La Via Crucis degli Artisti

Con opere poco note ma visionarie, cioè capaci di immaginare cose non viste dagli evangelisti. E di suscitare un pensiero…
10 Aprile 2020

I STAZIONE. Gesù viene abbandonato dai suoi

«Pietro gli disse: “Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai”. Gli disse Gesù: “In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte”. Pietro gli rispose: “Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò”. Lo stesso dissero tutti i discepoli» (Mt 26,33-35).

 

I primi passi della Passione, Gesù li muove in casa; anzi, in giardino. Dove, uno per uno, i suoi si sfilano, ciascuno con le proprie ragioni. Sì, le prime lacerazioni vengono da fuoco amico: si comincia con l’incapacità degli apostoli di tenere gli occhi aperti, proprio mentre Gesù prega il Padre d’essere tutti una cosa sola. A seguire, la svendita dell’amicizia da parte di Giuda e il fuggi fuggi degli altri amici. Per non parlare dello sfaldamento di Pietro, lui che doveva essere la roccia incrollabile. Che scorda completamente la non-violenza del maestro – capace, invece, di misericordia verso il nemico – e, poco più tardi, nega persino di conoscerlo. Per tre volte. La via crucis non può che partire da dentro casa, per far memoria di come Gesù venga lasciato solo.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più fedele, può essere un Pietro.

A cui bastano cinque minuti di sbandamento

per non ricordare più nulla

delle ore, dei giorni e degli anni

passati ad ascoltare Gesù.

Abbi pietà di noi, Signore,

quando siamo così deboli e impauriti

da smarrire le tue parole.

Padre nostro…

 

II STAZIONE. Gesù viene giudicato irrilevante

«Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: “Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte”» (Lc 23,13-15).

 

Pilato, che gira il volto dall’altra parte, è la maschera dell’indifferente perché –prima ancora di lavarsi le mani – non vuole vedere. Il corpo che si scansa dice le vere intenzioni dell’uomo, nonostante lui sia convinto di interrogarsi…

Invece di provare a capire il buono che c’è in Gesù, Pilato va in cerca del poco di buono. Poi, non trovando colpe da imputargli, si rimette al parere della maggioranza. Non è onestà intellettuale, la sua, se non sa girarsi verso il bene. Il male non è solo trasgredire una legge o un comandamento: è anche non decidersi per il bene.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più fedele, può essere un Pilato.

Che, quando è ora di scegliere il bene,

si volta dall’altra parte. Fingendo di non aver saputo,

di non aver visto, di non aver sentito bene…

Scuotici, Signore, quando cadiamo anche noi

nella tentazione dell’indifferenza;

e magari facciamo pure finta di pensarci su,

per poi dire «Ci pensi un altro».

Padre nostro…

 

III STAZIONE. Gesù viene caricato della croce

«Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota» (Gv 19,16-17).

 

Quando Gesù la tocca, capisce che la croce non ha niente di simbolico. Che bisogna portarla, non guardarla. Che è fatta di un legno tutt’altro che liscio, ben lontano dalle croci dell’arte, dorate o gemmate. Che pesa come il piombo e scortica le mani e le spalle. Gesù intuisce che, se è già penoso trascinarla per la strada, sarà ancora peggio quando i chiodi uniranno la carne al legno. E sembra che ci guardi, per chiedere aiuto.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più infedele, può essere un povero Cristo,

un uomo sfigurato che non si può guardare.

Non ci abbandonare, Signore,

ogniqualvolta incontriamo uno così.

Non lasciarci pensare che «se l’è cercata».

Aiutaci a restare umani, immaginando ogni persona

nei suoi momenti più alti,

nel bene che ha fatto

e nel bene che sarà ancora capace di fare.

Padre nostro…

 

IV STAZIONE. Gesù viene alleggerito da Simone di Cirene

«Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo» (Mc 15,21).

 

A seguire Gesù, accanto al Cireneo, sono due ragazzi. Che magari, pochi giorni prima, erano in mezzo a un’altra folla, a fare ala allo stesso uomo. Con la differenza che, allora, la folla osannante lo precedeva, stendendo a terra rami di palma e mantelli. Ora i ragazzi ritrovano l’uomo trattato come una bestia da macello e non capiscono. Vorrebbero chiedere spiegazioni al padre, che però non può rispondere, con quella croce in spalla che i soldati gli hanno imposto di portare. Alessandro e Rufo, i figli del Cireneo, sono citati da Marco, di solito restio a far nomi: potrebbe averli ritrovati, già grandi, quando accompagnò Pietro a Roma. Che il Rufo a cui Paolo manda un saluto speciale nella Lettera ai Romani, sia uno di loro? Forse si è fatto cristiano dopo aver appreso dal padre a sollevare la croce di un altro.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più infedele, può essere un Cireneo.

