Confessare la fede (e dirsi tutto)

Parole cesellate nel memorabile scambio di battute tra Gesù e Simon Pietro, ma il vissuto è molto più ricco di chiaroscuri. Il brano di Paolo agli Efesini ha echi di attualità e ci provoca sul modo in cui leggiamo la Scrittura
22 Agosto 2021

Siamo alla conclusione del capitolo 6 di Giovanni, la moltiplicazione dei cinque pani cui ha fatto seguito una lunga catechesi; ora si fa il punto. Ce la immaginiamo la scena, a cerchi concentrici: i cinquemila uomini, che sono stati saziati all’inizio; poi la cerchia ampia dei discepoli più o meno stabili; poi i Dodici; al centro Gesù. I cinquemila probabilmente sono andati via da tempo; i discepoli fanno fatica a star dietro ai discorsi sul Pane vivo disceso dal cielo, alcuni decidono di andar via (a questo allude l’immagine di una mensa vuota a fine pasto; l’ha presentata qui Giancarlo Olcuire). E siamo così a quelle poche battute conclusive, che generano infinite suggestioni.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» Estrapolata dal contesto, ci starebbe bene in mille copioni di vita comunitaria ecclesiale: momenti di crisi (che non mancano mai) e qualcuno che fa la mozione degli affetti. E, se non c’è qualcuno a porre la domanda, può darsi che la stessa risuoni nell’intimo della coscienza: andare via (leggi anche: cambiare) o restare (leggi anche: conservare)? E, mentre nella Scrittura tutto si fa limpido, nella vita lo sappiamo bene che, in talune circostanze, andare via è il modo più fedele di restare, e il discernimento tra le scelte è tutt’altro che semplice.

Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» Come risposta, è perfetta e  perfettamente articolata.

Un’invocazione iniziale, Signore, che dice già molto.

Da chi andremo? Non dice “dove andremo?”, non sottintende la possibilità andare altrove a fare fortuna; oramai loro sono alla ricerca di qualcuno che dia senso e sapore alla vita.

Sono stati sedotti dalle parole di vita eterna; non dai segni, ma dalle parole. Come espressione la sentiamo contemporanea a noi e, probabilmente, è contemporanea all’uomo di tutti i tempi. Sarà Paolo a dire, nella lettera ai Romani, che la fede viene dall’ascolto.

Abbiamo creduto e conosciuto. Ci sono la fede, appunto, e poi la conoscenza. Cosa intendere per conoscenza? La conferma venuta dai segni? Per noi oggi sarebbe la lettura delle tracce della presenza di Dio nella storia, la storia di ciascuno e la storia dell’umanità. Oppure possiamo intendere il momento di consapevolezza, della fede che diventa matura, coinvolgendo non più solo il cuore, ma anche la ragione?

La prima lettura svolge, come sempre, il ruolo di preparazione al brano evangelico. Anche nel libro di Giosuè troviamo esattamente una domanda del leader al popolo ed una dichiarazione solenne di adesione al Dio dei padri. Ma non è troppo tutto “troppo perfetto”?

Basta arrivare con un balzo all’ultimo capitolo di Giovanni e troviamo una scena completamente diversa. Sono trascorsi diversi anni in compagnia del Maestro. C’è stato il dramma del tradimento e della condanna a morte. I Dodici, rimasti Undici, hanno visto (da lontano), la morte in croce, ma poi ci sono stati gli incontri con Gesù risorto. Eppure il gruppo sembra che si sia sciolto; in sette sono tornati alla vita di prima, la pesca sul lago di Tiberiade. Esattamente il contrario di quello che si diceva sopra. Sopra dicevamo che i Dodici sono ormai alla ricerca di qualcuno che scaldi il cuore con parole di vita. Qui non leggiamo che sono andati da un altro maestro; sono tornati, prosaicamente, alla vita di prima; la cosa più importante è procurarsi il sostentamento materiale. Che dire di quelle parole di Simon Pietro? Sono evaporate?

Il vangelo, come sempre, dice la verità: così siamo noi, viviamo tra il capitolo 6 e il capitolo 21 di Giovanni. Bene farci i conti con questa verità, tenerla sempre presente.

