Generare Dio nel mondo

Il testo di oggi prova a dirci come sia possibile, come Maria, essere "madre" di un Dio che salva (Gesù).
1 Gennaio 2025

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO – Lc 2, 16-21

Il 22 giugno del 431 d.c. a Efeso, i vescovi riuniti in concilio definirono che Maria poteva essere chiamata legittimamente madre di Dio. Ciò è conseguenza del dogma delle due nature di Cristo, quella umana e quella divina, che esistono entrambe unite nella sua persona fin dall’inizio della sua vita e permettono di chiamare Maria madre di Dio. Espressione usata contro il patriarca di Costantinopoli, Nestorio, e i suoi seguaci, che affermavano, invece, che Gesù era solo uomo, animato però dallo spirito divino.

Al di là delle dispute teologiche la festa di oggi diventa molto densa di significati per noi, perché afferma la possibilità di “generare” Dio nel mondo, nello spazio-tempo. E il testo di oggi prova proprio a dirci come questo sia possibile. Sottolineo solo tre indicazioni.

Prima. I pastori arrivano in fretta a verificare se ciò che l’angelo ha detto loro è reale: “Questo il segno per voi: troverete un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Visto che le cose sono proprio cosi (v. 16) decidono di raccontare l’annuncio che hanno ricevuto provocando una “meraviglia sconcertante” (v. 16) in chi ascolta. Questa espressione indica la condizione di chi, ammirando qualcosa che sta accadendo, non riesce a capacitarsi del fatto che quella cosa esista davvero, perché se così fosse sarebbe troppo bello, spingendo a dover modificare radicalmente i criteri con cui abbiamo interpretato il mondo fino a quel momento.

Perché questa reazione in chi ascolta i pastori? Perché la notizia “troppo bella” per essere vera viene portata proprio da chi veniva ritenuto escluso e lontano da quella bellezza. I pastori erano considerati persone impure per la loro attività, ed esclusi come peccatori dalla religione, perché vivevano fuori della legge ebraica. Addirittura, si pensava che, quando il messia sarebbe arrivato, li avrebbe puniti per questo.

La “meraviglia sconcertante” sta qui, allora: la notizia, fin “troppo bella”, dell’arrivo di Dio nel mondo è che nessuno è escluso dal suo amore. Per “generare” Dio nel mondo, allora, la prima cosa da fare è smettere di arrogarsi il diritto di decidere a quali persone può arrivare l’amore di Dio. Per secoli abbiamo letto scorrettamente Lc 2,14, quando gli angeli annunciano ai pastori la pace in terra agli uomini “che Egli ama”, cioè tutti, mentre noi avevamo tradotto agli uomini di buona volontà, cioè solo quelli “che lo amano”.

Il primo atteggiamento che permette di “generare” Dio nel mondo è la rinuncia a mettere dei confini tra buoni e cattivi, agli occhi di Dio. Gesù stesso lo ricorda, proprio in Luca: “Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati” (6,37). Perché il nome che viene dato a Gesù è esattamente questo: Dio salva, non condanna, non giudica! Questo non significa ammettere che il peccato non esiste o che non può essere riconosciuto. Significa invece ammettere che il peccato non è altro che un amore impazzito, che si è ridotto, che si accontenta della salvezza che può autoprodursi. Perciò, così come fa Dio, continuare a guardare il peccato con gli occhi dell’amore.

Seconda. “Maria guardava con attenzione e continuità tutte queste parole, gettandole insieme nel suo cuore” (v. 19). L’atteggiamento di Maria, di fronte a questa “meraviglia sconcertante” è quello di chi non nega nulla del dato percepito e cerca, nella sua coscienza di “rilegare” insieme i dati di realtà (re-ligare, cioè fare religione), affinché possano far sorgere in lei una direzione che le offra il loro senso compiuto. Lei non ha il senso compiuto di ciò che le accade, ma si fida che esso possa emerge se non taglia via nulla della realtà e continua a tenere aperta la sua mente e il suo cuore.

Generare Dio nel mondo, allora, diventa possibile se ci ricordiamo che il suo mistero è ben “più grande del nostro cuore” (1 Gv 3, 20) e che non finiremo mai di aggiustare dentro di noi la sua conoscenza, perché fino a che siamo su questa terra “vediamo come in uno specchio, in modo oscuro” (1 Cor 13,12). Per generare Dio, allora, non serve cercare di “comprendere” Dio, nel senso di prenderlo dentro di sé, di afferrarlo e ridurlo alle nostre categorie, perché in questo modo lo renderemo solo un idolo. Serve invece, lasciarsi afferrare da Lui, in modo che la nostra adesione a lui nasca dall’esserci innamorati della sua bellezza, ben al di là di quanto la nostra testa possa dirci.

Questo perché, ancora una volta, come dice il nome stesso di Gesù, è Dio che salva, non noi. Generare Dio nel mondo, allora, è possibile se continuiamo a lasciare a Dio il suo compito, non volendo sostituirci a lui. La salvezza è opera sua, con i suoi tempi e i suoi modi, che sono ben lontani dai nostri: “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie” (Is 55,8). Il nostro delirio di onnipotenza che cerca la salvezza di sé e del mondo con la tecnica, con la potenza, con il denaro, con la “voracità” esistenziale, rivela solo la nostra assoluta mancanza di senso, del vuoto che ci portiamo dentro, che disperatamente cerchiamo di tamponare. Per questo “i poveri”, cioè coloro che non possono tamponare il senso di vuoto perché non ne hanno le possibilità, sono nella condizione migliore per accettare la salvezza di Dio, perché non possono occultare a sé stessi la mancanza di pienezza di vita.

Terza. “Si compirono gli otto giorni per circonciderlo” (v. 21). Alla lettera, questo verbo significa: tagliare attorno, cioè incidere, con un taglio rapido e preciso, la pelle che ricopre il glande del maschio di otto giorni di vita. Nel Pentateuco viene ricordato per sette volte questo rito che segna il fatto di entrare a far parte del popolo che ha un’alleanza con Dio e, allo stesso tempo, segna l’ingresso della presenza di Dio nel corpo umano, che diventa quasi una pagina biblica su cui è incisa l’irrevocabile decisione di Dio di amare gli uomini.

Ma la circoncisione è una ferita. Quando Dio entra nel mondo non lo fa lasciando le cose come sono: “la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). E questo rivela a noi le nostre due ferite più “pesanti”: quella verticale di non essere noi Dio, con la tentazione costante, però, di volerlo essere e quella orizzontale di non essere l’unico figlio amato da Dio, con la tentazione costante di negare gli altri, imponendo loro di essere e fare ciò che vogliamo noi.

Generare Dio nel mondo, allora, significa accettare le ferite che il suo arrivo provoca nella nostra vita, riconoscendo il limite umano che egli non toglie, ma che prende a metro di misura della nostra san(t)ità personale. Ancora torna il suo nome: Dio salva, in quella precisa persona umana che si chiama Gesù, cioè dentro ai limiti spazio-temporali di quella persona. Si genera nel mondo il Dio che salva, stando dentro il limite di ogni esperienza e non in una esperienza limite. Infatti sarà proprio quella ferita che, se accettata, diverrà una feritoia dalla quale poter scorgere qualcosa del mistero del Dio infinitamente misericordioso che nasce nel mondo.

2 risposte a “Generare Dio nel mondo”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Generare Dio nel mondo come Maria? Si, così è avvenuto in principio dagli Apostoli, diventati fondatori della sua Chiesa. Solleciti quando pieni dello Spirito di Santo hanno fatto conoscere Cristo alla propria gente, ad annunciare il suo Vangelo in altri territori, affrontando ogni sorta di difficoltà, e quando osteggiati hanno avuto quel coraggio nell’affermare Cristo Figlio di Dio datore di vita nuova Così dalla sua Chiesa missionari in tutti i tempi fino ad oggi hanno raggiunto tutti i confini della Terra, e come da suo mandato, il suo Vangelo e predicato in ogni lingua a rendere il mondo più fraterno, a ridare speranza a ogni uomo qualunque sia il suo stato, richiamando i potenti a vedere e guardare alle sofferenze dei popoli, affinché si comprenda il valore della vita di ogni persona umana.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dio salva” per questo quando gli uomini si sono dimenticati di Lui, Dio si è fatto carne in Gesù il Salvatore, si è fatto presente in quell’unico Figlio, a provare a redimere attraverso di Lui l’uomo, essere debole. Ed è successo ancora oggi,tutto il mondo festeggia al suo Natale ma dimentico della sua persona Dio con noi e in noi. Un grande atto di Amore compiuto da Dio a salvare l’uomo, e tale salvezza richiede la “buona volontà dell’uomo” il quale è persona libera anche per rifiutare l’amore facendo tutto da se stesso. Maria si è sottomessa al disegno di Dio pur non capendo, ha generato Cristo uomo Dio e noi le siamo per questo grati perché così è diventata anche ns.madre.,anche Lei ci apre alla “buona volontà” di arrivare al Figlio a conoscerlo e amarlo tanto da seguirlo. Le guerre in atto sono vite umane sacrificate, dignità verso gli umili calpestata, i pastori hanno creduto, sono corsi e hanno visto il Dio della vita, il Dio con noi

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