G8 2001: dal sogno di un nuovo mondo al riflusso nel privato

Il G8 di Genova del 2001 fu lo spartiacque di una generazione che voleva un nuovo mondo e fu costretta a rintanarsi nel privato?
30 Luglio 2021

Per quelli della mia generazione i fatti di Genova hanno rappresentato l’ingresso definitivo nell’età adulta e la metamorfosi delle utopie in calcoli elaborati dalla cruda realtà. Per me in particolare hanno rappresentato la disillusione che un mondo migliore fosse possibile, che la forza e l’unione di milioni di anime ne fossero la spinta e l’energia. Giusto un anno prima avevo partecipato assieme ad altri due milioni di ragazzi provenienti da tutto il mondo alla Giornata Mondiale della Gioventù di Roma: Giovanni Paolo II ci aveva invitato a “mettere fuoco nel mondo”, a non rassegnarci ad una logica che pensa solo al guadagno e si dimentica del povero, dell’emarginato, del misero… Camminando, sedendo, mangiando, cantando, pregando in quei giorni con tanti altri ragazzi come me, preso dal fervore giovanile, e fresco di maturità, pensavo realmente che un mondo nuovo fosse possibile. E non lo pensavo solo io, ma tutti noi!

Durante gli anni delle superiori avevo abbracciato con passione la causa della cancellazione del debito, e qualche volta avevo persino partecipato alla raccolta firme per Amnesty International per le più disparate cause umanitarie. La scuola, gli amici, la letteratura, la musica, le testimonianze alimentavano in me questa sana passione, perché “seppur diversi, siamo una sola cosa”, come dicono gli U2 in uno dei loro manifesti più belli e intensi…

Nel 2001 però l’aria cominciò a cambiare: il Giubileo terminò, la destra tornò prepotentemente al governo, e in giro il cinismo cominciò a prendere il sopravvento sulla dialettica e la passione; furono i segnali che qualcosa di brutto stava per arrivare. E prima ancora dell’11 settembre (una data, anzi un momento che faticheremo a dimenticare), ci furono i giorni del G8 di Genova…

Se ne parlava da tempo e si diceva pure che il G8 sarebbe stato il primo importante impegno per il neonato secondo Governo Berlusconi. Di quei giorni ricordo lo sgomento, l’angoscia, il senso di incredulità davanti alle terribili immagini che mostravano da una parte alcuni ragazzi che devastavano letteralmente la città e dall’altra le cariche delle forze di polizia. Mi chiedevo il perché, che senso avesse manifestare e distruggere. Ma non capivo pure l’eccessiva, sproporzionata repressione delle forze dell’ordine, che più che controllare la situazione, pareva che volessero infuocarla. Mi sembrava insomma che qualcosa non tornasse, anche se non sapevo come spiegarlo, soprattutto di fronte al cinismo di chi poi usava di quelle immagini per sostenere che il movimento giovanile altro non fosse che un’accozzaglia di delinquenti e sfaticati…

La sera in cui ammazzarono Carlo Giuliani ricordo perfettamente il servizio del Tg5 in cui un carabiniere mirando ad un manifestante e puntandogli il manganello contro gli disse: “Bastardo, sei stato tu! Tu l’hai ammazzato, con il tuo sasso, pezzo di merda!”. Mi sembrò una scena talmente surreale da apparire falsa, e lì per lì chiesi ad alta voce di fronte al televisore: “Ma se è stato lui perché allora non lo arresti?”. E cercavo di riportare queste sensazioni alle persone che invece reiteravano il mantra “se l’è cercata!”, chiusi dentro l’istantanea che ritraeva Carlo di spalle con un estintore tra le mani. In realtà Carlo Giuliani non aveva colpito nessuno, non si era macchiato di alcun crimine, semplicemente era caduto nella rete di una situazione completamente sfuggita di mano, e che probabilmente “doveva sfuggire di mano”. E quanto a quell’estintore, era di una delle camionette dei carabinieri, e furono loro per primi a lanciarlo contro la folla ormai fuori controllo. Come è anche giusto ricordare che Carlo Giuliani era ad oltre quattro metri dalla camionetta, avendo però già la pistola di Placanica puntata addosso. Anche questo è documentato. Ma il punto però qui è un altro: se non avessero caricato un corteo autorizzato con quindicimila persone, su una strada chiusa dalla ferrovia, probabilmente non sarebbe successo nulla. Ancora oggi alla domanda sul perché abbiano caricato quel corteo non si riesce a dare una risposta… Il padre di Carlo Giuliani comunque negli anni seguenti, nel tentativo di ristabilire la verità sui fatti di Piazza Alimonda, non ha mancato di spendere parole di comprensione anche per Placanica e per quei ragazzi delle forze dell’ordine che han dovuto obbedire ad ordini che ancora oggi non riescono a trovare alcuna ragione.

