Assunzione della Beata Vergine Maria: Lc 1,39-56
MAGNIFICAT (Arcabas, pseudonimo di Jean-Marie Pirot, 1987, Saint-Pierre-de-Chartreuse, Museo d’arte sacra contemporanea, chiesa di Saint-Hugues-de-Chartreuse)
Come fanno, gli artisti, a raffigurare il Magnificat? Riproducono, per lo più, il luogo e il momento in cui la Vergine si slancia in questa preghiera strepitosa (vedi Taizé). Ma le parole della preghiera restano “sepolte” nel Vangelo di Luca, come note in uno spartito, senza poter risuonare nell’opera d’arte.
Tutti gli artisti, tranne Arcabas. Che, stranamente, crea un quadro senza figure, pieno di lettere colorate. Dando l’impressione, in un primo momento, d’aver fatto del Magnificat una versione per bambini. E poi convincendoci d’aver dato, della preghiera, un’interpretazione alta, in cui le parole diventano immagini (una buona idea, tra l’altro, per chiunque voglia rendere omaggio alle grandi poesie).
Che cosa ha intuito il pittore francese? Che le parole della Vergine sono talmente belle da meritare d’essere dipinte una a una, lettera per lettera, pur di rallentare la lettura e far assimilare il significato.
Ad aderire alle parole del salmo 47 (46) – «Cantate inni a Dio… Cantate inni con arte» – era già stata Maria, ben prima di lui: con lo stesso entusiasmo l’artista ha piegato una lamiera e cercato le tinte per rendere al meglio ogni vocabolo.
L’operazione si potrebbe ripetere, ogni giorno, in modo diverso: suggerendo a un grafico di stanare un font più giusto, a un artigiano di cimentarsi col ferro battuto, a un altro col vetro, a un altro ancora con una tovaglia ricamata… A un regista di pensare a una voce e a un corpo, individuando l’attrice più adatta a interpretarlo. A un chitarrista di studiare un accompagnamento, a un disegnatore di pensare a figure da proiettare, a un coreografo ecc…
La speranza è che ritorni il desiderio di cantare il Magnificat: ciascuno nel proprio idioma, ciascuno con la sensibilità e il linguaggio artistico che gli sono più congeniali.