Ma che maschio sei?

I maschi sembrano essere coloro che sono più distanti dalle comunità LGBTQIA+. È effettivamente così? E nel caso, è un problema?
4 Luglio 2022

In questi tempi di grande fermento culturale e morale, in cui si stanno mettendo in discussione le certezze riguardo i più disparati aspetti della nostra esistenza (dalla nascita, alla morte, all’identità di genere), non riesco a capire come mai in alcuni contesti, più che favorire un confronto sereno e aperto, soprattutto tra i giovani che proprio con quei temi si confrontano quotidianamente, si risponda con chiusure e certezze inamovibili, che sanno più di slogan identitari che di vere e proprie prese di posizione.

Giugno, come molti sanno, è considerato il mese dell’orgoglio LGBTQIA+, ossia di tutte quelle persone che non si riconoscono nella semplice dicotomia maschio-femmina, ma che si riconoscono in una serie di sfumature più articolate; per chi è distante da certi ambienti alcune definizioni sono piuttosto difficili da capire, ma non per questo meno necessarie per coloro che vivono in prima persona condizioni identitarie cosiddette non binarie. Senza contare coloro che sono nati in uno qualsiasi degli stati di intersessualità, ossia quelle condizioni mediche rare, per cui un individuo si ritrova fisiologicamente o anatomicamente caratteristiche di entrambi i sessi (o di nessuno dei due). Si tratta in generale di situazioni che in un certo qual modo obbligano chi le vive a stravolgere le proprie certezze e le convenzioni sociali, costringendolo a dover definire faticosamente la propria identità. Insomma, la situazione è davvero complessa e necessita sempre di più di visibilità e riflessione, per evitare che dall’ignoranza scaturiscano fenomeni di violenza, di discriminazione e di sofferenza (come è accaduto di recente alla collega prof.ssa Cloe Bianco). Sorprende come ancora gli ambienti ultraconservatori si schierino contro una inesistente “teoria del gender”, senza capire che in realtà gli studi di genere (parola italiana che traduce l’inglese gender) sono riflessioni scientificamente fondate, che si muovono a cavallo di più ambiti (dall’antropologia, alla sociologia, alla psicologia, a molte altre discipline).

Quello che forse sorprende un po’ meno è che nell’abbondanza di simboli che formano l’acronimo di riferimento non siano riportate lettere che si riferiscano a donne e uomini “cis” ed “etero”, ossia che si identificano mentalmente con il proprio genere fisiologico e rivolgono le proprie attenzioni affettive a persone di sesso opposto. Si dà forse per scontato che queste siano condizioni in qualche modo “normali”, che non necessitino di vere riflessioni per definirne l’identità. Eppure a presenziare i diversi pride che sfilano nelle città c’è quasi sempre una madrina donna, cis ed etero, riconosciuta come simbolo del rispetto arcobaleno: da Raffaella Carrà, ad Arisa, a Elodie, a tante altre. Insomma, la cosa più distante dalle comunità LGBTQIA+ sono evidentemente i maschi, cis ed etero.

Trovandomi in questa condizione, non posso che sentire la cosa come un problema; un problema mio, naturalmente, che mi riconosco come uomo, ma che mi sento pacificato ed in equilibrio con la mia parte femminile. Che conosco il valore di una norma, ma so come non diventarne succube. Che rispetto la tradizione ma cerco di adattarla al presente per proiettarla nel futuro. Che mi interrogo sulla mia identità, pronto a rinnovarmi ogni giorno (parafrasando Gaber). Che da padre sento la responsabilità di dover definire i confini delle cose, pur con la consapevolezza che mio figlio cercherà per tutta la vita di valicarli, a costo della sua (e della mia!) tranquillità. Consapevole che, come succede al personaggio di Han Solo di Star Wars, potrei dover sostenere la mano di mio figlio nell’atto -simbolico!- di uccidermi. Da uomo, mi pongo il problema che tutto ciò solitamente non rientri nella “normale” crescita e ricerca di identità del maschio medio, che invece mostra più frequentemente il suo volto arrogante e violento, ancorato ad un sistema che lo privilegia a discapito di tutti gli altri. Le fiabe tradizionali guidavano i giovani uomini a crescere in questa prospettiva, ma adesso abbiamo poche narrazioni che ci vengono in aiuto.

La Chiesa, configurandosi di fatto come un’istituzione a guida maschile, può ricoprire un ruolo molto importante in questo contesto. È capace di entrare in questa riflessione? È in grado di offrire un modello di maschio sano ed equilibrato, magari anche ironico e non dogmatico, che sappia accettare l’alterità per entrare in un dialogo generativo e fecondo? Un maschio che sia saldo ma non rigido, aperto ma non ambiguo, leggero ma non superficiale.

Mi domando se effettivamente la Chiesa sia interessata a farsi carico di questa responsabilità, considerato che persino l’educazione affettiva delle giovani coppie (argomento su cui degli anziani celibi forse avrebbero poco da insegnare), più che sostenere maschi e femmine nel rapportarsi rispettosamente e autenticamente con “l’altro”, propone (come osserva Stefano Fernaroli) una “univoca attenzione sul rapporto sessuale” per poi “esautorarne l’importanza”.

A conclusione della sua vita, Giorgio Gaber si sentiva ancora in cammino, immaginandosi come sarebbe stata la sua vita «quando sarò capace di amare». Io personalmente non mi voglio schierare tra quei maschi che si sentono arrivati, che si trincerano dietro a giudizi trancianti o stereotipi discriminatori e violenti. Preferisco la compagnia di quelli che, in maniera cauta e silenziosa, continuano coltivare le proprie relazioni per crescere un po’ ogni giorno, sperando di poter fare rete, a beneficio di tutti.

