Spesso, in questi giorni di quarantena, si è sentito giustamente parlare della solitudine degli anziani, categoria in questo momento così esposta al virus che ne mette in luce le inevitabili fragilità. Accanto agli anziani, si è sentito anche parlare delle difficoltà che vivono le famiglie, soprattutto dove gli spazi sono ristretti e i bambini sono piccoli (con un’opportuna precisazione di ieri del ministero dell’Interno circa la possibilità di passeggiare con i figli minori). Non sono mancati sui media, soprattutto di area cattolica, anche delle considerazioni sulle condizioni che vivono i sacerdoti, non solo in relazione alle celebrazioni senza popolo, ma anche sull’assenza di relazioni comunitarie quotidiane che essi avvertono in questo periodo.
Credo tuttavia che, in un discorso più completo, sia necessario tenere presente due categorie di persone che, come quelle sopra dette, vivono tutte le conseguenze negative della quarantena. Si tratta di due categorie piuttosto dimenticate nelle numerose parole ascoltate o condivise in questi giorni, ossia i single e le coppie di fidanzati.
Partiamo dai single: spesso si tratta di giovani, ma non solo. Alcuni single per scelta, molti di più perché la vita per vari motivi li ha portati a questa condizione esistenziale, soffrono ugualmente la solitudine, senza però avere spesso una rete comunitaria e familiare estesa come accade, ad esempio, ai sacerdoti o agli anziani. Anzi, non raramente essi, per quanto è consentito, si prendono cura di nonni o genitori. Hanno sì amici e colleghi, magari lavorano da casa, ma ogni colazione, pranzo e cena di questi giorni di sospensione vedono sulla loro tavola sempre e solo un piatto, un bicchiere, una forcehtta, un coltello. Si destreggiano tra videochiamate e chat, tra telefonate e mail, ma la presenza fisica di una persona a cui si vuol bene, soprattutto se l’età è ancora giovane, fa sentire tutta la sua mancanza. Perché ciò che magari tesse la trama dei giorni di un single, dal lavoro allo sport, andando a costituire il grosso delle relazioni, è ora impossibile. I single, sulla cui disponibilità spesso la pastorale ordinaria fa affidamento, rischiano di essere proprio dimenticati. Certamente non c’è rimedio: non possono uscire se non per le necessità previste dai decreti, ma insomma, in questi casi vivere da soli, soprattutto quando c’è una forte tensione che serpeggia per la società, non è cosa facile. Inoltre, può sorgere una preoccupazione: «se mi ammalo, se sarò posto in quarantena, chi si prende cura di me e delle mie cose?».
L’altra categoria è quella dei fidanzati: alcuni di essi vivono nelle famiglie di appartenenza, altri con coinquilini -magari studenti-, altri vivono da soli. Anche in questo caso, la quarantena va a incidere su ciò che caratterizza l’amore che va formandosi, ossia la presenza dell’altro. Anche qui ci potranno essere videochiamate o telefonate, piccoli riti, appuntamenti virtuali, scambio di mail: ma nulla può sostituire la presenza concreta della persona amata, di cui si sente nostalgia, desiderio, bisogno. Perché il legame di coppia è stato interrotto in ciò che ne costituisce il fondamento; certo, qualcuno potrà vedere in questo un’occasione per una ‘purificazione’, per un migliore discernimento, per comprendere cosa davvero lega i due membri di una coppia, per capire la profondità dell’amore che si sta vivendo. Ma è innegabile che, anche in questa situazione, ci sia una sofferenza. Manca infatti quella condivisione diretta delle fatiche e delle preoccupazioni che strutturano un rapporto tra due fidanzati. Senza contare quanti avevano progetti in corso di realizzazione, magari date di matrimonio fissate, case da scegliere o già scelte, decisioni importanti sui luoghi del futuro.
Ecco, sarebbe bello se nei pensieri che costellano le nostre giornate, e anche nelle preghiere che animano la nostra fede, potessimo ricordarci anche dei single e dei fidanzati: perché in qualche modo non si scoraggino, sentano di essere cercati, accolti e capiti dall’intera società.