V domenica di Quaresima: Gv 11,1-45
LA RISURREZIONE DI LAZZARO (seconda metà del XII secolo, Egitto, regione del Sinai, Monastero di S. Caterina)
Tra il XII e il XV secolo sono numerosi gli artisti che, rappresentando questo miracolo, indugiano sul particolare dei nasi turati o coperti, per non sentire la puzza del corpo di Lazzaro, sepolto da quattro giorni.
Non lo fanno, pittori e scultori, solo per dare più realismo al fatto narrato, ma per collegarlo a un altro fatto, posteriore di qualche giorno, quando – durante una cena – Maria, la sorella di Lazzaro, profuma i piedi di Gesù con trecento grammi di nardo preziosissimo e li asciuga coi propri capelli. Un nesso importante: tant’è che, in quest’icona egiziana, la postura di Maria (a contatto dei piedi di Gesù) prefigura quella della cena successiva e qualche artista – già da ora – le pone accanto l’ampolla di nardo. D’altronde è stato lo stesso Vangelo di Giovanni, ben prima di raccontare la cena a Betania, a presentare Maria come «quella che cosparse di profumo il Signore…».
Qual è il risultato della sintesi operata da tali artisti? Di farci associare la morte a una puzza terribile e la risurrezione a un profumo soave: a qualcosa che, quando c’è, fa stare infinitamente meglio. Che, come Gesù, ci alza da terra e ci apre al meraviglioso.
Il gesto di Maria, peraltro escluso dal Vangelo odierno, ha ricevuto un elogio senza pari: «Dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto». Perché è, a un tempo, un gesto di liberazione (dalla puzza di morte che resta nelle narici), di elevazione e di ringraziamento (per il fratello rimesso al mondo).
Un gesto che facciamo nostro in ogni celebrazione del Signore. In modo metaforico e anche reale. Sia quando spandiamo profumo, di fiori e d’incenso, senza taccagneria, essendo impagabile colui che viene festeggiato (e pazienza se qualcuno ci fa i conti in tasca, dicendoci che «si poteva…» fare altro: si poteva anche non svendere Gesù per trenta denari). Sia quando proviamo a essere, come ricorda Paolo nella seconda lettera ai Corinti, «il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono».