Dunque tu sei re?

"Ma comprendiamo bene che cosa significa che Gesù Cristo è Re e Signore?"
21 Novembre 2021

Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Fino all’ultima domenica di questo anno B nei brani di Marco e di Giovanni si ritrovano echi del dibattito sull’identità di Gesù. Chi è costui? Se lo sono chiesti in molti. Alcuni, principalmente oppositori, hanno avuto il coraggio di porre la domanda diretta. Da parte mia mi limito ad annotare che parlare di lui è più facile che interrogarlo e soprattutto interrogarsi su lui. Le cose della vita scorrono, giorni seguono giorni, impegni ed incombenze si accumulano su impegni ed incombenze. Certe domande rischiano di non venire neanche espresse e poi rimanere inevase; salvo poi riemergere, anche solo per pochi attimi, in momenti “capitali”.

Il tema di questa domenica è quello della regalità che le Scritture associano a quello del sacerdozio. Il trono del Re, la Croce, evidentemente è anche un altare.

La seconda lettura dall’Apocalisse aggiunge un terzo elemento chiave: il sacerdozio regale non è esclusiva del primogenito, ma è cosa di tutti. Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre. Per tutta le vita, “regnando”, rendiamo un sacrificio di lode. Regnando. Detto così sembra una parola grossa, se pensiamo agli agi del trono, all’arbitrio e alle velleità del potere  autocratico. In realtà ci auguriamo tutti di essere ben esperti della forma più nobile di regno: l’esercizio della responsabilità. Siamo re, in quanto custodi che si prendono cura e fanno crescere; re giardinieri. Facciamo crescere assumendo responsabilità nelle cose quotidiane, la famiglia, il lavoro; facciamo crescere facendo le cose per bene (riempiendo le brocche fino all’orlo, come ci invita a fare il Signore), con amore. Facciamo crescere rimanendo al nostro posto, anche quando ci stiamo scomodi (ai piedi di una croce), continuando a servire pure quando le energie sono al lumicino. Facciamo crescere gli altri anche amando la vita in noi stessi.

Qualcuno è capace anche di vedere impegni e prendersi responsabilità anche fuori dalla routine di casa e lavoro, in ambito civile o nella comunità cristiana.

Pertanto la domanda di Pilato possiamo sentirla come richiamo a ciascuno dei battezzati: in che cosa (e come) stiamo esercitando il nostro ministero regale?

Quali che siano gli ambiti, due cose vanno ricordate: che regnare è anzitutto servire, e che i servi sono sempre inutili (nel senso che il compito loro affidato li trascende).

*****

L’ultima domenica dell’anno liturgico, parlando di responsabilità da onorare nei diversi ambiti (cogliendo le sfumature di priorità), è il momento giusto per l’ultimo dei miei commenti alle letture domenicali.

Ho condiviso le mie “spigolature”, quasi senza interruzioni, dal 2 maggio. Spero di non essere venuto a noia; in fondo un commentatore non specializzato finisce per ripetere sempre le stesse due o tre idee (o fissazioni). Ci sarebbe il rammarico per non essere riuscito ad incrociare queste note sulle letture domenicali con l’attualità e i fatti di cronaca. D’altra parte, diciamolo con onestà, come i biblisti sono esperti delle Scritture, così i giornalisti sono esperti della cronaca; io non sono né biblista né giornalista, e ho preferito non scimmiottare queste figure. I fatti personali, che forse si intuivano in filigrana, rimangono protetti da un velo di discrezione. Dunque, questi sei mesi di post domenicali raccontano l’esperienza un semplice cristiano che prova a leggere le Scritture e mette per iscritto qualche suggestione personale, senza alcuna autorevolezza, con qualche “non detto” e palesando rispettosamente tutte le incertezze davanti ai passaggi impegnativi o ostici. Il fatto di non scrivere a ruota libera, ma di obbligarsi ad ascoltare e stare al tema, costituisce un elemento di equilibrio.

In definitiva è stata una bella esperienza, con un po’ di fatica, qualche momento emozionante e pure qualche gratificazione. Saluto cordialmente i lettori; può essere che qualche commento chiedesse una replica da parte mia; mi scuso per non essere riuscito a darla.

Per chiudere (questa serie di contributi 😉 ) in bellezza, un ricordo personale. Il 21 novembre di 39 anni fa era sabato e, nei primi vespri della Solennità di Cristo Re, don Tonino Bello faceva il suo ingresso come vescovo di Molfetta. Io avevo 17 anni ed ero lì. Quello che segue è un brano della vibrante omelia di quella sera.

*****

Ecco, popolo di Dio che vivi a Molfetta: la buona notizia che vengo a portarti, fresca di giornata, ma anche antica quanto l’eternità, è questa: Gesù Cristo è il Signore, il solo Signore, il solo Santo, il solo Altissimo, il solo Re della gloria. Non ce n’è altri. Egli è l’«a» e la «zeta», l’inizio e la fine, il principio di intelligenza di tutto il creato, l’asse di convergenza di ogni realtà. In Lui precipita tutta la storia e le onde dell’universo si infrangono su di Lui.

Se in questa notizia non trovate motivi per esultare più che tanto, se non vi abbandonate alla gratitudine, se non sentite l’insopprimibile bisogno di alzarvi subito per andare a trasmettere agli altri questo annuncio, è segno che noi credenti siamo diventati vecchi, e che lo scetticismo, il sorriso gonfio di cautele, il calcolo prudenziale di chi la sa lunga, la freddezza senile, hanno preso il sopravvento sull’entusiasmo e, forse anche, sulla speranza. E non ci consideriamo più come portalettere che recapitano un lieto messaggio atteso lungamente, ma come fattorini che consegnano una cambiale o la bolletta della luce.

Ma comprendiamo bene che cosa significa che Gesù Cristo è Re e Signore?

Significa affermare la regalità e la signoria dell’uomo.

Significa rifiutare gli idoli del potere, le suggestioni del denaro, il fascino delle ideologie.

Significa andare contro corrente in un mondo che ogni tanto si popola di nuove divinità e obbliga a prostituirsi davanti ad esse.

Significa combattere i soprusi dei più forti, le violenze degli arroganti, le assolutizzazioni delle strutture.

Significa contestare la logica della sopraffazione e dell’asservimento dell’uomo all’uomo.

Significa impedire che i criteri dell’efficienza siano il metro per misurare i fratelli.

Significa impegnarsi perché la paura, la solitudine, la disoccupazione, l’odio, la tortura, la strage, l’emarginazione dei deboli, la squalifica degli umili riducano sempre più nel mondo la loro deleteria presenza.

Significa affermare la precarietà dell’angoscia, la provvisorietà del dolore, la labilità della malattia, la caducità della morte.

Significa proclamare che la nostra storia, personale e comunitaria, ha un senso, non è inutile, non è disarticolata, si muove verso un traguardo, ha una sua traiettoria. È, in una parola, frammento di Storia di Salvezza.

Questo è il lieto messaggio che il Signore mi ha comandato di annunciarvi oggi, festa di Cristo Re. (…)

Se io, cari fratelli nella fede, sono stato inviato a voi a proclamare che Gesù è Risorto ed è l’unico Re e Signore; se io, chiamato a essere vostro vescovo, sono stato incaricato di svegliare l’aurora che già vi dorme nel cuore… chi porterà questo annuncio di speranza agli «altri», a quella porzione del popolo di Molfetta che non coincide più col perimetro della Chiesa, a coloro ai quali i valori cristiani non dicono più nulla?

(don Tonino Bello, a Molfetta, il 21 novembre 1982)

3 risposte a “Dunque tu sei re?”

  1. Lorenzo Pisani ha detto:

    don Tonino Bello
    “intrepido annunciatore del Vangelo,
    pastore ricco di sollecitudine apostolica,
    amico dei poveri, costruttore di pace.”
    Ricorrendo l’anniversario del suo ingresso in diocesi, proprio nella Solennità di Cristo Re,
    l’ho ricordato domenica scorsa.
    Senza richiami espliciti, con discrezione forse eccessiva, come si parla delle cose preziose.
    Perché il vero impegno è tenere
    “viva memoria di una guida così luminosa;
    raccogliere con generosità
    l’eredità di una vita vissuta nell’amore,
    nella semplicità, nell’autenticità e nell’amabilità;
    custodire il tesoro delle sue spinte ideali, aperte alla speranza.”
    Ieri don Tonino è stato dichiarato venerabile. E’ più vicino il giorno in cui lo vedremo
    “tra coloro che la Chiesa addita
    come testimoni esemplari da imitare e venerare.
    Il suo benefico influsso
    avvertito come presenza viva e operante
    continui a sostenere il cammino
    della nostra Chiesa…”

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    C’è la forma, l’apparenza, l’involucro, l’esteriorità, il contenente….

    Spesso nascosto, invisibile ad occhio nudo, come quel tesoro coperto da un velo, non appariscente, che è tesoro SOLO se il tuo sguardo scava, entra, si fa sostanza, contenuto, si fa senso….
    Ecco.
    Lorenzo non te lo sbatte in faccia.
    Lorenzo non si fa pulpito proclama.
    Lo suggerisce.
    Perché sta a te, a me, a noi cercarlo, farlo proprio.
    Trasformarlo in carne..
    Viverlo.
    Grazie.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Mamma mia, Stupisce!Era profeta se ha potuto anni fa enumerare tutto quanto leggiamo nei titoli di cronaca fatti che accadono Oggi!e che viviamo ben consapevoli della loro gravità ma, come nel vorticoso fluire di acque facciamo fatica tirarci fuori, non farci travolgere. Cristo, natività, diventata data marketing, Incredibile per molta gente Cristo Re, Signore della storia umana,riferito a un uomo crocifisso più di coloro che lo conoscono Signore perche vivono il Suo Vangelo. Malgrado le cattedrali lucenti di bellezza che l’uomo artista ha profuso a manifestare la grandiosità del potere ammantato di bellezza e ricchezza, Il Cristo sull’altare rimane su un legno in croce. Così è la vita, se accettata crocifissa e ‘salvezza; , crederlo ha dell’incredibile, ma se affermarlo è da un vissuto reale, la verità si conferma di resurrezione umana. Per questo Re, oggi lo imploriamo Salvatore, i bisogni che ci sovrastano ci fanno tenere le mani alzate verso Lui.

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