I primi della classe e gli ultimi

«Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?»
24 Settembre 2017

XXV domenica del tempo ordinario: Mt 20,1-16

PARABOLA DEI LAVORATORI NELLA VIGNA (XI secolo, Parigi, Bibliothèque nationale de France)

 

Oltre a essere una delle parabole più belle per capire come funziona il regno di Dio (e per capire Dio), è anche quella con la maggiore varietà di titoli. Chi vuole mettere l’accento sugli ultimi arrivati, la chiama “dei servi dell’ultima ora” o “dell’undicesima ora”; chi preferisce portare la luce sul protagonista (e sul finale), opta per “la parabola del padrone generoso”; mentre si accontenta “dei lavoratori a giornata” o “degli operai a ore” chi intende precisare il tipo di attività richiesta. C’è pure chi si fa bastare il luogo di lavoro… a patto di poter aggiungere il momento in cui Gesù tira fuori questa storia: cioè dopo aver notato che troppi, compresi i suoi, ossessionati dalla giustizia, non comprendono la gratuità del dono.

Per gustare la parabola, basterebbe non spezzare i capitoli 19 e 20 di Matteo. Abituati – dalle Messe festive – a vedere Gesù a puntate, come in una galleria d’arte o in una mostra fotografica, perdiamo spesso le connessioni tra un fatto e un altro, che invece la lettura continuativa tiene insieme. Nei due capitoli, infatti, che potrebbero stare sotto il titolo “I primi della classe”, Gesù ha a che fare con persone che sanno d’essere meritevoli ma forse credono nella meritocrazia più che in Dio e, se si danno da fare, è in vista di un guadagno («Che devo fare per avere…?»).

Il primo a entrare in scena è il giovane ricco, che se ne va via triste perché, pur capace di osservare i comandamenti, non è capace di donare. Si prosegue con Pietro, che domanda: «Noi – (sottinteso: che non siamo come questo giovane, noi che abbiamo lasciato tutto…) – che cosa ne avremo?». Ha l’incubo del premio: «Quanto si vince, quanto si guadagna?».

Probabilmente sorridendo (cosa, però, che il Vangelo non dice), Gesù spara alto: «Cento volte tanto qui e la vita eterna poi». La risposta sembra mettere il cuore in pace a Pietro… che, lungo il cammino, avrà passato del tempo a immaginare grandi quantità di beni in arrivo (anche questo il Vangelo non dice)… finché Gesù gli fa lo scherzo di raccontare la parabola dei lavoratori nella vigna. Alla fine della quale il padrone dà a tutti lo stesso compenso, anche a chi – arrivato alle cinque del pomeriggio – ha lavorato un’ora soltanto. «Se prendiamo la stessa cifra, è una truffa», avranno pensato gli operai arrivati per primi. Mentre il padrone non ritiene d’essere stato iniquo con chi ha lavorato di più, avendogli corrisposto la cifra concordata.

La logica del regno, purtroppo, resta indigesta persino a parabola conclusa. È sufficiente che Gesù accenni alla propria morte, perché si facciano avanti Giacomo e Giovanni (con la madre a dar man forte) chiedendo privilegi: più moderni di Pietro, loro non sognano beni ma posti («uno alla tua destra e uno alla tua sinistra»).

Passando all’illustrazione – tratta da un Vangelo bizantino – vediamo che raffigura, nella fascia inferiore, il lavoro in vigna e, in quella superiore, il momento della paga. Può far sorridere il fatto che gli operai abbiano la stessa statura: che sia voluta, per ricordare la parità di trattamento ricevuto?

Nel 1196, alle prese con lo stesso tema (nel Battistero di Parma), Benedetto Antelami introduce una novità. Costretto in uno spazio verticale, anch’egli colloca il finale in alto; poi inserisce gli operai in sei scene, secondo l’ora di arrivo, scendendo dall’ultimo assunto fino al primo. Inoltre – ecco la novità – caratterizza ogni lavoratore con un’età, mettendo nel tondo più basso un bambino e, a salire, due fanciulli, due adolescenti, un giovane, un adulto e un anziano. Poiché il Vangelo non fa cenno agli anni dei lavoratori, quella dell’artista è un’invenzione e, insieme, un potenziamento di significato: a dire che ogni momento della vita è adatto a incontrare Dio e il suo regno. Lì gli ultimi sono sempre ben accolti, mai penalizzati.

 

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