Quanto ci coinvolgono le parole di Draghi?

Se non saremo disposti ad assumerci la responsabilità delle nostre scelte quotidiane, l’arrivo di un deus ex machina non servirà a nulla e ci resterà soltanto la mormorazione...
24 Febbraio 2021

Il discorso con cui il presidente Draghi ha chiesto la fiducia per il suo governo è stato appassionato, competente e lungimirante (oltre che “latimirante”, intendendo con questo neologismo una visione assai ampia nell’orizzonte geopolitico). I suoi riferimenti al volontariato e alle attività del Terzo settore, insieme alla esplicita menzione delle parole del Papa e delle attività della Caritas sono per noi cattolici un’interessante dichiarazione da un governo che, almeno nelle intenzioni, sembra partire con i migliori auspici.

Soprattutto mi ha positivamente colpito da un punto di vista metodologico: l’approccio posato e scientifico con cui il presidente ha presentato dati e numeri mi è sembrato efficace, utilizzando statistiche aggiornate e significative per descrivere la situazione del paese, e non, come spesso è accaduto finora, in maniera strumentale, o polemica, o palesemente falsa. Gli orientamenti politici competono ai singoli partiti, naturalmente, ma la base per muovere la progettualità deve essere l’analisi esatta della realtà, e su di essa non bisogna mentire.

Più in generale, il suo discorso mi è sembrato di ampio respiro: ha spiegato le priorità del governo, ministero per ministero, presentando gli obiettivi di una progettualità a breve, medio e soprattutto lungo termine. Ha ricordato al Parlamento le sue prerogative, in particolare nella situazione che stiamo vivendo, mostrando grande rispetto per le istituzioni democratiche. Ha dichiarato una grande apertura al dialogo internazionale (soprattutto europeo ed atlantico), ed ho trovato estremamente interessanti le parole spese in favore di un confronto sullo scacchiere mediterraneo (in cui l’Italia giocoforza ha un ruolo di primo piano) e della centralità del rispetto dei diritti umani, tanto nelle relazioni internazionali che nella pianificazione della gestione dei migranti. Ha sottolineato che perdere sovranità nazionale significa guadagnare “sovranità condivisa” in Europa, e ho trovato questo concetto tra i più stimolanti. Ha parlato di sviluppo sostenibile e cambiamento climatico, di diritti dei lavoratori, con particolare riguardo a quelli con contratti a termine; ha parlato di riformare la pubblica amministrazione e di formare i suoi lavoratori, di selezione per merito e di valorizzazione delle risorse culturali e naturali, di lotta alla corruzione e di efficacia della giustizia. Condivido la sua posizione sull’apertura alle donne, che deve essere meno “farisaica” (cit.) e più sostanziale e in questo senso mi ha sorpreso molto positivamente che abbia parlato, tra l’altro, di implementare l’azione dei consultori.

Ha invitato a valorizzare la nostra cultura umanistica e potenziare quella scientifica, in un’ottica di incontro tra le due (troppo spesso contrapposte crocianamente nei nostri percorsi di formazione); e, a proposito di scuola, ha sollevato la questione degli istituti tecnici, troppo spesso relegati ingiustamente a scuole di serie B, che invece devono essere messi in condizioni di esprimere tutto il loro grande potenziale. Ho notato anche un dettaglio, perché oltre i numeri anche le parole sono importanti: è da vent’anni circa che le scuole secondarie di secondo grado non si chiamano più “scuole superiori”. Finalmente le ho sentite chiamare con il loro nome!

Infine, tra gli aspetti più emozionanti del suo discorso c’è stato l’invito ad apprezzare le peculiarità del nostro paese troppo spesso sottovalutato o screditato da noi italiani per primi, o con le parole o con i fatti.

Il presidente ha raccolto diversi applausi, alcuni più convinti, altri meno, ma uno su tutti sarà il suo punto di forza: egli guida un governo legato all’approvazione parlamentare, non al gradimento di popolo, che al contrario tiene sotto scacco le forze politiche, sotto l’occhio compiacente di un’informazione tutto sommato mediocre e un elettorato più spettatore che cittadino.

