The economy of Francesco: parte seconda

Andare oltre l'homo economicus, per uno sviluppo umano integrale
10 Dicembre 2020

Dopo aver analizzato, in un primo articolo, alcuni degli aspetti presentati al convegno The economy of Francesco, pare importante procedere nel ragionamento e considerare una delle figure teoriche ipotizzate negli studi economici e da cui nasce anche una mentalità distorta e non veritiera della natura umana: l’homo economicus. Tale essere è presentato in sintesi come un individuo che agisce solo per un proprio tornaconto personale, calcolando i benefici e i costi del proprio agire e usando esclusivamente questi come criteri per la sua vita; esso è una caricatura estremamente imperfetta e che non spiega la complessità della natura umana. Per smentire il concetto di homo economicus è sufficiente osservare meglio la realtà e porre ad esempio attenzione sulla famiglia, dove al contrario le scelte non avvengono sulla base dell’efficienza economica o su quella di un proprio tornaconto personale (estremizzando, per rendere più chiaro il concetto, si può concludere che per una coppia sposata la scelta più efficiente di carattere economico non è quella di prendersi cura dei figli ma, al contrario, di non farne[1]).

Osservando la situazione nel nostro Paese e rimanendo nelle tematiche presentate, la famiglia è vista non come una grande opportunità per lo Stato ma la sua presenza è semplicemente sopportata: certamente qualcosa sta iniziando a cambiare, nonostante si abbia una politica fatta da bonus e non delle vere e proprie politiche familiari. Il problema principale della famiglia è attualmente quello di carattere demografico, che certamente presenta motivi culturali ma non solo: l’insicurezza economica è uno dei motivi principali per il quale le famiglie scelgono di non fare figli, “rimandando” ad un momento successivo, o di farne meno di quelli desiderati.[2] Tra i tanti esempi per sostenere questa tesi basta proporne uno, per capire quanto la famiglia sia fuori dall’agenda politica ed economica è semplice: essa non è considerata dal punto di vista fiscale, al contrario ad esempio di altri Paesi come la Francia, dove, esistendo il Fattore famiglia (più volte proposto dal Forum delle associazioni familiari) le famiglie sono meglio tutelate e sostenute.

In Italia c’è una ricca presenza del settore no profit, e non può quindi passare inosservato il monito del Papa per tale settore: «Non basta neppure puntare sulla ricerca di palliativi nel terzo settore o in modelli filantropici. Benché la loro opera sia cruciale, non sempre sono capaci di affrontare strutturalmente gli attuali squilibri che colpiscono i più esclusi e, senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare. Infatti, non si tratta solo o esclusivamente di sovvenire alle necessità più essenziali dei nostri fratelli. Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale»[3]. Il terzo settore, pilastro durante la crisi economica e anche durante la pandemia (per quanto riguarda l’assistenza ai poveri, vecchi e nuovi), non può essere considerato solo come una “pezza” che tappi i buchi là dove lo Stato non riesce ad arrivare: è necessaria infatti un’ottica sussidiaria, non di assistenzialismo perpetuo e lesivo della dignità delle persone, per chi non riesce a provvedere al proprio sostentamento. Come dice Papa Francesco, c’è bisogno di una risposta più strutturale e meno assistenzialista; a tale proposito è utile evidenziare l’esperienza del Fondo Famiglia Lavoro della Diocesi di Milano, nato sotto l’episcopato del Cardinale Tettamanzi, proseguito con il Cardinale Scola e rinnovato con l’attuale arcivescovo Delpini: tale fondo nasce in primo luogo come risposta dell’arcidiocesi (tramite la Caritas) per contrastare la crisi economica del 2008 che aveva fatto perdere a molti il lavoro e, quindi, lo stipendio necessario per vivere. Dato il perdurare della crisi, il Fondo si è poi sviluppato non solo come una misura temporanea e assistenziale (una “boccata d’ossigeno” in attesa del termine della crisi, più lunga e grave di quanto si potesse immaginare), reinventandosi e divenendo anche un mezzo per reintrodurre nel mondo del lavoro coloro che l’avevano perso, tenendo sempre anche una dimensione più assistenziale.[4]

In conclusione, è importante ribadire quanto la presenza cristiana, non sia solo importante ma necessaria per lo sviluppo, anche economico, dell’umanità intera; è utile quindi ricordare uno dei moniti di Benedetto XVI: «I cristiani combattono la povertà perché riconoscono la dignità suprema di ogni essere umano, creato a immagine di Dio e destinato alla vita eterna. I cristiani operano per una condivisione equa delle risorse della terra perché sono convinti che, quali amministratori della creazione di Dio, noi abbiamo il dovere di prenderci cura dei più deboli e dei più vulnerabili. I cristiani si oppongono all’avidità e allo sfruttamento nel convincimento che la generosità e un amore dimentico di sé, insegnati e vissuti da Gesù di Nazareth, sono la via che conduce alla pienezza della vita. La fede cristiana nel destino trascendente di ogni essere umano implica l’urgenza del compito di promuovere la pace e la giustizia per tutti»;[5] per un mondo più umano serve una fede che generi cultura e nuove idee, senza prescindere dalla realtà, dando cioè ricette apparentemente giuste, corrette, ma utopiche e che rischiano di divenire ideologiche (e questo può essere il rischio dei dieci punti finali presentati l’ultimo giorno dell’evento,[6] sicuramente condivisibili ma che devono essere un punto di partenza per creare i processi che chiede il Papa, per non apparire staccati dalla realtà presente), con la coscienza che «idea, per me, povero prete di campagna, è una lampada che si accende nella notte profonda dell’ignoranza umana e mette in luce un nuovo aspetto della grandezza del Creatore»[7].

