Apriti!

Forse è proprio attraversando le moderne Decapoli in compagnia di Gesù che otteniamo la grazia di ascoltare e la grazia di parlare.
5 Settembre 2021

«Effatà», cioè: «Apriti!». Evidentemente è questo il cuore del brano di oggi.

Ancora una volta troviamo il ricordo indelebile delle parole pronunciate da Gesù. Il ricordo ricco di emozioni in chi raccontava alle prime comunità di discepoli sveglia in noi, discepoli del XXI secolo, il desiderio di conoscere quella voce, la voce dell’Uomo le cui parole scaldano il nostro cuore e danno un senso alle nostre giornate. Tuttavia, per mille motivi, non è il caso di indugiare in questo sentimento che ci proietta alla fine del nostro pellegrinaggio terreno: il comando del Signore riguarda l’oggi.

Apriti!

Nel miracolo di guarigione di un sordomuto sono due i varchi che devono essere aperti: nella barriera che impedisce di udire, nella barriera che impedisce di parlare. Sappiamo bene che le due cose non sono indipendenti: si parla dopo che si è ascoltato; eppure ciascuna barriera ha le sue peculiarità.

Apriti, all’ascolto e all’annuncio!

La Chiesa ha applicato questo comando alla Parola per eccellenza. Trasfigurando e arricchendo le umanissime attese dei genitori, la liturgia del battesimo dei bambini, si conclude proprio con il rito dell’Effatà: il Signore … ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede… Ma lo sappiamo che questa faccenda di ascoltare la Parola e professare la fede ce la raccontiamo pacificamente fino alla prima comunione, se tutto va bene. Man mano che si cresce diventerà tutto più complicato, il circuito virtuoso ascolto-annuncio sembra ostruito. Difficile creare occasioni di ascolto, e, pur in presenza di esse, non è facile rendere ragione, in parole, della speranza che è in noi.

Apriti!

Il comando del Signore non riguarda solo la Parola. Ciascuno, in mille contesti, fa esperienze di non ascolto. Non mancano i suoni, si ode, ma non è detto che ci si ascolti. In quanti dialoghi uno degli interlocutori (o entrambi) non ascolta, o sembra che stia recitando un monologo, indifferente alle parole dell’altro? E, allo stesso modo, facciamo esperienze dei silenzi. Il silenzio di chi è stanco di non trovare ascolto, o non ha fiducia di trovarlo. Magari è una persona cara; perché non parla? con chi parla? Possiamo essere partecipi dell’angustia del suo spirito, eppure siamo disarmati, incapaci di lenirla. Altri silenzi li intuiamo, quando le parole debordano per compensare lunghe solitudini. Dunque vorremmo farci eco di questo invito: Apriti! apriti con fiducia! come certi fiori “amici del sole”.

Apriti, Chiesa! apriti, Chiesa che sei in Italia!

Questa volta davvero non possiamo ignorarlo il discorso comunitario. Il discorso dell’apertura riguarda tutti i livelli e i momenti della vita ecclesiale. Però per noi, in questo tempo, l’invito ad aprirsi vale in un modo particolare. La Chiesa italiana si avvia sul percorso sinodale. E cosa dovrebbe essere il Sinodo, se non un’occasione speciale, di ascolto e di parola? Ascolto per chi di solito parla, parola per chi di solito non può fare altro che ascoltare. Ascoltare, con delicatezza d’udito, tutti; parlare, con delicatezza e rispetto, a tutti. Questo discorso vale ad intra; vale per quelli che sono ai margini, gli irregolari; vale ad extra. Apriti! dice il Vangelo; Chiesa in uscita, fa eco la predicazione del Papa.

A proposito di cristiani e di Chiesa che parlano, nel racconto del miracolo c’è un avverbio prezioso: correttamente. Possiamo, anzi dobbiamo, dare prova di fede, fede nella presenza dello Spirito, che ci farà parlare correttamente, proprio come fa il sordomuto guarito. Se, consci del limite, delle espressioni disarticolate, rimaniamo esitanti, in attesa della parola limata alla perfezione, ineccepibile nei modi e negli argomenti, va a finire che si tace indefinitamente.

