L’Italia non l’ha ancora fatto proprio, il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari TPNW, che è stato votato all’ONU nel luglio del 2017 e che entra in vigore oggi, dopo che, nell’ottobre scorso, è stato ratificato dal 50esimo Stato (l’Honduras). Eppure ci riguarda da vicino, perché abbiamo 50 testate nucleari statunitensi immagazzinate nelle basi di Ghedi ed Aviano.
Un momento storico
L’entrata in vigore del Trattato è un passo avanti importante nella lotta alle armi nucleari, perché si tratta di uno strumento giuridicamente vincolante, che proibisce il possesso delle armi, oltre ovviamente all’uso e tutto ciò che ci ruota attorno: dai test, alla minaccia di usarle, all’immagazzinamento.
Attualmente possiedono armi nucleari Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina (cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite!) e inoltre Pakistan, India, Israele e Corea del Nord. All’inizio del 2019, erano quasi 14.000 le testate nucleari al mondo, il 93% delle quali sono di proprietà di Russia e Stati Uniti.
Il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari potrebbe davvero segnare l’inizio della fine per questi potentissimi strumenti di ricatto, soprattutto dopo che Trump ha lasciato la presidenza USA. Tra l’altro fra pochi giorni, il 5 febbraio, scade il New Start, che fu firmato nel 2010 da Russia e Stati Uniti per limitare il numero di testate e quello dei missili e che è stato importante per la non proliferazione degli armamenti nucleari tra i due Paesi. Biden, come Putin del resto, si è già detto disponibile a rinnovarlo, ma questa sarebbe una buona occasione per fare un passo avanti, tenendo conto del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari.
Gli appelli del papa
Anche i vescovi Usa hanno chiesto al presidente americano di considerare i negoziati per il disarmo nucleare una priorità assoluta. Da parte sua, Papa Francesco ha più volto posto il problema, per motivi morali («l’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario», ha scritto nell’enciclica “Fratelli tutti”), per un questione di giustizia sociale («quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari» si legge nel Messaggio per la Giornata della Pace 2021); o semplicemente come contributo alla pace («incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno», ha detto il 20 gennaio durante l’udienza generale).
Italia Ripensaci
È questo il momento di rilanciare la campagna “Italia Ripensaci”, lanciata nel 2017 da Senzatomica e Rete Italiana Pace e Disarmo, proprio per spingere il nostro Governo a intraprendere la strada del rifiuto delle armi nucleari.
Il 6 agosto 2020, nel 75° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima, il presidente Sergio Mattarella ha detto: «L’Italia sostiene con forza l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, attraverso un approccio progressivo al disarmo che preveda il responsabile coinvolgimento di ogni Stato. L’agenda internazionale non può prescindere da questo traguardo». Perché l’Italia non può ratificare il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari? Perché non può riaprire un dialogo con l’America di Biden a proposito di quelle 50 testate presenti sul nostro suolo?
Non solo il bando delle armi nucleari ma anche di tutte armi con risparmi enormi che andrebbero ad aiutare le economie dei paesi poveri