Quando la liturgia ci propone la meditazione di brani di Vangelo così importanti e di grandi dimensioni, io rimango un po’ sconcertato perché faccio fatica ad individuare il criterio di lettura più appropriato e provo come un senso di vertigine e di inadeguatezza. Nel confronto con questo testo ho riscoperto fra i ricordi della giovinezza alcuni momenti di meditazione con i nostri sacerdoti, durante i quali la mia mente, avida di trovare nel messaggio di Gesù qualcosa che andasse oltre quanto imparato dal catechismo, rimaneva affascinata dal discorso della montagna e in particolare dal quel modo ricorrente di Gesù di dire – “fu pure detto…ma io vi dico” – che mi trasmetteva il senso della Sua autorità.
Il detto oggi mi affascina forse in modo meno entusiasta, ma più consapevole, perché adesso so che Gesù non stava evidenziando delle contrapposizioni, ma cercava solamente di far comprendere ai Suoi uditori come il Suo messaggio fosse in stretto collegamento con tutta la storia della lunga relazione fra Dio e il Suo popolo eletto e ne costituisse solamente il completamento.
Oggi, con una diversa maturità, questo discorso di Gesù mi porta a fare due riflessioni, di cui quella più immediata è su quanto sta avvenendo nella Chiesa in questo momento storico sinodale. Siamo costretti a vedere sorgere, o riemergere, delle contrapposizioni nette e talora violente fra due parti che si presentano non come due polarità, ricche di energia positiva, ma come due fazioni, che ci tengono ad identificarsi e a portare avanti un messaggio che sembra proprio tendere alla divisione della Chiesa.
Questo mi fa capire che in ogni tempo c’è sempre bisogno di accostarsi alla parola di Gesù per comprendere correttamente certe differenze di pensiero, non per enfatizzarle, per dar fiato al nostro egocentrismo o, soprattutto, per trasformarle in divisioni, perché sappiamo bene che la divisione è l’arma per eccellenza del demonio. Quest’ultimo non si limita a fare delle distinzioni per comprendere meglio, ma vuole orientare il pensiero di chi lo ascolta verso una discontinuità totale con il messaggio cristiano.
Mi pare dunque che il vangelo di oggi diventi, in questo momento della storia della Chiesa, paradigmatico dell’atteggiamento che tutti i cristiani, a cominciare dal Papa e dai vescovi, dovrebbero avere: impegnarsi a conservare l’unità del messaggio cristiano che è Gesù stesso. Invece di schierarsi con una fazione o con l’altra ogni cristiano, seguendo lo stile di Gesù, dovrebbe mettere in evidenza le varie tesi che si fanno strada nella Chiesa, ponendole semplicemente a confronto con la parola di Dio e con l’autorità dell’interpretazione più autentica che ne dà il nostro Pontefice. Il pericolo delle divisioni non può lasciare noi laici indifferenti, come se fosse solo una “cosa” da preti, ma ci deve coinvolgere direttamente nel profondo del cuore, affinché contribuiamo, per quanto possibile, a confrontarci nella ricerca della comune verità e non a contrapporci.
C’è poi una seconda riflessione che discende dalla prima e che è intimamente collegata al discorso della testimonianza che abbiamo sviluppato in questo periodo liturgico parlando di Giovanni Battista. Nella testimonianza c’è bisogno di chiarezza e di coerenza, e questo possiamo impararlo dalle parole di Gesù. Le Sue affermazioni non sono mai state contraddittorie e, quando il suo messaggio si è discostato da quello della tradizione, ne ha spiegato il motivo in modo che le persone non fossero disorientate o peggio scandalizzate.
Come vediamo in questo brano di Vangelo le parole di Gesù sono importanti, ma semplici e coerenti con la Sua missione che era quella di portare la salvezza rivelando non solo agli ebrei, ma a tutta l’umanità, l’ampiezza del piano di Dio e quindi facendo capire come la Sua incarnazione introduceva delle importanti novità nella storia universale della salvezza.
Per questo nella Sua insistente ripetizione del “fu pure detto…ma io vi dico” non sono espressi solo i criteri con i quali Gesù proponeva la Sua rivelazione, come completamento di quella che verrà poi chiamata l’antica (o prima) alleanza, ma sono contenuti anche quei criteri che Lui ci chiede di usare per dare la nostra testimonianza al mondo. Parafrasando le parole di Gesù noi forse dovremmo dire “il mondo ha detto …ma Lui ci dice”, cioè la nostra responsabilità deve essere quella di pensare, parlare ed operare con lo stesso spirito con cui lo faceva Lui.
Il nostro compito cristiano è dunque quello di comprendere e spiegare al mondo che per la felicità bisogna andare ben oltre le logiche terrene (cioè quelle di una giustizia basata solo sulle leggi), delle relazioni interpersonali fondate solo sulle convenzioni, del matrimonio inteso solo come contratto terreno, dell’amore vissuto come desiderio di possesso e della religiosità vissuta come “uso” di Dio per i nostri scopi. La gioia verrà se giungeremo ad una esperienza di vita comunitaria che abbia come fondamentale riferimento quello insegnato da Lui e cioè il servizio del prossimo.
Se mi domando come posso fare tutto questo non trovo altra risposta che quella di seguire l’esempio di Gesù: anche io devo avere sempre presente che il mio compito “non è quello di abolire, ma di dare pieno compimento”. Nel concreto della mia vita ciò significa farmi carico di raccogliere le istanze ed i problemi del mio prossimo, senza contrappormi con il giudizio e la condanna, ma cercando di dare quelle risposte che si possono trovare solo in quello che ci detto Lui.
Non è un compito facile, ma attraverso la diffusione dell’insegnamento del Pontefice, il continuo esame della tradizione, lo studio della teologia, la conversazione spirituale e soprattutto la costante preghiera allo Spirito Santo, penso che si possa partecipare, anche a livello personale, allo sforzo di tutta la Chiesa affinché non si producano divisioni al suo interno, perché il messaggio di Gesù deve essere custodito con quello stesso amore con cui ci è stato donato per la nostra salvezza.
Ma bisogna scendere in campo, avere coraggio come sta osando qualche Cardinale, e questo rompe la solitudine di quella folla che è affascinata e vuole credere alla Parola, e tenta di metterla in pratica ma sfidando un mondo che la ostacola con un orgoglioso scetticismo. Cio che il Papà dice, è naturale, e il Capo di una Chiesa, ma ……detta in altre parole, da altri può’ avere eco più sentito, si tratta di non aver paura di sfidare con la Verità quel Potere che si ha impressione governi il mondo.