Finché c’è guerra c’è speranza

È passato un anno dall’ingresso dell’esercito russo sul suolo ucraino, ma urge ancora lavorare perché si intavoli una trattativa...
1 Marzo 2023

Il primo anniversario dell’invasione russa sul suolo ucraino è stato ampiamente ricordato su tutte le reti nazionali, riproponendo in particolare le immagini e i servizi che i giornalisti sul campo hanno reso degli orrori perpetrati dal conflitto e dall’esercito invasore. Non uguale visibilità è stata invece data alla voce di chi, riconoscendo le responsabilità di Mosca, chiede che si inizi a lavorare per una trattativa.

Tra il 24 e il 26 febbraio sono stati organizzati in 124 città italiane 131 eventi che hanno coinvolto oltre 40000 persone. La piattaforma “Europe for peace”, che ha riunito in rete centinaia di realtà associative e di cittadini italiani, si è fatta promotrice, fin dalla manifestazione nazionale in piazza San Giovanni a Roma il 5 novembre, della diffusione di una mobilitazione che coinvolgesse le altre capitali europee. In 87 città europee, da Lisbona a Madrid, da Parigi a Londra, da Berlino a Zurigo, da Vienna a Zagabria, sono state organizzate manifestazioni per dar voce alle ragioni che portino a delle vere trattative.

Tra le tante manifestazioni, menzioniamo una settimana di presidi a Perugia prima di una marcia Perugia-Assisi in notturna con arrivo all’alba del 24, una mobilitazione a Bologna col cardinale Zuppi in piazza Maggiore la sera del 24 e una fiaccolata da via dei Fori Imperiali al Campidoglio a Roma con Riccardi e Landini la sera del 25. È stato proprio il presidente della CEI a ribadire la necessità di un negoziato ma al tempo stesso a chiedere se ci sia la volontà da parte delle parti in causa nel realizzarlo.

Dopo un anno, purtroppo, pare che niente si stia muovendo a riguardo. Putin non si ritirerà a mani vuote. Biden è passato dalla debacle afgana alla guerra di liberazione ucraina (che lo sponsorizza ad un secondo mandato presidenziale); la UE è allineata (anche se con posizioni diversificate, visto che ci sono Stati che non inviano armi e Stati che non aderiscono alle sanzioni) alla causa di Kiev contro Mosca (anche se non ha mosso un dito durante gli eventi del 2014). Il grande protagonista delle finestre mediatiche nostrane, il presidente Zelens’kyj, ribadisce che la sua nazione non potrà chiedere un accordo senza che Donbass e Crimea siano lasciati all’Ucraina.

Ci sono almeno tre “mantra” nelle sue parole che non corrispondono alla realtà.

Primo: è necessario che il popolo ucraino sia armato perché, se sarà la Russia a prevalere, i suoi prossimi passi saranno invadere l’Europa; ergo, l’Ucraina difende sul campo, in prima linea e grazie alle armi occidentali, proprio la libertà dell’Europa. Sicuramente a questo messaggio sono molto sensibili Polonia e paesi baltici, a motivo della loro storia; sicuramente Georgia ed Ucraina, oltre alla regione della Transinistria in territorio moldavo, che attenzionate da Mosca per la loro posizione strategica costituiscono una evidente minaccia per la paventata presenza della NATO in questa regione. È evidente che un tale proclama, assunto in pieno a Bruxelles, sia totalmente opinabile.

Secondo: l’Ucraina difende le democrazie europee ed essa stessa si propone alle democrazie di tutto il mondo come una libera democrazia che si contrappone all’orso russo. Purtroppo, a tal proposito, occorre rammentare  che da un anno a questa parte il Presidente ucraino ha provveduto a mettere a tacere e chiudere tutte le voci pacifiste, da quelle parlamentari a quelle politiche presenti in Ucraina. Attaccando sistematicamente ogni voce europea che dissentiva dalle sue idee e dai suoi programmi. Non è nemmeno un caso che ad alcuni cronisti italiani e stranieri siano stati negati i visti nel suo territorio; lo testimoniano il 25 pomeriggio, ad esempio, i fratelli Kononovich, due attivisti pacifisti ucraini la cui intervista è stata mostrata durante la serata organizzata al teatro Eliseo a Roma dal giornalista Michele Santoro. Inoltre, non dobbiamo ignorare i bombardamenti sulle popolazioni civili del Donbass, realizzati dall’esercito regolare ucraino dal 2014 sotto il silenzio della UE, proseguiti drammaticamente nello scorso anno grazie alle armi inviate a Kiev dalla stessa UE.