Il quadro al momento sembra roseo: la celebrazione dell’uomo forte che salva l’Italia si è nuovamente consumata e noi facciamo finta di non sapere che intorno ad un Presidente del Consiglio c’è un intero Governo, i cui ministri devono lavorare con una squadra di sottosegretari e dirigenti, per rispondere poi al Parlamento del proprio operato. Il lavoro da fare è molto più grande e non riguarda una singola persona, per quanto competente e tenace possa essere. Capire questo mette persino noi semplici cittadini in maniera stringente davanti alle nostre responsabilità.

Ci aspetta ancora un lungo presente difficile, con un futuro del tutto incerto. Come ci poniamo di fronte a questa prospettiva? Quanto ci coinvolgono le sollecitazioni del presidente Draghi? Siamo consapevoli delle difficoltà che caratterizzano il nostro paese? Cosa siamo disposti a fare nel nostro piccolo? A quali comportamenti siamo disposti a rinunciare per un bene superiore? Se non saremo disposti nella nostra quotidianità ad assumerci la responsabilità delle nostre scelte e a farci carico del benessere del nostro intorno, l’arrivo di un deus ex machina non servirà a nulla.

È un po’ come accade nelle nostre parrocchie: se la comunità non è consapevole e matura, cioè in grado di assumersi le proprie responsabilità, il buon funzionamento della parrocchia dipenderà esclusivamente dalle capacità dal parroco, lui sì uomo solo al comando, e l’unico diritto di cui potremo avvalerci è quello alla mormorazione, che è proprio dei servi.

 

3 risposte a “Quanto ci coinvolgono le parole di Draghi?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Il Santo Padre ritiene sia necessario un Sinodo a partire da parrocchie, diocesi e questo sindacare cosa avviene tra il proprio popolo cristiano, può essere valido strumento di aiuto anche per una fattiva collaborazione agli interessi e piani di sviluppo del Paese., indipendentemente dal proprio credere. Si direbbe che vi sia necessità anche di principi cristiani a come vanno affrontati i problemi esistenti, Se si guarda ai rilievi che psichiatri e medici pediatri rilevano su quelli dei giovani, sembrano essere preoccupanti a mettere ombre sul futuro se non vanno gestiti. !e a questo vanno le premure del Capo di Governo, il loro vivere male incide sulle difficoltà e incertezza di guardare per lo stesso futuro del Paese. A ovviare richiede forza di spirito, coraggio alla pazienza, solidarietà invece che soggiacere a pretese volere impazienza Per collaborare ai piani di questo nuovo Governo, c’è bisogno di essere dotati di peculiari doti e di spirito e di esperienza umana.

  2. Dario Busolini ha detto:

    Alla fine, occorre far arrivare in Italia i soldi dell’Europa e su questo non mi stupisce che praticamente tutte le forze politiche si mostrino concordi. Quando poi questi soldi si dovrà cominciare a spenderli e ancor più a restituirli, allora credo che riemergeranno interessi e divisioni. L’azione del “deus ex machina” quindi, a parer mio, ha un obiettivo e tempi limitati, come limitata è la consapevolezza che ci aspettano più rinunce che contributi per tutti.

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Dopo un Consiglio d.m. in cui si è fatto il punto sulla gravità Covid, allungando ad es. Di un mese la chiusura delle regioni…
    Un Capo Politico subito si è esternato in perentorie richieste di riapertura di quasi tutto. Subito convocato da Draghi.. un’ora di.. immagino “cazziatone”, esce e … usa lo stesso linguaggio populista.
    Tra le speranze che Draghi mi suscita è che riesca ad isolarlo. Al più presto. L’Italia non ha bisogno, oggi, di simili vergogne. Non ne hanno bisogno tutti quelli che stanno pagando i ritardi e le incompetenze dei politici. Anche con la loro Vita.

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