In tema di apertura, è il vangelo a fornirci un’ulteriore suggestione. Proprio all’inizio leggiamo: Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Se prendiamo una piantina, ci rendiamo conto di quanto sia improbabile questo itinerario.

Se, da Tiro, Gesù voleva raggiungere il mare di Galilea, ossia il lago di Tiberiade, perché mai fare tutto quel giro? Si sono confusi i ricordi, in fase di redazione dei vangeli, oppure è andata davvero così?

Sappiamo che i “soggiorni all’estero” non erano altro che “viaggi di istruzione” per il gruppo dei discepoli, senza troppi disturbi da parte della folla, dei followers diremmo oggi. Ma qualche dubbio legittimamente può rimanere. Comunque sia andata, a me sembra che, in quelle due righe di “geografia biblica”, anch’esse Parola di Dio, possiamo trovare un insegnamento. Nel territorio della Decapoli la fede ebraica era minoritaria e il Maestro non ha esitazioni ad attraversarla, e sembra farlo deliberatamente. Non è anche questo un insegnamento a sostegno di quanto si diceva sopra, a proposito di Chiesa in uscita?

Anche noi ci troviamo ad attraversare terre straniere. Forse è proprio attraversando le moderne Decapoli in compagnia di Gesù che otteniamo la grazia di ascoltare e la grazia di parlare. In una sola parola, la grazia di dialogare; col nostro prossimo, e quindi anche col Signore.

3 risposte a “Apriti!”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …..quando appunto, il celebrante fa l’omelia, se la parabola viene aperta all’oggi, alla vita e accadimenti dell’uomo di oggi, diventa è fa scuola a noi oggi, Cristo parla a noi pecore sperse nel mondo che ci troviamo a vivere oggi. L’orecchio dei presenti improvvisamente viene toccato e si fa attento, l’intelligenza assorta in se stessi si apre all’ascolto. Non è forse così che il Messia ha fatto nelle strade percorse? Magari ha trovato la stessa situazione, di tanti pensarci diversi, dove far calare la Sua Parola. E gli facevano domande, e anche lui si spazientiva magari al fatto che non capissero malgrado i segni che egli compiva per farsi intendere. Certo se il fedele sente parlare di cose vicine al proprio vissuto la parabola non sarebbe più racconto di un passato diventerebbe Vangelo vivo, efficace per convertire nell’oggi. La Messa diventerebbe incontro e magari si riempirebbero le navate.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E il Santo Padre come Gesù si impegna, va per portare linfa spirituale in una Europa che oggi parla lingue diverse e non sempre senza attriti interni. Lo Spirito viaggia dunque anche oggi determinato a non porre tempo a dare quel sostegno spirituale necessario, a non far mancare quel tanto di saggezza cristiana che tutti i Paesi formanti l’Europa hanno avuto segno indelebile nella loro singola Storia passata. L’unione è una bella Aspirazione, significa poter realizzare un benecomune e per questo importante essere presenti al tavolo dove si discute del bene cui i popoli aspirano, vivere in pace affratellati da sentimenti di reciproco sostegno. Cosa fare da parte nostra se non essere attivi a cominciare dall’ambone di ogni singola parrocchia, perché è importante che ogni fedele sia coinvolto nella azione che in alto si sta realizzando, così anche la preghiera sarà univoca a Dio.

  3. Paola Buscicchio ha detto:

    Aprite le porte a Cristo, mirabile messaggio di un Papa che ci ha sospinti verso una nuova era quella della comunicazione.
    Il mondo com’era non è più, oggi i lontani si sono fatti vicini, prossimi a noi.
    Lo dicono le folle affamate che premono ai nostri confini geografici.
    Hanno fame di testimonianze vere.
    Di condivisione, di mettere pane e non discorsi vuoti nelle loro mani.
    Un nuovo mondo inizia carico di aspettative: sapremo cogliere?

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