Terzo: il 2023 sarà l’anno della vittoria del popolo ucraino. Questa dichiarazione la ritiene impossibile lo stesso Capo di Stato Maggiore USA, il generale Mark Milley. Stante l’attuale situazione, quello sul suolo ucraino può essere un conflitto destinato a durare per decenni, senza che alcuna forza prevalga. A meno che, come ricorda Landini da piazza del Campidoglio, non si riconosca che chiedere una vittoria contro una nazione dotata di testate nucleari, necessiti dell’ampiamento del conflitto e l’uso delle armi atomiche: ma qui, è ovvia la conclusione, non esisterebbero più né vinti né vincitori.

È dal palco montato in piazza del Campidoglio che intervengono Rosa Miccio, responsabile di Emergency, il sindaco Gualtieri per un saluto, Sergio Bassoli, responsabile della Rete italiana Pace Disarmo che presenta gli interventi e che ricorda come siamo ugualmente vicini non solo al popolo ucraino e agli obiettori di coscienza russi ma anche agli altri popoli ugualmente vittime di gravi conflitti: i popoli di Palestina, Afghanistan, Iran, Saharawi, Sud Sudan, Haiti, Siria, Myanmar. Andrea Riccardi invita a lavorare per una trattativa, giacché dopo un anno di conflitto e centomila morti da entrambe le parti, il proseguo della belligeranza non risolverebbe ma peggiorerebbe le cose:

«Sia chiaro che quando parliamo di pace chiediamo la pace per l’Ucraina. Questa terra ha avuto come profughi un ucraino su tre, sedici milioni di ucraini sono senza lavoro, una economia ridotta del 30%. Nel 2023, undici milioni saranno nel bisogno alimentare, altri avranno bisogno dell’aiuto umanitario, che purtroppo, nonostante l’enorme impegno, sta diminuendo, mentre aumentano le sofferenze della popolazione. Ogni guerra disumanizza, come ricordava Simone Weil. Dobbiamo imparare dalla lezione della Storia. Un anno di questa guerra ce lo conferma. Noi siamo i più realisti e i più sensibili al dramma della popolazione ucraina. Non siamo secondi a nessuno nel nostro affetto verso queste persone. Vogliamo forzare il blocco della politica e lo stallo militare chiedendo l’alternativa: attivare la diplomazia e la politica, non si può vivere senza diplomazia. Come ricorda Papa Francesco: ogni guerra lascia il mondo peggiore di come l’ha trovato. Non possiamo permettere che l’Ucraina continui a vivere un nuovo anno in guerra».

Landini ricorda che dietro ogni conflitto ci sono degli interessi. Quest’anno le spese militari sono aumentate del 110 per cento, cosa che non ha precedenti, e ci sono aziende energetiche che stanno facendo extraprofitti, mentre vengono meno gli investimenti per le popolazioni civili nazionali. Cita la “bellissima Costituzione italiana”, e dice che queste manifestazioni stanno dando voce ai due terzi degli italiani che chiedono sia interrotto questo flusso di armi sine die:

«Noi non abbiamo mai smesso ti portare sostegno al popolo ucraino, lo abbiamo manifestato concretamente. A noi risulta che in questo momento in Ucraina non viene dato il visto per alcuni che portano aiuti umanitari, ma che non ricevono il permesso per restare lì a realizzare questi progetti. Siamo alla follia che si possono mandare le armi ma vengono negati i visti per portare l’aiuto del sostegno. Ci appelliamo al Governo italiano e al Ministro degli Esteri, che affrontino anche questa questione».

Siamo noi i veri realisti, afferma ancora Landini, e impegnarsi per una trattativa significa lavorare per un nuovo modello di sviluppo e una nuova cultura della pace che bandisca la produzione e l’utilizzo delle armi, mai risolutive per i conflitti ma solo distruttive. Significa aderire realmente alla nostra Costituzione, democratica ed antifascista, che si fa garante della pace, del lavoro e della dignità non solo dei cittadini italiani ma di tutti gli esseri umani.

