Dalla morte alla vita nuova

«Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro»
16 Aprile 2017

Pasqua di Risurrezione: Gv 20,1-9

IL SIMBOLO DELLA GLORIA (sarcofago, 350 ca., Città del Vaticano, Museo Gregoriano profano)

 

Invece di seguire la corsa senza respiro di Pietro e Giovanni, stiamo fermi… a contemplare un’altra pietra, ideata dai cristiani del tempo di Costantino. I quali volevano proclamare, tanto più nei cimiteri, la loro fede nella risurrezione. Ma quella di Gesù, in assenza di testimoni, era impossibile da raccontare: le donne e gli apostoli avevano visto il Risorto, non la risurrezione!

Dapprima si aggirò l’ostacolo raffigurando il ritorno in vita di Lazzaro, oppure il profeta Giona, rigettato sulla spiaggia da un grosso pesce dopo tre giorni e tre notti passate nel suo ventre. Finché, nelle catacombe di Domitilla, sulla via Ardeatina, si decise di tentare la strada del simbolo.

Se è vero che «su ciò di cui non si può parlare si deve tacere», è anche vero che il significato di un avvenimento si può dire, quando è chiaro. Così, a chi l’ha capito, è venuto in mente di prendere la croce vuota, di per sé uno strumento di morte, e di stravolgerla facendola fiorire (tra l’altro, da come gli uccelli se ne nutrono, chissà che non sia questo uno dei primi semi del lignum vitae, cioè dell’idea della croce come albero della vita, approfondita nel XIII secolo da San Bonaventura…).

Che cosa ha fatto, dunque, lo scultore del sarcofago? Ha unito la croce alle prime due lettere del nome greco dell’uomo crocifisso, la “chi” e la “rho” di Khristòs. Incastonandole in una ghirlanda, come quella che si dà ai vincitori, perché l’uomo crocifisso ha sconfitto la morte.

In questo modo l’artista si è riappropriato del monogramma di Cristo (detto costantiniano, perché utilizzato dall’imperatore sui labari dell’esercito e su alcune monete), innestandolo nella croce e riuscendo a tenere collegate la passione e la gloria.

Va infine notato come, a rafforzare l’idea del trionfo, siano stati fatti concorrere altri elementi. Anzitutto la corona di spine, sul lato sinistro, forgiata come un diadema. E poi i due soldati ai piedi della croce: non annientati ma morti di sonno, vinti dai propri limiti umani… Che ci sia, in questo residuo di narrazione, anche un pizzico di ironia verso guardie che non ce la fanno a guardare? verso controllori che, invece di controllare, crollano?

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