle intolleranze sociali: vero e proprio campo minato, che impedisce di fare comunione. Dove si assiste, appunto, alla prevalenza del deprezzare rispetto all’apprezzare, della critica rispetto all’elogio, della diceria rispetto alla verità.