Marginalia

A volte ci si concentra su frasi marginali per nascondere il resto del discorso, altre volte bisogna fare riferimento ai margini per cogliere il centro di un discorso...
18 Maggio 2023

Perché il discorso che il fisico Carlo Rovelli ha fatto dal palco del Concertone del Primo Maggio ha destato così tante polemiche, al punto di far tentennare il presidente dell’Associazione italiana editori Riccardo Franco Levi riguardo la sua presenza alla Fiera del Libro di Francoforte? Il breve intervento (si può leggere per intero qui) è incentrato sull’incoraggiamento ai giovani e sull’economia della pace, che prevede l’investimento in scienza, scuola e politiche ambientali, ma non certo in armi: «sognate un mondo migliore e costruitelo».

Il passaggio che ha fatto sussultare più di qualcuno è il riferimento all’attuale Ministro della Difesa che, secondo Rovelli, è «stato per anni legato a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, la Leonardo» ed è stato «presidente della Federazione dei Costruttori di Armi». Queste affermazioni espongono semplicemente dei fatti, in maniera più o meno allusiva. È la frase successiva, in cui Rovelli accusa il Ministero di fare da piazzista di armi, che sì, forse in un contesto più istituzionale avrebbe richiesto un contraddittorio. Era questo il fulcro del discorso? Certo che no! Queste erano un paio di frasi istituzionalmente sgrammaticate inserite in un ragionamento più ampio: «invece di collaborare, cercare soluzioni, i paesi si aizzano uno contro l’altro, si provocano, si sfidano come galletti in un pollaio. Invadono paesi, soffiano sul fuoco della guerra, mandano portaerei a sfidarsi. La tensione internazionale non è stata così alta da molto tempo. Spendiamo 2 trilioni e mezzo di Euro all’anno in spese militari, una cifra inimmaginabile. Più del doppio di quindici anni fa. Impennate di spese militari così preludono alla guerra».

Facciamo un salto indietro di un paio di giorni: papa Francesco è in Ungheria. Pensando al repressivo governo (non diciamo regime) del presidente Viktor Orbán, in molti hanno riversato su questo viaggio aspettative importanti, riguardo non solo alla discutibile gestione delle politiche migratorie, ma anche alla repressione dei diritti civili che il governo ungherese sta mettendo in atto. Eppure un papa gesuita non può che agire come fece il missionario Matteo Ricci e «farsi cinese con i cinesi» (ungherese, in questo caso). Per captare la benevolenza degli uditori, ha speso i “gettoni” dei diritti civili per difendere in maniera potente la causa dell’accoglienza dei migranti (qui il testo del discorso). Il primo gettone è il contrasto alla «cosiddetta cultura gender», un concetto che non esiste nella realtà, il papa lo sa bene, ma può essere usato come specchietto per le allodole ultraconservazioniste, che si accontentano di sentirne parlare nei termini a loro graditi. Il secondo affronta un tema più delicato, ossia l’«insensato diritto all’aborto»: spiacevole scelta di termini, se si pensa a quelle donne in difficoltà nei paesi in cui l’aborto è fuori legge, che però possono essere letti come un arzigogolo da gesuita, perché uno stato democratico sancisce il diritto alla salute, e con l’aborto legale (che nei fatti è un’azione violenta) quello si va a tutelare: il papa lo sa bene. Sia come sia, non era lì per parlare di quello.

Anche qui l’attenzione mediatica, dando risalto a queste due concessioni, ha nascosto un discorso più ampio, che richiamava il governo magiaro a precise responsabilità: «è un tema, quello dell’accoglienza, che desta tanti dibattiti ai nostri giorni ed è sicuramente complesso. Tuttavia per chi è cristiano l’atteggiamento di fondo non può essere diverso da quello che santo Stefano d’Ungheria ha trasmesso, dopo averlo appreso da Gesù, il quale si è identificato nello straniero da accogliere. È pensando a Cristo presente in tanti fratelli e sorelle disperati che fuggono da conflitti, povertà e cambiamenti climatici, che occorre far fronte al problema senza scuse e indugi. […] Perciò è urgente, come Europa, lavorare a vie sicure e legali, a meccanismi condivisi di fronte a una sfida epocale che non si potrà arginare respingendo, ma va accolta per preparare un futuro che, se non sarà insieme, non sarà».

Ancora qualche giorno indietro: la segretaria PD Elly Schlein rilascia un’intervista a Vogue Italia (mensile di moda) suscitando ilarità e polemiche riguardo le sue scelte stilistiche. Il giornalista Nico Piro fa un po’ di contabilità e si accorge che «l’intervista è di 3764 parole (incluse didascalie foto) di queste 45 dedicate alla risposta sul power dressing (da cui la citazione dell’armicromia che ha fatto titolo ovunque), 1/80 dell’intervista. 293 caratteri spazi inclusi su 23749». Sul mainstream neanche una parola, in positivo o in negativo, sul contenuto dell’intervista, in cui si parla di accoglienza, ambiente e diritti civili. Citando l’amico Andrea Guerrizio in dialogo con Marco Tarquinio su L’Avvenire: «come purtroppo spesso accade, hanno fatto di una battuta di per sé irrilevante un’arma di distrazione di massa».

