La DaD e quel “compagno di banco” che non c’è più…

Punto di riferimento essenziale nella crescita di ciascuno, il “compagno di banco” rischia di essere una delle perdite umanamente più gravi della Didattica a distanza
8 Gennaio 2021

La mia compagna di banco del liceo non c’è più. Se ne è andata nel 2008, troppo giovane per affrontare una malattia troppo crudele. Sono trascorsi dodici anni, ma io ci penso ancora. Perché un compagno di banco non è soltanto uno studente con cui condividiamo la dimensione spazio-temporale della scuola. No, il compagno di banco è lo specchio di noi stessi, è colui che ci permette di comprendere come procede la nostra crescita personale perché ce la mostra “di riflesso” e ci permette di correggerne la rotta, se necessario. Conosco compagni di banco divenuti, poi, marito e moglie o amici inseparabili, di quelli che appartengono alla nostra vita spesso più dei nostri familiari.

Oggi vedo i miei nipoti, di 14 ed 11 anni, seguire le lezioni on line, tramite la Didattica a distanza, e provo una gran pena. La perdita del “compagno di banco”, infatti, a mio parere è una delle conseguenze umanamente più gravi della pandemia e delle sue ripercussioni sulla scuola. Dal compagno di banco, infatti, si imparano soprattutto tre cose:

-la condivisione: dai centimetri del banco ai libri, dai suggerimenti durante le interrogazioni alle chiacchiere della ricreazione, dai panini comprati in due ai passaggi in motorino, il compagno di banco ti ricorda che non sei mai solo e che tutto ciò che hai non è solo tuo, ma anche dell’altro.

-la lealtà: tra compagni di banco ci si supporta sempre, anche se non si è d’accordo con quello che l’altro fa o pensa. Anzi, spesso la franchezza e la sincerità che si ha con chi ci siede accanto, in un’aula scolastica, non la si ha con nessun altro. Essere leali con il compagno di banco, in fondo, significa essere leali con se stessi.

-la responsabilità: tra compagni di banco “ci si guarda le spalle”, sempre. Ognuno veglia sulla sicurezza dell’altro perché è un modo per sentirci noi stessi al sicuro. Io me la ricordo ancora la frase della mia amica che non c’è più: durante i compiti in classe, a metà dell’ora mi chiedeva sempre “Come va?”. Era una domanda che mi scaldava dentro, perché sapevo che lei si preoccupava per me e la sua premura mi rendeva tranquilla.

Tutto questo, oggi, molti ragazzi non possono viverlo. Non bisogna farne un dramma, naturalmente: i giovani ci hanno dimostrato, e ci stanno dimostrando ogni giorno, di avere molte più risorse e capacità di adattamento di quanto non pensassimo. Tra l’altro, la tecnologia a volte li rende più vicini di un compagno di banco in carne ed ossa. Però a me resta l’amara sensazione che stiano perdendo una parte importante della loro crescita e delle loro emozioni. Spero davvero tanto di sbagliarmi.

 

3 risposte a “La DaD e quel “compagno di banco” che non c’è più…”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    I problemi di tutti però, come disporre di tecnicologia uguale per ogni classe, alternare gg.in presenza per ricevere istruzione approfondita e programmare quelli NO!. Lo studente, ogni st., possa contare su un appoggio non solo famigliare cui ricorrere a studiare in solitario, così da sentirsi umanamente vicino a persone o amici. In sostanza si chiede di crescere in responsabilità con un auto impegno allo studio anche consci che altrimenti si va ad accrescere un vuoto e di istruzione e di tempo nell ‘iter di programma di studi. La preoccupazione quindi che con la manifestazione si vuole evidenziare è giustificata da parte di tutte le parti interessate e per questo va evitato che diventi insolenza o cattiveria come in USA. Si può fare ma richiede altruismo, fantasia e responsabilità che non si perdano cose che contano, il tempo e la voglia di andare avanti con ogni mezzo possibile.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E’ e di questa mattina il report:” proteste in tutta Italia contro le lezioni on line”fateci tornare in classe”La ministra Azzolina si accoda:” la DaD non basta più”. L’importanza non solo del compagno di banco, ma di comunità di compagni, desiderio ed esigenza tutta umana di rapporto, confronto con altri, con idee di altri, in viva presenza dove anche le emozioni trovano posto e condivisione. Questo problema che viene vissuto nella Scuola si sta ripetendo nelle Aule di governo, il presente e il futuro in contemporanea, ci sta davanti a riflettere su scelte che vanno fatte oggi, dedotte da altre i cui risultati sono risultati deludenti. La DaD nata per ovviare a un grosso problema più ancora importante quale quello della salute, va rigettato se diventa un costante cambiamento per lo studio, può supplire soltanto parzialmente ma semmai va alternato in tempi stretti(giorni) con quello di presenza fintanto che perdura la pandemia. Serve forse arrivare capillarmente a risolvere

  3. Maria Teresa Pontara Pederiva ha detto:

    La mia compagna di banco è diventata mia testimone di nozze e poi mia collega a scuola e ancora oggi ci si sente periodicamente. Concordo sulle riflessioni del post, ma non vorrei proiettare sui ragazzi le mie impressioni di ex studente, ex prof, ecc.
    Le moderne tecnologie riescono a far sentire vicini quanti di fatto materialmente non lo sono, ma se esiste un vissuto tra le persone questo riemerge lì e si rafforza. Sta agli adulti esserne convinti per “passare” poi la convinzione ai più giovani che, secondo me, forse non ne hanno neppure bisogno.
    La richiesta dei ragazzi della scuola secondaria di 2° grado di tornare in aula in presenza è più per socializzare in tanti, programmare pomeriggi e sere, superare le difficoltà di una rete che non tiene in tutto il Paese, che non per avere un compagno di banco (che poi quando si va nelle aule speciali o in palestra cambia giocoforza).

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