Su cui qualcuno, senza chiedere permesso,

scarica i pesi di un altro.

Facci capire, Signore, che il bene è bello,

anche quando sembra un’imposizione,

anche se non si riceve una medaglia

e tanto meno un grazie…

e che il bene non si può fare senza voglia,

non vedendo l’ora che finisca.

Non lasciarci cercare delle scuse,

convinti di avere di meglio da fare.

Padre nostro…

 

V STAZIONE. Gesù, in croce, viene riconosciuto nella sua grandezza

«Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,39-43).

 

Mentre Gesù sembra sconfitto nettamente, a dargli fiducia sono due atei, nemmeno congeniali tra loro: un militare e un delinquente… sicuramente non due stinchi di santo. Essi, invece di chiedere a Gesù di fare l’onnipotente, pur di vincere, si accorgono che la sua dote più importante è la capacità di amare, che è una capacità di perdere e di perdersi.

Lo slancio verso Gesù rende liberi, al punto che non ci sono più corde a tener legato il malfattore.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più infedele, anche chi non è santo,

può accorgersi di te.

E pur senza arrivare a sentirti fratello,

capisce di somigliarti in qualcosa.

Mantienici, Signore,

questo piacere di conformarci a te.

Padre nostro…

 

VI STAZIONE. Gesù muore in croce

«Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto”. E, chinato il capo, donò lo Spirito» (Gv 19,30).

 

In una delle crocifissioni più antiche della storia dell’arte, l’albero della vita è posto accanto all’albero della morte, quello a cui Giuda si è impiccato. L’accostamento non è inopportuno, perché mette a confronto due fini tragiche: a ogni legno è appeso un uomo, ma, mentre uno s’è dato la morte, l’altro ha dato la vita. E, con la vita, ha donato lo Spirito. «Alla fine rimarrà solo una cosa, cioè l’amore che nei nostri pensieri, nelle nostre preoccupazioni, nei nostri desideri e nelle nostre speranze abbiamo avuto. Tutto quello che non abbiamo pensato e sospirato per amore, tutti i pensieri, tutta la conoscenza, tutti i discorsi senza amore finiscono. Solo l’amore non finisce mai» (Dietrich Bonhoeffer).

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più fedele, può essere un Giuda.

Che si sbarazza di te, quando non gli piaci più,

forse convinto d’essere lui il tradito da te.

Abbi pazienza, Signore,

quando, senza capirti, appioppiamo a te

idee e parole che sono solo nostre,

senza cogliere il tuo messaggio d’amore

verso chiunque, anche verso il nemico.

 Padre nostro…

 

VII STAZIONE. Gesù viene deposto nel sepolcro

«Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria» (Mt 27,59-61).

 

A tirare Gesù giù dalla croce non c’è solo Giuseppe di Arimatea. Sono presenti delle donne, che, pur avendo paura, sentono come tutta la storia di Gesù sia un tesoro inestimabile, che vale assai più dell’epilogo. Sentono come non sia giusto far finire l’amore in un’immagine di morte e già ora lo innalzano verso la vita che risorge.

 

Signore, ciascuno di noi,

anche il più infedele, può essere una delle donne

che non lasciavano mai Gesù.

Fa’ che, come Maria di Betania,

spandiamo sempre un profumo di risurrezione.

Fa’ che, come tutte le donne,

manteniamo la vocazione a far nascere la vita

e a farla rinascere.

Padre nostro…

 

Le opere:

0. Hans Memling, Passione (di Torino), 1470-71 ca., Torino, Galleria Sabauda.

1. Scuola giottesca emiliana, La preghiera nell’orto e la cattura di Gesù, 1350 ca., Pomposa (FE), abbazia di Santa Maria.

2. Gesù e Pilato, sarcofago del 350 ca. (dalle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina), Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.

3. Pietro Lorenzetti (attrib.), Andata al Calvario, 1330 ca. (dalla chiesa di Santa Margherita), Cortona, Museo diocesano.

4. Eric Gill, Portare la croce, 1926, Londra, Tate Gallery.

5. Tiziano Vecellio, Cristo e il buon ladrone, 1563 ca., Bologna, Pinacoteca nazionale.

6. Giuda impiccato e Gesù crocifisso, 420-30 ca., avorio, Londra, British Museum, collezione Maskell.

7. Fausto Melotti, Deposizione, 1933, bronzo, collezione privata.

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