Ecco il punto che accomuna questi tre episodi: valeva la pena concentrarsi su frasi marginali per nascondere il resto del discorso? Forse per qualcuno sì, ma con la guerra che è rientrata prepotentemente in Europa (che noi fomentiamo senza combattere) e frotte di migranti che bussano alle nostre porte, grazie alle condizioni a cui la nostra economia li ha condotti, dare ascolto alle voci fuori dal coro può sancire la differenza tra la vita e la morte. Francesco ha parlato di trattativa al presidente ucraino Zelensky e se ne avesse modo lo farebbe anche con il presidente Putin. Resterà voce inascoltata, probabilmente, perché la pace è più difficile da costruire della guerra. Ha regalato la scultura di un ramoscello d’ulivo al presidente ucraino, ricevendo in cambio un giubbotto antiproiettile squarciato, con l’effige della Madonna dipinta sopra. Un oggetto a mio avviso di dubbio gusto, che fa riferimento ad una pace ancora lontana, relegata -appunto- ai margini del discorso. Chiosa Rovelli: «tutti dicono pace ma aggiungono che bisogna vincere per fare la pace, volere la pace dopo la vittoria vuol dire volere la guerra».

 

5 risposte a “Marginalia”

  1. Gian Piero Del Bono ha detto:

    «insensato diritto all’aborto»: spiacevole scelta di termini, se si pensa a quelle donne in difficoltà nei paesi in cui l’aborto è fuori legge, che però possono essere letti come un arzigogolo da gesuita”
    Cioe’ se non capisco male qui si accusa papa Francesco di non pensare veramente quel che dicesull’ aborto, , ma di dirlo per calcolo ,per strategia gesuitica
    Se cosi’ fosse….nulla di piu’ lontano da Cristo .

  2. Roberto Beretta ha detto:

    Da giornalista, non sono d’accordo. In nessuno dei tre esempi citati le frasi estrapolate dalla stampa si possono definire marginali. Non esauriscono la totalità del discorso, certo, e si può deprecare che passino come unico messaggio sui media; ma, al contrario di quel che si dice, sono assai indicative per farsi un’idea di quanto sta a cuore a chi le pronuncia. Il diavolo sta nei dettagli. Il discorso su pace e guerra poi richiederebbe commento a se’

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    – Ma ci siamo dimenticati di due grandi, in altri campi, che si sono spesi CONTRO le armi?? Si chiamavano:
    Albert Einstein e
    Bertrand Russell.
    – IT :
    mi hanno fatto notare i titoloni quando il ministro francese attacca… E i titolini quando il suo gran Capo fa da pompiere..
    Giornalismo malato o morente?
    Presto la I.A. lo soppianterà

  4. Paola Meneghello ha detto:

    Il pensiero del Papa va “oltre” uno schema divisivo..
    Vedere nel concetto per cui il genere è oggettivamente una percezione slegata dal corpo fisico una sottile ideologia, non significa essere per forza favorevoli al respingimento di persone che proprio un certo sistema occidentale sta portando alla disperazione. Diciamo che tutto è collegato, e non dobbiamo nasconderci che l’immigrazione così come gestita, divide gli ultimi dai penultimi anzichè favorire la comunanza per diritti comuni.
    Rovelli non ha parlato di torti o ragioni, ma di soluzioni..come fare la Pace
    volendo vincere a tutti i costi? E la sfida investe il complesso tema dell’accoglienza difendendo anche il proprio particolare. Questione di cambio di paradigma..liberazione come superamento della paura di perdere il proprio..dare/avere, o condivisione..umani o robot, questa sarà la sfida che ci permetterà finalmente di crescere o meno..

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Quando si vuole far conoscere il proprio intendimento tanto sono i stratagemmi inventati perché ai pochi o molti giunga il messaggio proprio come ha fatto il Pres.Zelensky. La visita al S.Padre è sembrata di cortesia, da non potersi escludere, in quanto il tour era finalizzato a sentirsi confermare quel sostegno in armi di tutti i partner europei necessario ad assicurare l’imprenscindibile obiettivo di Vittoria agli ucraini. Ma anche con determinata sicurezza respingere ogni intromissione sull’andamento bellico da chiunque sia pure di alto profilo e onorato intento venisse espresso a questo suo volere. Perfino al comune cittadino questo modo è sembrato soldatesco, da sentirsi tutti offesi, anche in considerazione di quanto sembri ingratitudine verso una Chiesa che tanto si e slanciata da subito in soccorso di quel popolo. e anche solo per questo disinteressato aiuto meritasse caso mai, risparmiata la inutile visita al Pontefice che solo poteva proferire Parola di saggezza

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