La sera della Diaz poi è stata la notte della Repubblica… Una delle tante per la nostra fragile democrazia, ma la mia personale notte della Repubblica per quel che riguarda me. Quella sera gli U2 suonavano a Torino ed io purtroppo invece non ero riuscito a comprare i biglietti, e avevo trascorso una serata con gli amici a Trani, come al solito, mangiando una pizza al pub e una passeggiata dopo. Nella mia mente rimbalzavano i pensieri e i rimpianti per non essere potuto andare a vedere gli U2, e ricordo che in macchina di un mio amico alla radio passarono Beautiful day, ed io gli chiesi di spegnerla. Tornai a casa che era notte e accesi la tv: parlavano ancora di Genova… Stavolta non c’erano le strade e le manifestazioni, ma una scuola, da cui stavano uscendo diversi ragazzi feriti. “Che è successo?”: mi chiedevo…

I giorni seguenti erano tante le persone che ripetevano che era meglio se quei ragazzi fossero rimasti a casa invece che andare a distruggere vetrine e automobili, e non nascondo che anch’io mi sentivo smarrito, confuso. C’era qualcosa di strano e la tv e i giornali (all’epoca internet non era così diffuso come oggi, e i social non esistevano) non riuscivano, non volevano raccontare, e che lasciavano invece alla superficiale deduzione il compito di spiegare. Sono tanti ancora i perché rimasti senza risposta… Ad esempio, perché i black block sono stati lasciati liberi di distruggere la città senza che nessuno intervenisse? Perché il pomeriggio del 20 luglio invece i carabinieri hanno caricato un corteo autorizzato? Perché dopo aver caricato, han poi inspiegabilmente indietreggiato e attirato i ragazzi in Piazza Alimonda, lasciando isolata la camionetta di Placanica? Perché dopo aver sparato a Carlo Giuliani, i carabinieri gli si sono stretti a cerchio e gli hanno sfondato il cranio con una sassata? Perché poi nello stesso momento un carabiniere ha detto ad un manifestante, sapendo di essere ripreso dalle telecamere del TG5: “Pezzo di merda, l’hai ucciso tu col tuo sasso!”? Cosa cercavano la sera del 21, a G8 terminato, alla Diaz? Perché hanno inquinato le prove della Diaz (le due molotov ritrovate altrove )? Perché i fermati a Bolzaneto sono stati picchiati e umiliati? Perché un ministro della Repubblica è andato a Bolzaneto e ha detto che non ha visto nulla? Queste domande non sgorgano da punti di vista o illazioni ideologiche, ma da fatti e responsabilità ben accertate, documentate da chi ha preso parte alle manifestazioni.

Probabilmente quello era l’obiettivo: costringere una generazione a rintanarsi nel privato, ad accontentarsi di vivere la propria vita, a consolarsi col consumismo. E per farlo non solo hanno fatto ricorso ad ogni mezzo, ma hanno inquinato la verità, alterato la percezione, diffuso la paura e la rabbia, cosicché ogni tentativo di riflessione fosse abortito sul nascere e non avesse ragioni valide per essere esposto in seguito… Probabilmente il “lavoro sporco” per screditare e annullare definitivamente un movimento giovanile che era in tutto il mondo, da Seattle, Porto Alegre a Genova (e che non aveva tra le sue fila solo gente appartenente ai centri sociali, ma anche delle più disparate realtà ecclesiali, dalla Caritas a Pax Christi, dalla Comunità Giovanni XXIII agli scout…) abbiamo dovuto farlo noi italiani, con un governo accomodante.

Nei mesi e negli anni successivi ho cercato di documentarmi su cosa fosse successo in quei giorni. Ho letto di tutto, ho partecipato a diversi incontri, ascoltato testimonianze, perché Genova mi appartiene, è la mia generazione, e le sensazioni delle prime ore han trovato conferma. All’epoca non avevo ancora compiuto vent’anni, oggi ne ho quasi quaranta, ed è ancora difficile parlare di Genova: c’è sempre qualcuno che semplicisticamente ti dice “sovversivo” se osi farlo. Io ne parlo perché così parlo di me stesso e di quel noi che credevo fosse possibile (lo è ancora in realtà, lo è sempre!). Ne parlo perché quel sangue è il nostro sangue. Ne parlo perché gli adulti che siamo oggi sono stati ragazzi in quell’epoca, e non possiamo dimenticare! Si, siamo diversi da allora, ma quegli ideali cerchiamo ancora di portarli nella nostra vita, tradurli nel nostro lavoro, tramandarli ai nostri ragazzi e ai nostri figli, assieme alle ferite…

 

Una risposta a “G8 2001: dal sogno di un nuovo mondo al riflusso nel privato”

  1. Paola Buscicchio ha detto:

    Pensavo al piccolo granello di senape che una volta cresciuto avrebbe dato origine ad una albero tanto grande e se lo è per un seme allora ciò deve essere vero per tutto ciò che seminiamo qui sulla terra in termini di giustizia e di bontà.
    Ogni cosa cresce fino al suo compimento.
    Seminiamo oggi il mondo che verrà domani.
    A tutti è affidato di seminare con i propri mezzi.
    Chi avrà seminato pace la troverà….

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