Astronomia, grammatica e geografia

Possiamo fare a meno della grammatica? Possiamo lasciare le giovani generazioni a digiuno di grammatica? Ma esiste una sola grammatica? Forse dobbiamo fare proprio come lo scriba di Mt 13,52
9 Aprile 2018

Quindici giorni fa ci avevo pensato: la luna è a metà (ho scoperto che tecnicamente si dice “al primo quarto”). Pensai tra me e me che il primo plenilunio di primavera, quello che comanda la data di Pasqua, sarebbe capitato proprio sotto Pasqua.

E la conferma l’ho avuta sette giorni dopo, al Sabato Santo. La luna era indubitabilmente piena. Sfidando il forte vento sono salito sul tetto a cercare di fare qualche foto. E intanto i pensieri andavano in libertà. “Questa è la notte…” ripensavo tra me e me; l’Exultet lo ripete diverse volte.

“Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia.” Una notte luminosa come il giorno, per simboleggiare che con la risurrezione di Cristo siamo entrati nell’ottavo giorno, quello che non conosce tramonto.

Quello della luce è tema ricorrente. L’Exultet si apre parlando di “terra inondata di così grande splendore” e si chiude con “Gesù Cristo… fa risplendere sugli uomini la sua luce serena”. Probabilmente il plenilunio attaccato alla Pasqua è un evento relativamente frequente, per cui non mi è parso che questo assist naturale sia stato sfruttato… forse è stato proprio ignorato.

“Luce serena”, un aggettivo non messo a caso. Tanto è vero che nella prima intenzione della Preghiera Universale del Venerdì Santo avevamo chiesto “in una vita serena e tranquilla, di render gloria a Dio Padre onnipotente”. Evidentemente è la Luce che dovrebbe rendere serene le nostre vite, togliendoci non la fatica, ma un po’ di incertezza nel pellegrinaggio terreno, anche quando ci tocca attraversare qualche valle oscura.

Inseguendo queste considerazioni, nel giorno di Pasqua e in quelli che sono venuti dopo, e confrontandoli con qualche spunto venuto dalla rete, sono arrivato alla conclusione che forse non è questione di astronomia, ma di grammatica. Molto probabilmente l’assist astronomico è stato ignorato perché il codice giusto per decodificarlo è nella grande tradizione dei testi liturgici e, diciamocelo con sincerità, questo codice lo teniamo un po’ da parte. Oppure è vero il contrario: possiamo accantonare lo spunto naturalistico, perché di “spiegare” la liturgia ci interessa poco.

A dire il vero non so neanche se sia corretto parlare di “spiegazione” della liturgia. Forse è giusto che i gesti parlino da sé (perché c’è il rischio dell’intellettualismo, che diventi solo cosa di testa e non parli a tutto l’uomo). Fatto sta che quelle parole e quei gesti, centellinati dalla sapienza della Chiesa per fare sintesi e orientare, alla fine cadono un po’ nel vuoto; il codice della liturgia rimane tra quelli meno praticati, specie tra le giovani generazioni; un pallino del tal prete che “ci tiene” (e da pallino a fissazione, che parla solo a sé stessa, il passo è breve), non un patrimonio fruttifero di tutti i credenti.

D’altra parte, in queste solennità capita che tornino ad affacciarsi nelle nostre chiese persone che vediamo di rado, i giovani che frequentavano assiduamente fino a pochi anni fa. Senza fare torto ai canali misteriosi della grazia, continuo a chiedermi se queste occasioni le “sfruttiamo” come si potrebbe, facendole diventare (ri)generative.

Questa tema della estraneità delle giovani generazioni alla preghiera comunitaria della Chiesa ogni tanto si affaccia anche qui su Vino Nuovo, in alcuni contributi nella sezione dedicata al prossimo Sinodo “sui giovani”. Eppure, io continuo a pensare che un minimo di formazione grammaticale alle giovani generazioni bisogni fornirla, prima che le lingue diventino troppo diverse e non ci si capisca per nulla.

È questione di fornire una mappa. Raccontare e raccontarsi in forma intellegibile.

Sapendo anche che di mappe non ne esiste una sola, non ne può esistere una sola. Ogni generazione ha le sue, ma tutte possono stare in un unico atlante, tutte devono interfacciarsi.

I più grandi se li ricordano ancora gli atlanti. Una raccolta di carte geografiche: il nostro pianeta raccontato a diversi livelli di ingrandimento. Poi le carte tematiche: carta fisica, carta politica, carta delle risorse economiche…

Ma le carte geografiche hanno una interessante particolarità: nessuna, da sola, è fedele. Era scritto nei libri di testo: una carta geografica dovrebbe rappresentare fedelmente aree, lunghezze ed angoli. Nessuna carta da sola riesce a farlo. Molto semplicemente perché la terra è rotonda e la carta sta in un piano. In breve, un oggetto sferico, la terra, trascende le nostre capacità di rappresentazione in piano.

Come metafora per molte cose della vita (e della fede) non è male.

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