C’è un ordine nell’amore?

Chiediamoci dunque oggi se quell’uomo della torre o quel re possiamo essere anche noi, quando entriamo nell’ascolto profondo del nostro corpo, che ci mette in un contatto pieno di noi stessi e della realtà circostante.
4 Settembre 2022

Oggi, a mio avviso, il Vangelo richiama fortemente la massima tanto nota di Sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi!”, massima, ritengo, tra le più fraintese che ci possano essere. L’invito infatti non è quello di approdare ad un amore libero che ci renda onnipotenti, quanto piuttosto di rendere ordinato l’amore secondo gerarchie che consentano davvero la pienezza di vita e il gusto di quello stesso amore.

L’amore infatti non può essere pieno, se non è giustamente ordinato. Così oggi l’ordine Gesù ce lo chiarisce molto bene: l’amore va collocato in una sorta di cascata dalla fonte della pienezza stessa, che è Lui stesso. C’è sicuramente un amore per il padre, uno per la madre, uno per i fratelli, che non vanno confusi tra loro, ma tutti prendono senso da un amore più grande, che in un certo senso è il grande spazio, come l’universo, in cui gravitano tutti gli altri sistemi dei corpi celesti, per usare una metafora astronomica. In fondo però questa dimensione cosmica ce la suggerisce la stesso libro della Sapienza nel brano della prima lettura: “A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo?”.

È un Amore, quello per Dio, con la A maiuscola, che esige la precedenza, in quanto è rivolto all’autore della Vita. Per questo Gesù può chiederci di amarlo più della nostra stessa vita, perché in fondo appropriandocene come padroni in autonomia, ci slegheremmo dal senso ultimo di ogni nostro moto, anche affettivo. Stupisce sempre, però, la concretezza con cui il Signore concatena i passaggi del suo discorso, che si colloca alla fine del capitolo 14 del Vangelo di Luca, durante un banchetto, dove il suo insegnamento ha risuonato con grande potenza e molti sono stati attratti dal Maestro e probabilmente vorrebbero seguirlo. Ma Gesù chiarisce questi punti, che compongono una sorta di richiesta esigente che la sua sequela comporta.

E l’esigenza sta in questo: prima di decidere di seguirlo, bisogna capire come e quanto lo si ama e se si è disposti a portare la croce seguendolo sul proprio personale calvario. Per questo Gesù pone due esempi, sempre luminosi nella loro dimensione esperienziale: l’uomo che costruisce una torre e il re che deve andare in guerra contro un altro re. Entrambi devono fare i conti con i loro mezzi, e soprattutto col loro ordine interiore: sembra tornare quel “Ama e fa ciò che vuoi”.

Si intravvede quasi, nella sua plasticità, quell’uomo che vuole costruire intento al calcolo dei suoi soldi e al conto dei tempi e dei materiali necessari alla torre, con il timore che, se i calcoli saranno sbagliati, i vicini rideranno della sua incapacità organizzativa. Uscendo dalla metafora c’è un profondo ascolto di sé, delle proprie ambizioni e prima ancora delle proprie inclinazioni, per riuscire a capire se riusciamo a mettere il Signore al centro delle nostre vite. Ancor di più quel re, che deve decidere se attaccare o mandare messi per patteggiare con un nemico troppo potente che lo vincerebbe sicuramente.

Proviamo a chiederci chi sia dunque quel nemico interiore con cui anche noi dobbiamo fare i conti, decidendo se combatterlo o fare un patteggiamento saggio per ammorbidire le nostre durezze o accettare dei limiti, forse quelli stessi che S. Paolo in altra pagina definirà le nostre “spine nella carne”. E il calcolo, in queste due metafore di vita, è la sapienza vera che serve proprio a quella rinuncia a tutti i nostri averi per essere “suoi discepoli”. La prima lettura, in fondo, ci aveva spalancato una porta su questa dimensione, con due domande luminose: “Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?”.

C’è un discernimento altro, una comprensione che viene definita “timida” se solo umana, con un aggettivo stupendo, quasi una figura retorica che sposta questa definizione, adatta ad un essere umano, a quella di un suo atteggiamento interiore. Timido infatti è il ragionamento umano, tentennante e “incerto”, perché mortale se legato ad un corpo desensibilizzato, che non sa ascoltare se stesso come principale via all’ascolto dello Spirito che risiede dentro di lui. Quel “Santo Spirito” che genera la sapienza nell’uomo e rende anche il suo corpo sapiente, capace di insegnare da dentro le inclinazioni più giuste. E torna l’aggettivo “ordinate” secondo il bene, in quanto creature “fatte bene” dal nostro stesso Creatore che ci ha creati con un corpo “significativo” che può guidarci ad una sapienza vera.

Chiediamoci dunque oggi se quell’uomo della torre o quel re possiamo essere anche noi, quando entriamo nell’ascolto profondo del nostro corpo, che ci mette in un contatto pieno di noi stessi e della realtà circostante. E come afferma oggi il Salmo: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.” Quell’ascolto integrale di sé è proprio questo contare i nostri giorni, capire fino a dove possiamo arrivare, dove ci stiamo facendo violenza, dove un atteggiamento ci stride dentro o ci conferma nella via da percorrere, anche con una reazione fisica che avvertiamo solo noi. C’è infatti un modo di ordinare gli affetti che nasce proprio dal comprendere fino in fondo che il nostro primo Amore, per cui ci batte il cuore, e per cui val la pena vivere e morire, è proprio solo il Signore… Che in fondo sia questa una delle più alte forme di “preghiera”?

 

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Una risposta a “C’è un ordine nell’amore?”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Chiara, sei sempre ‘solare’.
    Sai cosa mi ha ricordato il tuo post
    ( a parte che se manca il collegamento con Lui…)?
    Mi ha ricordato tanto s.Ignazio ed il suo ‘metodo’…
    Grazie

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