[1] Cfr. L. Mlčoch, Family Economics, 2017.
[2] Cfr. Forum delle associazioni familiari, Patto x la natalità, 2018.
[3] Cfr. Francesco, Evento internazionale online: The economy of Francesco – i giovani, un patto, il futuro, Videomessaggio del Santo Padre ai partecipanti all’incontro, 2020.
[4] Per maggiori informazioni si consulti il sito https://www.fondofamiglialavoro.it/#tve-jump-170fda28ced
[5] Benedetto XVI, lettera al Financial Times (20 dicembre 2012).
[6] Cfr. https://francescoeconomy.org/it/final-statement-and-common-commitment.
[7] G. Guareschi, Don Camillo e il suo gregge, pag. 2, Superbur narrativa, gennaio 2001.

5 risposte a “The economy of Francesco: parte seconda”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    C’è una altra piaga che con la Sanità andrebbe curata capillarmente ed è proprio la Famigliacon figli “povera”, non intendendo quella povera per mancanza di cibo, ma quella dov’è i bambini disertano la Scuola,non sono presenti iscritti nell’anno, quelli che non sono raggiunti da interesse verso la loro presenza. Una Provvidenza di interesse ad andare incontro con ogni sussidio utile perché questi anagraficamente presenti, lo siano anche nei banchi di scuola, cercati se occorre ai quali fare accoglienza nelle aule o, anche raggiunti al loro indirizzo. Mi sembra che questo debba essere un dovere morale e sociale da porre in agenda prioritaria tra i piani di sviluppo integrale del Paese, guardando a quei luoghi spersi e in quelle regioni dove più esiste questo “GAP”, di assenti giustificati per motivi che non fanno onore si vuole ancora chiamare il ns.Paese, come civile al giorno di oggi e non soltanto per singoli eroismi o glorie passate.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Suona ormai inutile perfino il tono soft usato finora dai virologi in rispetto alla voce politica che pretende non essere superata, in quanto la realtà di un virus (buco nero) si impone dura e cruda, provoca lacrime e inferisce sulla esistenza stessa della natura umana Questo sta succedendo e la Chiesa si trova al capezzale dei Popoli sofferenti, agisce con l’unguento di cui dispone a medicare e fare il suo possibile, p alzare il velo su tutte queste realtà scopre come anche la Organizzazione medico-scientifica, ciò che mina la salute del corpo e dello spirito di popolazioni alle cui cure si affidano uomini , ovunque abitanti il pianeta. Ella e’delegata per sua natura a esercitare amore nella cura ai Fratelli; e con la Scienza insieme cooperando, confermano la veridicità della causa, la priorità all’urgenza di intervento. “Amore efficace ai Fratelli, Carità luce a Verità , dovrebbe essere anche cuore dello spirito della Politica

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Amore efficace, politico,Carità politica,da Fratelli tutti (180 ), è pura Verità evangelica la quale a confronto con quella esercitata dalla politica di Stato laico, si distingue per avere un sentimento primo a muoverla, Amore per ogni uomo. Il fatto di sentirlo Fratello guarda al cittadino con una attenzione più profonda avendo a cuore di arrivare alle necessità del cuore, scoprendone le potenzialità che sono le stesse regole che muovono l’universo scientificamente studiato e sondato oggi . Luce quindi anche a scoprire i buchi neri, dove una umanità viene risucchiata, dove è l’amore a mantenere un equilibrio armonico di leggi che creano e moltiplicano la vita nel mondo in ogni sua componente esistenza. Se una Greta Thumberg, piccolissima voce solleva allarme per una natura in sofferenza, le Chiese pure alzano unite voce allarmata per una larga parte di umanità sofferente

  4. giuseppe Risi ha detto:

    … Quanto alla proposta, siamo ad una enunciazione (magari accattivante per gli utopisti e gli accademici senza responsabilità operative) di principi tanto alti da risultare accettabili da tutti… quindi applicabili da nessuno.
    Occorre attivare processi, si dice, ma per farlo bisogna applicarsi di più alle realtà, riconoscendo anche i lati positivi dell’economia e delle sue regole e provando a costruire principi, programmi, risorse, regole, soggetti responsabili, ecc.
    Altrimenti saremmo sempre tutti d’accordo ad applaudire enunciati che non si realizzeranno mai, nemmeno in minima parte

  5. giuseppe Risi ha detto:

    Ho letto la “Fratelli tutti” e il manifesto finale di “The economy of Francesco”: sono francamente molto perplesso sia sui toni che sui contenuti.
    L’analisi appare datata, sembra scritta nella seconda metà del novecento, tutta giocata tra ricchi e poveri, quasi rispolverando un certo classismo per il quale il ricco è sempre colpevole in quanto usurpatore dei poveri e mai meritevole di ammirazione per le risorse che è stato capace di sviluppare. E il povero in quanto povero avrebbe diritto a sedere nei CdA delle multinazionali per piegarle all’assistenzialismo.
    Mi pare che la realtà, anche quella storica, sia un po’ più complessa e sfumata, ma nel mondo della comunicazione capisco che i ragionamenti articolati e i giudizi equilibrati non pagano.

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