Dialogare si può. E fa bene. Nella città più caotica e dispersiva del nostro Paese, Roma, le diverse comunità religiose, il volontariato e le istituzioni sanitarie si sono seduti attorno a un tavolo per affrontare insieme un problema delicato e significativo: l’accompagnamento delle persone nel percorso verso la fine della vita. Quando la scienza e la tecnica diventano impotenti, ma le persone mantengono inalterate la propria dignità, diventa ancora più importante prendersi cura di loro, anche nella dimensione spirituale, la più importante sempre, particolarmente in questa fase. Il percorso è stato lungo, ma alla fine ne è uscito il “Manifesto interreligioso dei diritti nei percorsi di fine vita”, che è stato presentato nei giorni scorsi, durante la settimana Mondiale dell’Armonia tra le religioni, in cui Papa Francesco firmava con il Grande Imam di al-Azhar il “Documento comune sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.
I soggetti che hanno promosso il progetto sono tre: Asl Roma 1, Tavolo interreligioso, Gmc-Università Cattolica del Sacro Cuore, e il percorso è interessante non solo in quanto frutto del dialogo fra comunità religiose diverse (è stato firmato da avventisti, ortodossi, evangelici, islamici, buddisti, ebrei, induisti, oltre ovviamente ai cattolici), ma anche tra istituzioni (la Asl, e quindi ospedali e strutture sanitarie), volontariato (AVO, Cittadinanzattiva, CSV del Lazio) ed esponenti religiosi: soggetti che parlano linguaggi diversi e non è scontato che riescano a collaborare. Ma, alla fin fine, proprio il riconoscimento dei diritti è la piattaforma comune di valori su cui è possibile costruire convivenza e rispetto reciproco.
In questo caso, in comune c’è il riconoscimento dell’importanza della dimensione spirituale della vita e del diritto ad avere sostegno, a pregare, a celebrare riti secondo la propria fede e la propria religione. Cosa facile a dirsi, ma difficile a farsi nella rigidità delle procedure ospedaliere e anche nella scarsa conoscenza delle religioni da parte del personale, medico e non, e del volontariato stesso, in alcuni casi.
Ora comincia il vero lavoro: far sì che queste affermazioni di principio diventino spazi, procedure e pratiche abituali nella vita quotidiana delle strutture sanitarie. Ma intanto il primo passo è stato fatto, la strada è tracciata.
Questi i diritti riconosciuti da Manifesto interreligioso
1. Diritto di disporre del tempo residuo
Ogni persona ha il diritto di conoscere ed essere reso consapevole del suo percorso di cura e del possibile esito, secondo i protocolli terapeutici più aggiornati, affinché possa gestire la propria vita in modo qualitativamente soddisfacente, anche in relazione alla propria spiritualità e fede religiosa.
2. Diritto al rispetto della propria religione
Ogni persona ha il diritto di comunicare la propria fede religiosa alla struttura sanitaria affinché possa essere rispettata, in conformità alla normativa sulla privacy.
3. Diritto a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale
Ogni persona ha il diritto di usufruire di servizi rispettosi della sua sfera religiosa, spirituale e culturale, compatibilmente con le possibilità organizzative. A tal fine la struttura sanitaria deve promuovere adeguati percorsi informativi e formativi per gli operatori.
4. Diritto alla presenza del Referente religioso o Assistente spirituale
Ogni persona ha diritto di avere accanto il proprio Referente religioso o Assistente spirituale cui sia garantito l’accesso, compatibilmente con l’organizzazione dei servizi sanitari.
5. Diritto all’assistenza di un mediatore interculturale
Ogni persona ha il diritto nel percorso di fine vita di potersi avvalere di un mediatore interculturale o altra persona competente autorizzata, il cui intervento viene favorito dalla struttura sanitaria.
6. Diritto a ricevere assistenza spirituale anche da parte di Referenti di altre fedi
Ogni persona ha il diritto di chiedere, qualora l’Assistente spirituale della propria fede non fosse disponibile, l’assistenza da parte di un Referente di altra fede.
7. Diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari
Ogni persona ha il diritto di ricevere all’interno della struttura sanitaria il sostegno spirituale e il supporto relazionale per sé e per i propri familiari.
8. Diritto al rispetto delle pratiche pre e post-mortem
Ogni persona ha diritto al rispetto delle pratiche pre e post mortem previste dalla religione di appartenenza. La struttura sanitaria è tenuta a conoscere tali pratiche, a formare adeguatamente il proprio personale e a creare le condizioni perché queste pratiche possano essere realizzate, in conformità con la normativa vigente.
9. Diritto al rispetto reciproco
Ogni diritto porta come conseguenza il dovere di ognuno di rispettare il credo religioso degli altri, siano essi pazienti, familiari o personale di cura.
Foto: Flickr / Rick Kampel