Chiamati a stare in piena luce

Nel cammino verso la Pasqua, dopo il tema dell’acqua viva che Gesù Cristo dona al credente in lui, la chiesa ci fa meditare sulla luce, o meglio, sull’illuminazione, azione compiuta da Gesù affinché noi vediamo e siamo strappati dalle tenebre.
19 Marzo 2023

Disse il cieco: “Da che mondo è mondo non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco. Se quest’uomo non fosse da Dio, non potrebbe fare nulla». Essi gli risposero: «Tu sei tutto quanto nato nel peccato e insegni a noi?» E lo cacciarono fuori. (Gv 9,32b-34)

L’episodio dell’incontro di Gesù con il cieco nato è il racconto ‘drammatico’, dentro un volto e una storia, dell’atteggiamento dell’uomo davanti alla ‘luce’ – il senso, l’orizzonte del vivere, la verità – l’esito che essa incontra, e quali siano le profonde radici del suo rifiuto o della sua accoglienza. Giovanni non intende mostrare altro, in fondo, che il contrasto fra la fede e l’incredulità, l’accoglienza di Gesù e il suo rifiuto (che è il ‘peccato’, motivo che attraversa tutta la narrazione), l’aprirsi alla luce e il rimanere in una penombra oscura. Il miracolo è raccontato brevemente (9,6-7), perché l’attenzione non deve indugiare lì, ma sul dibattito che l’evento suscita. La prospettiva dell’evangelista mette in chiaro che il vero peccato è l’incredulità, dunque non tanto o semplicemente un atto, ma una opzione, un atteggiamento tendenzialmente stabile. E la luce che viene rifiutata è una luce ‘sconcertante’, opera una crisi e fa problema: la verità è rifiutata per la sua chiarezza, non per la sua oscurità.

La vicenda della luce/Gesù/Io Sono – che diventa sorprendente capovolgimento di vita per un cieco dalla nascita – in qualche modo definisce per il discepolo (per noi) una sorta di itinerario a più dimensioni: cristologica, ecclesiologica, sacramentale.

Cristologica. Il cieco comprende progressivamente che Gesù è un ‘uomo’, un ‘profeta’, è ‘da Dio’ e infine esclama: ‘credo, Signore!’. Non possiamo mai pretendere che la nostra fede sia un atto immediato di comprensione, di chiarezza, di ‘illuminazione’ assoluta; la vicenda del credere è piuttosto un lasciarsi condurre, per strade e momenti inattesi, per sentieri talvolta incomprensibili, per intuizioni e domande.

Ecclesiologica. Il percorso del cieco è per la chiesa (giovannea in primis) segno della propria illuminazione, della propria confessione e adorazione di Gesù il Signore. Non esiste una chiesa proprietaria di concetti, idee, affermazioni ‘assolute’: c’è sempre l’umiltà del sapersi chiamati, convocati, generati come popolo che cammina e – continuamente – interpreta la propria vocazione nel mondo, a partire dal dono dello Spirito nella Pentecoste (sia quando essa è evento solenne, sia quando è manifestazione feriale e quasi invisibile).

Sacramentale. Siamo ricondotti all’immersione nell’acqua, nello Spirito, provocata da un appello e un invio che genera un approdo e un inizio: il Battesimo, che consente di percepire sé, il mondo, l’umanità in un modo ‘altro’. Scrive Maria Zambrano: “Noi tutti nasciamo a metà e tutta la vita ci serve per nascere del tutto”. La Grazia che ci precede ci risveglia al riconoscimento di ciò che siamo, alla nostra verità non concettuale ma esistenziale; Cristo è colui che, nella sua umanità e nel dichiararsi ‘Io Sono’, permette all’uomo di cogliersi in pienezza e verità nel suo esistere.

Come scrive Giancarlo Bruni: «In Cristo la libertà è figlia della verità e il nome della verità è ‘amore’; libero è dunque l’essere umano che dice di sì alla verità del suo essere amato prolungando l’amore. Dio-luce invia il Figlio-luce a generare al mondo e per il mondo figli della luce a sua immagine e somiglianza, quelli che sono resi luminosi perché si lasciano prendere dall’Amore, resi capaci di un’esistenza luminosa nella dedizione verso l’Altro, il Padre, il Risorto, ogni creatura umana, ogni creatura generata. La vocazione dell’uomo è avere una visione alta del vivere».

2 risposte a “Chiamati a stare in piena luce”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Fa notizia e solleva scalpore che oggi tra bambini, degli innocenti, si faccia discriminazione “la luce che viene rifiutata è sconcertante, opera una crisi e fa problema: la verità è rifiutata per la sua chiarezza”. Infatti si parla di bambini che ricevono cure, sono amati, se da due padri, o da due madri resta in ombra quale la verità in ombra, nascosta. Come definirsi amore donato se non ha il volto di genitori: di uomo e di donna, riconoscibili in quella ricchezza che la diversità di coppia anche trasmette al figlio, di un amore che si fa nuova carne per questo unico. Non lo sanno oggi ma lo comprenderanno quando da adulti.lo conosceranno. Il problema non è stato trattato sentita la voce della Scienza la quale potrebbe informare di effetti formativi della persona; il futuro volto della societa, il riconoscere lo status di famiglia nuovo equiparato quella naturale. Quale Verità se non questa non viene tutta illuminata?

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si, Noi abbiamo occhi per vedere ma ciononostante camminiamo come ciechi, se non si crede a quel Gesu’che dopo aver spalmato con saliva e terra il fango sugli occhi ha detto al cieco “va a lavarti alla piscina di Siloe. Quegli andò, si lavò e torno’ che ci vedeva. A chi gli chiese come avesse la vista, rispose ciò che l’uomo Gesù gli aveva detto di fare e lui così aveva fatto e ci vedeva.””Oggi malgrado secoli di storia della Sua Chiesa non si crede operante la Sua Parola? Anzi di questa si muove obiezione, osta il perseguire modelli di vita, e altre nuove leggi si invocano più conformi a una moderna società. Ma è alla Luce di quella Parola che consente di vedere il buio verso cui ci si sta incamminando e spaventa sentirsi trascinati, un nuovo volto di società, ma a quale il suo futuro.?

    non sanno vedere il disfacimento di ciò che e fondamento per una umana società

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