Alla luce di questo ridimensionamento, c’è ancora una suggestione in quel “da chi andremo?”. Ogni tanto noi ci diciamo che il darsi, ad un partner, così come ad una causa, è da persone mature. Mettersi in relazione richiede, come precondizione, consapevolezza, autonomia, capacità di farcela anche da soli. Qui, nel dialogo, tra Gesù e i Dodici, c’è un momento di confidenza dal sapore familiare. Forse non saremo mai capaci di farcela da soli. Tu, Signore, ci hai visti come siamo; dove potremmo mai andare? Simon Pietro, e noi con lui, lo confessa candidamente. È così anche nelle relazioni umane. Farcela da soli è forse solo una maschera. Simon Pietro sta ricordando a tutti noi l’importanza di dirsi tutto, confessare non solo la fede, ma anche la verità (fragile) di sé stessi. Sono sicuro che questo discorso richieda un’ulteriore messa a fuoco sul piano antropologico, eppure mi sembra anche questo un fatto di non poco conto.

***

In tema di fragilità da confessare, si deve spendere almeno una parola veloce anche sulla seconda lettura, dove si parla di marito capo della moglie (e della famiglia), di mogli sottomesse ai mariti. È tema di questi giorni per via di un paese, l’Afghanistan, che è stato straziato e ingannato dalla guerra, per poi tornare all’incubo dell’emirato, teocratico e fondamentalista; tra le prime vittime proprio le donne.

Ammettiamolo con franchezza, il fondamentalismo non è solo problema degli “altri”; non è affatto facile leggere fedelmente tutta la Scrittura e, contemporaneamente, riuscire a non rimanere “bloccati” nell’interpretazione rigida, se non alla lettera. Come leggere brani come quello di oggi? l’interpretazione rigidamente asimmetrica del rapporto uomo-donna, infatti, ci sembra francamente inaccettabile.

Immagino la Parola come un edificio, con pilastri e muri maestri, poi tramezzi, infine anche stucchi ed orpelli. L’edificio della Scrittura vive nella storia, talvolta tramezzi ed orpelli nascondono le strutture portanti. Per questo la Parola la ascoltiamo/leggiamo insieme, per aiutarci vicendevolmente ad individuare le strutture portanti. Diamo il nostro contributo a questo lavoro mai finito, per consegnare alle generazioni che seguono ciò che abbiamo ricevuto, un edificio ancora vivo, attraente ed “ospitale”. Non è detto che sia compito facile, ma la difficoltà non è ragione sufficiente per rinunciare e noi crediamo che non saremo mai lasciati soli in quest’opera.

3 risposte a “Confessare la fede (e dirsi tutto)”

  1. Emanuela Sangaletti ha detto:

    Grazie, una lettura della liturgia odierna davvero illuminante.
    A proposito della domanda suscitata dalle considerazioni sulla seconda lettura: “Come leggere brani come questo?” Tra le altre, due cose:
    – contestualizzare sempre, specie rispetto alla cultura che un testo riflette
    – ascoltarlo dentro l’insieme della Scrittura e del suo messaggio, perché è spesso la Parola a illuminare, confermare o mettere in discussione, relativizzare e sovvertire la Parola.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Aiuta il panel elaborato su un migliaio di ragazzi con devianze deliquenziali da 2 coniugi psicologi americani circa 50 anni fa. L’elenco delle cause vede al primo posto la mancanza di amore materno nei primi tre anni di vita e poi, al secondo posto, di una figura paterna di indirizzo, rifermento, direzione.
    Qs aiuta, con i tempi al contorno di allora, a capire.
    Aggiungo che una figura materna prevalente, genitoriale, che oscura l’altro.. può provocare probls sul figlio maschio.
    PS. Sul resto, che dire? Invece dei ns progetti educativi.. il Padre!!!

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?L’hanno sentita, hanno mangiato in tanti dai 5 pani e due pesci eppure non hanno visto se ancora chiedevano segno per credere. Oggi sembriamo loro, pur avendolo conosciuto da Risorto, pur avendo visto segni in ogni parte del mondo, non vi è abbastanza fede in Lui, la Parola suona dura eppure c’è solo Lui a cui rivolgerci nelle difficoltà grandi come il mare; il Covid è un esempio, se non per te, vaccinati per il fratello, per amore di altri! Perché ad alcuni arriva il vaccino e molti altri no?aspettano le briciole. Ascoltare significa mettere in pratica,: quante madri ai figli uscendo di casa dicevano:” mi raccomando, ascolta! Apprendi e metti in pratica, implicito sin.. Non è un comando, come viene in certi luoghi,imposto da uomini, ma spontanea adesione, il credere in Lui, verità, vita eterna.Accade oggi come allora, molti si allontanano, eppure le chiese sono aperte, la Parola ha dato frutti copiosi, il pane è stato distribuito!

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