La vera politica del presepio

Un leghista, un grillino e un piddino bussarono alla capanna come i tre re magi. E quello che accadde dopo non lo raccontarono mai a nessuno: tanto meno ai loro elettori...
17 Dicembre 2018

La notte era fredda ma bellissima. In cielo le stelle sembravano un coro di luci inneggianti di splendore. E tra di esse la grande stella, luminosa più che mai, che si era finalmente posata su una piccola capanna diroccata di un paesino dimenticato. Erano arrivati. I magi si guardarono l’un l’altro, stanchi per il viaggio. Facevano di tutto per non darlo a vedere, ma erano colmi di gioia.

Ne avevano fatta di strada. Era ormai un ricordo lontano quel giorno, a Roma, quando l’imperatore Sergio li aveva convocati. Loro tre, un leghista, un grillino e un piddino, e aveva chiesto loro di intraprendere quel viaggio dietro la stella, verso una sperduta provincia dell’impero, per accogliere il Messia. Non era stato facile spiegarlo ai loro elettori. “Andiamo ad aiutarli a casa loro!” si era giustificato il leghista, con la consueta sicurezza di chi non ammette repliche. “Andiamo a supportare i No TAS (Terme-Acquedotti-Strade, che i romani si ostinavano a voler costruire ovunque)” aveva risposto il grillino, ancora incredulo nel constatare che a Roma a quell’epoca sapevano costruire strade. Quelli del PD avevano risposto in quindici modi diversi, ma in fondo per loro il motivo era evidente: si andava a cercare voti per il prossimo congresso!

Non era stato facile nemmeno mettersi d’accordo su come andarci. Il grillino aveva tuonato: “Basta! Non se ne può più dei politici che se ne vanno in giro coi cammelli blu!” e per dimostrare a tutti di essere un semplice cittadino aveva deciso di andarci su un asino. Il piddino per decidere aveva indetto le primarie e, senza capire il perché, aveva vinto il partito di quelli che volevano ci andasse a cavallo. Solo il leghista, scandalizzato dall’idea che si fosse arrivati al punto di voler perfino togliere i cammelli dal presepe, optò per un bel cammello padano, cresciuto nelle praterie di Pontida bevendo l’acqua del Po.

Ne avevano fatta di strada per arrivare fin lì e ora che si trovavano di fronte a quella capanna fatiscente temevano quasi di essersi sbagliati. Non si aspettavano certo di trovare il Messia in un posto del genere. Gli era sembrato molto più plausibile trovarlo in un palazzo o in una bella villa. Tipo quella su cui a un certo punto si era posata la stella… nei pressi di Arcore. Il re Erode li aveva accolti con tutti gli onori. Era apparso loro simpatico – tanto che al piddino era venuta voglia di invitarlo al Nazareno – gli aveva raccontato barzellette, avevano guardato insieme la partita del Milan. Ma quando gli avevano chiesto del Messia era sbiancato. Si era consultato in fretta e furia con Confalonieri, Galliani e Gianni Letta e li aveva congedati dicendo “Quando l’avrete trovato fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.

Dopo un momento di esitazione di fronte alla capanna i tre magi si fecero coraggio, bussarono alla porta ed entrarono. Quello che accadde dopo, capirono immediatamente, non avrebbero mai potuto raccontarlo ai loro elettori. Lo sguardo innocente e puro di un bambino li investì e li avvolse. Uno sguardo che mette a nudo e svela tutti i limiti e le contraddizioni. Ma non era uno sguardo che giudica, non era uno sguardo che condanna. Era uno sguardo d’amore. E ciascuno di loro, il grillino, il leghista e il piddino, in quell’istante si sentì amato. Loro, abituati a essere attaccati tutti i giorni da social, giornali e televisioni, loro, assuefatti dall’essere acclamati non per ciò che erano, ma per ciò che riuscivano a far credere di loro alla gente, loro, proprio loro, percepirono in quell’istante che quel bambino li amava. E non li amava solo singolarmente, ma tutti e tre assieme. E quell’amore chiedeva a loro qualcos’altro, qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Lo sguardo di un bambino chiedeva loro di prendersene cura. Prendersene cura insieme. Curarsi di lui, anche a discapito di tutto il resto. Perché il suo futuro è più importante di tutto il resto. È nelle loro mani. Ed è l’unica cosa che conta.

Fu un istante, poi tornarono in sé. E, evitando accuratamente di guardarsi negli occhi, tirarono fuori dalle loro borse i doni che avevano portato. Il piddino donò la tessera onoraria del partito. Il grillino l’ultima versione del reddito di cittadinanza. Il leghista aveva preparato un decreto di espulsione, ma mosso a compassione ripiegò su una partita iva al 15%. Avvertiti poi dai sondaggi di non tornare da Erode, con nel cuore qualcosa di nuovo, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

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