Il Mancini di Dio

Nell'osanna per gli azzurri finalisti agli Europei spiccano alcune scelte esemplari del mister marchigiano, leader carismatico
7 Luglio 2021

Quando ieri il professor Jorginho ha appoggiato in gol l’ultimo rigore che ha domato la Spagna, anche molti lettori di vinonuovo.it  si sono uniti a distanza in un brindisi per festeggiare l’approdo alla finale europea. Alcuni col pensiero sono andati ad altre “notti magiche” di lontani campeggi parrocchiali in cui il cappellano doveva “programmare” la serata al bar del paese: “Don, non ci farai mica perdere la partita dell’Italia, vero…?” era la richiesta ultimativa dei ragazzi.

A proposito, agli Europei di nove anni fa in questo blog si era battezzata la Nazionale “della Divina Misericordia” quella di mister Cesare Prandelli che si era recato a piedi con alcuni collaboratori ad un santuario polacco. Oggi è forse giusto ripetere che  ora abbiamo  invece  la “Nazionale degli oratoriani”,  come ha documentato Massimiliano Castellani su Avvenire,  perchè tanti azzurri – da Bastoni a Locatelli, da Sirigu a Pessina – hanno scoperto lo sport sul campetto dell’oratorio e considerano ancora decisive quelle radici educative.

Ma la testimonianza più misurata ed efficace  è  forse quella offerta in queste settimane da mister Roberto Mancini che fra l’altro non ha mai nascosto – anche senza esibirla – la sua formazione oratoriana e la sua ricerca spirituale (compreso un viaggio a Medjugorie raccontato in tv a Pierluigi Diaco), genuina anche se non sempre lineare.

Senza voler dare pagelline extracalcistiche,  Mancini in questi giorni è sembrato a molti credibile ed esemplare per alcuni gesti ben più apprezzabili dello stop di tacco con cui ha messo a terra un pallone a bordo campo.

Rivediamoli. Il primo:  dopo l’arresto cardiaco di Christian Ericksen, ha inviato al regista danese dell’Inter un messaggio in cui diceva espressamente: “prego per te”, un riferimento alla preghiera quasi sempre assente in tanti auguri di pronta guarigione.

Poi, dopo le prima vittoriose partite, di fronte alla solita domanda “A chi dedica questa vittoria…”  ha dichiarato di voler pensare soprattutto  “a quanti in questo periodo si trovano nella sofferenza”, invitando implicitamente a non  archiviare troppo in fretta il dolore collettivo per la lunga coda della pandemia: un richiamo prezioso.  A proposito di dolore, significativo anche l’abbraccio all’infortunato  Spinazzola e il coretto a lui dedicato al termine della semifinale.

In più occasione Mancini ha fatto poi riferimento all’importanza di “continuare a divertirsi con il giuoco del calcio” e ne ha dato prova nella semifinale con alcune battute sdrammatizzanti durante il cerchio prima dei rigori: lui in mezzo, leader carismatico ma non individualista ed egocentrico.  Pur con un forte carisma individuale, ha sempre esaltato il valore dello staff (dai suoi abbracci con l’amico Vialli al consulto con Oriali, Evani, De Rossi) e anche questo non è scontato perfino in chi fa il dirigente delle  società sportive, piccole o grandi che siano : l’allenatore non è mai un uomo solo al comando.

Dettagli patetici, si dirà, in un mondo in cui comunque i premi-partita sono sproporzionati e iniqui sul piano sociale. E in cui, fra l’altro,  le bestemmie “mute” (anche di alcuni azzurri) passano attraverso il labiale della ripresa televisiva, mentre gli spalti sono spesso palestra di diseducazione e prepotenza.

Eppure, invece di vedere solo il marcio, lasciateci cogliere il Mancio che ha fra l’altro “fatto giocare tutti” (la prima qualifica di un buon allenatore anche a livello giovanile di base), sorprendendo perfino  i cronisti sportivi quando ha dato l’opportunità anche al portiere di riserva Salvatore Sirigu di scendere in campo per qualche minuto. Molti ragazzini costretti troppo a lungo alla panchina vorrebbero Mancini come loro allenatore.

Una “benedizione” esagerata per l’ex golden boy della Sampdoria?  In un’Italia di tanti commissari tecnici  Mancini può essere davvero un leader  normale e pulito, spesso anche spontaneo (come quando s’irrigidisce davanti alle domande polemiche del bordocampista Antinelli) in grado anche di comunicare fiducia e “amicizia sociale”. Non è un caso forse che in tanti lo abbiamo cercato come testimonial per tanti spot televisivi.

2 risposte a “Il Mancini di Dio”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E la sua squadra ha vinto. Ha fatto stupire:, un gioco inizialmente poco convincente , un team che appariva incerto sul da farsi, via via ha preso forma anche per uno spirito ritrovato ed è diventato competitivo animato da una evidente volontà a bruciare ogni timore di fronte a un avversario che è apparso da subito determinato compatto e sicuro di prevalere . Il gioco si è rivelato ricco di emozioni tra speranza a realizzare un sogno e fasi da realtà deludente che si è via via trasformata in possibilità di una insperata vittoria. Così è avvenuto ieri, una autentica esplosione di gioia da parte di tutti, perché c’era di più che nel successo raggiunto, nella fatica condivisa un sentimento forte ha animato ogni singolo giocatore a fare squadra nel dare il meglio di se, con generosità, amicizia. Da spettatori abbiamo visto una cosa bella, un carattere di squadra originale, animata come da uno spirito goliardico che per questo ha vinto. con lacrime di gioia

  2. Dario Busolini ha detto:

    Però anche l’allenatore della Spagna, per ciò che ha passato, per come ha giocato ieri la sua squadra e per la sua sportività merita l’applauso.

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