 

7 risposte a “Ma che maschio sei?”

  1. Anna Bortolan ha detto:

    L’articolo è scorrevole, chiaro e ben scritto. Il problema, forse, è che il maschio medio italiano (e talvolta anche la donna) non ha nessun interesse a entrare in empatia con l’altro, gay o etero che sia. Egoismo puro, la gente se ne frega degli altri. Pur solidarizzando con chi è lgbtq, tuttavia mi permetto di evidenziare che, per ottenere di più, forse dovrebbero abbandonare slogan insensati come l’unica malattia è l’omofobia. Ogni forma di violenza è grave:omicidi,furti,sequestri,minacce,mobbing…

  2. Paolo Colpani ha detto:

    Arruolate pure il Papa in questo gruppo conservatore dal momento che si è più volte espresso contro questa cultura pseudoscientifica che è la teoria gender. Da alcuni negata nell’esistenza e da altri, come questo blog, riproposta come teoria scientifica. La vera difficoltà ad accettare la diversità umana è proprio in questa teoria normalizzatrice e legalizzatrice.

  3. Francesca Virroria vicentini ha detto:

    …..quando si vede una guerra senza limiti di tempo? Come interpretare “famiglia” senza il reciproco impegno di un amore che può diventare nel tempo anche sacrificante? Come sperare di trasmettere la Fede senza estimonianza di quell’Amore cristiano che esige essere vissuto secondo gli insegnamenti della Parola? Forse che quel/la giovane che ile viene confermata una malattia invalidante per la vita non ha meno difficoltà di accettazione del proprio stato di un altro problema? se non un confidare nel la fiducia offerta da un Dio che si fa cireneo nel portare la tua croce. un Gesu Cristo che da vita, coraggio ci promette salvezza sicura Gioia eterna? Queste persone,esistono sono testimonianze che è vera la Parola perché Dio mantiene ciò che promette. Il disordine che oggi regna ovunque e dato da un diverso concetto di amore e che non libera, presume essere risolutivo ma sta creando una società che sembra rassegnata a morire.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Da estranea oso rilevare che in anni passati non si è mai sentito rivendicare tutta questa esistenza di persone che “non si scoprono non proprio in sintonia con il corpo nativo. Forse avviene però come quando uno ha tendenza a essere indifferente agli altri, egoista tanto da essere insensibile nei confronti anche di un famigliare, insomma tutte quelle povertà le cui conseguenze nefaste stiamo assistendo e subendo in ogni ambito della società: pandemia, guerra etc. Perché fare della Chiesa capro espiatorio? Non trovare quella comprensione che, a parere personale, dovrebbe esercitare. Devo dire che è grazie invece a quel Libro Sapienzale che Essa si ostina fare riferimento è attingere insegnamento che si ha una luce per camminare, Faro vero e unico, perché ci si accorge ogni giorno che quel mondo di Tradizione cui sembrava durasse è tramontato! Emerge una frantumazione anche di valori sui quali non si può più contare; dove la Verità circa intenzioni di Pace ..?.

  5. Claudio Menghini ha detto:

    Un articolo imbarazzante, davvero pessimo.

    « Sorprende come ancora gli ambienti ultraconservatori si schierino contro una inesistente “teoria del gender” … »

    Sorprende semmai che in Italia ci sia ancora chi si ostina a sostenere che l’ideologia gender non esiste. Come se non la vedessimo ogni giorno all’opera. Ma forse secondo voi Papa Francesco è un ultraconservatore?

    https://www.amicidilazzaro.it/index.php/cosa-pensa-papa-francesco-del-gender/

    Secondo Lei, in questo momento storico qual è la modalità più specifica attraverso cui il male si fa presente e agisce?
    Papa Francesco:
    Una di queste è la teoria del Gender. Essa si propone implicitamente di voler distruggere alla radice quel progetto creaturale che Dio ha voluto per ciascuno di noi.

    • Daniele Gianolla ha detto:

      Mi sono sempre interrogato su cosa sia esattamente questa “teoria del gender”… nella vita insegno scienze, quindi cerco di essere aggiornato, ma su questo non trovo riferimenti (a parte le posizioni ideologiche, che non mi competono). Sono a conoscenza, come ho scritto, degli studi sull’identità di genere e sugli orientamenti sessuali, che approfondiscono le molte sfumature dell’espressione di sé, ma niente che intenda imporre un’idea su un’altra. Non nego che possa esserci qualcuno (dove? chi?) che magari cerchi di far prevalere il proprio punto di vista, ma io credo che confrontarsi con la complessità sia necessario a prescindere, perché ci costringe a rinnovarci, a porci domande anche su questioni che credevamo ovvie e scontate, come il maschile e il femminile. Le donne sono forse più abituate a questo, penso sia tempo che anche noi uomini facciamo un salto di qualità, lei non crede? Del resto non esistono realtà immutabili, neanche in seno alla Chiesa cattolica.

  6. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Liquido con un sorriso l’ipotesi che la CC possa qui avere un ruolo, nn tanto x le posizioni interne, ma proprio x la sua emarginazione sociale sul tema, vorrei qui evidenziare una caratteristica che imo accomuna l’Umano alla Meccanica Quantistica, ipotesi Feynman.
    Ed è la loro apertura/disponibile possibilità a tutte le varianti prospettabili.
    Qui va situata la differenza uomo/donna.
    Come reagiscono a fronte di tutti qs percorsi? Azzardo:
    La Donna con sentimento/partecipazione..
    L’Uomo con valutazioni raziocinanti.

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