Evviva i figli (e i loro genitori)

«Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso»
7 Ottobre 2018

XXVII domenica del tempo ordinario: Mc 10,2-16

GRUPPO FAMILIARE (Henry Moore, 1948-49, New York, Museum of Modern Art)

 

Talvolta, per amore di sintesi, anche del Vangelo si tende a isolare una frase senza mostrare ciò che ha intorno (come quando si scontorna un’immagine). E non si vede che la dichiarazione di Gesù – «Lasciate che i bambini vengano a me»… – non è un’improvvisazione, ma viene dopo aver detto che «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Quindi, celebrando i bambini, Gesù ringrazia l’uomo e la donna che, unendosi, li hanno messi al mondo.

Una celebrazione analoga è stata fatta da papa Francesco nel 2015, quando – consacrando vescovo mons. Angelo De Donatis, attuale cardinale vicario per la diocesi di Roma – gli ha detto, papale papale: «Non dimenticarti che prima di questo anello c’era quello dei tuoi genitori». Un modo di fare un applauso ai coniugi, al matrimonio e forse, senza nominarlo, a qualcosa di molto bello, avvenuto tra loro, che ha dato origine alla vita di un figlio.

Nella Bibbia, è il Cantico dei Cantici a comportarsi in maniera simile. Più velatamente, però: al punto che i lettori, travolti dalla storia della passione tra un lui e una lei, spesso non si accorgono delle sei volte in cui viene ricordata la madre di lei, in due delle quali si accenna al luogo del concepimento della giovane.

Si deve essere grati a chi non rimuove la propria provenienza da una famiglia, premurandosi di dirla e di benedirla. A maggior ragione se ha il coraggio, come il Cantico, di non rimuovere l’incipit, ovvero di ricordare che la storia di nessuna persona – nemmeno del papa – è iniziata perché suo padre e sua madre si guardavano negli occhi.

Tuttavia, dei giochi d’amore aperti alla vita, l’aspetto più bello da far risaltare è l’esito. Sono i figli a completare la coppia, a proiettarla fuori di sé, verso una nuova bellezza, mai vista prima. E verso il domani. Sono loro a dare ai genitori uno sguardo nuovo sul regno di Dio, quando fanno capire che ci stanno bene.

È dunque lodevole che un artista abbia pensato di innalzare un monumento non a un condottiero o a un uomo di cultura, ma alla famiglia. Dedicandogliene ben più di uno e collocandoli sovente nel paesaggio: in tali opere i genitori hanno sempre qualcosa di regale, seduti a contemplare il frutto del loro amore. E l’artista – che ha lavorato al tema negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso – conferma nei disegni l’idea edificante che ha della famiglia, raffigurandola come una costruzione.

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