Il 24 febbraio è passato naturalmente nel dimenticatoio l’anniversario di un grande interprete del cinema italiano: Alberto sordi. Magistrale la sua regia e la sua interpretazione di un film che l’anno prossimo farà cinquanta anni: “Finché c’è guerra c’è speranza”. Il titolo, beffardo e irriverente a prima vista, ben rappresenta invece quelle che sono le motivazioni che portano alla produzione, al commercio delle armi e alla genesi di ogni conflitto armato, come Alberto Sordi dimostra nella scena finale con la sua borghese, occidentale e italianissima famiglia. Consiglio la visione e del film e invito chi legge ad una attenzione rinnovata verso soluzioni che possano portare a una trattativa seria e dignitosa.

 

14 risposte a “Finché c’è guerra c’è speranza”

  1. Lina Castellani ha detto:

    Molto interessanti queste pubblicazioni. Grazie. Auguriamoci davvero di “smettere i deliri dello “scarto” e a praticare la fraternità e l’amicizia sociale in una società globale dove pochissimi hanno troppo, pochi tanto e tantissimi troppo poco; dove i poveri non possono camminare il mondo e naufragano mortalmente nei mari.”

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Il primo ministro ucraino Denis Shmyhal ha appena dichiarato che per cento anni non ci sarà spazio per una riconciliazione con Mosca. L’obiettivo da raggiungere è che la Russia sia “democratizzata, smilitarizzata e denuclearizzata”. Insomma, alla Russia va riservato il destino della Germania nel 1945. E’ l’opposto di quanto un tempo indicava il presidente francese Macron: difesa dell’Ucraina sì, ma “nessuna vendetta e umiliazione” per Mosca.”

    Da Il Fatto Quotodiano

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Le guerre seguono tutte lo tesso schema e finiscono per gli stessi motivi. Tutti sanno che l’ Ucraina puo’ difendersi dalla Russia solo ed esclusivamente con le armi fornite da USA e UE. Se tale aiuto cessasse , o se finite le armi gia’ in dotazione non ne fossero dare della altre,o non vi fossero piu’ soldi , la guerra finirebbe di colpo. Come per la Guerra del Vietnam e la Guerra di Corea , i veri belligeranti in causa non sono i popoli locali ma le Superpotenze che stanno dietro e che alimentano il conflitto con armi e soldi.
    La Guerra costa e molto , gia’ in USA comincia il malcontento del Congresso per le spese finora fatte per sostenere l’ Ucraina . Non parliamo poi dell’ opinione pubblica in Europa , in cui sta montando la ribellione contro i governi succubi degli USA. La Guerra finira’ non grazie alle marce per la pace ma quando , come successe in Vietnam e in Corea, l’ aiuto in armi e denaro da parte degli USA finira’, e finira’ per esaurimento .

  4. Pietro Buttiglione ha detto:

    x completezza:
    – A parole ha chiesto un accordo piú volte Putin mentre Z. ” Solo fino a vittoria, Crimea inclusa”. Che poi qs significhi che Putin è sulla graticola nn cambia la cosa.
    – al di lá delle armi, Putin ( e il suo Pope) usano l:argomento della corruzione occidentale, delle guerre scatenate da Usa, di cosa sta facendo Israele..
    Ha cosí torto? Sicuramente lo aiuta a tenere unito i Russi, insieme al fatto, oure vero, che sta combattendo con gli Usa ben piú che con Z.

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Eppure bisogna sperare in una presa di coscienza. Durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle N.U. Venerdì 24/2 u.s a N.Y., il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, aveva chiesto un minuto di silenzio per “onorare le vittime dell’aggressione”Ma quando i rappresentanti si sono alzati, L’ambasciatore russo Vasily Nebenzya ha chiesto la parola” Ci alziAmo tutti in piedi per onorare la memoria di tutte le vittime di ciò che è accaduto in Ucraina, a partite dal 2014. Tutte le vite non hanno prezzo, riferendosi ai russi che hanno perso la vita nel conflitto”. Perché, perché non aver fatto questa ultima considerazione prima del conflitto? Perché di fronte a quanto oggi si piange non si ha il coraggio di interrompere questa guerra, una lectio monito per ogni altra, in nome di quella civilta che si crede raggiunta grazie all’intelligenza di mente e cuore.

  6. Roberto Beretta ha detto:

    Mantra uno: certo, è opinabile che poi Putin invada anche l’Europa. Ma è opinabile pure che non lo faccia: la Moldavia ne sa qualcosa…
    Mantra due: di sicuro l’Ucraina difende almeno una democrazia: la sua. E ha tutto il diritto di farlo, con i mezzi adeguati al torto subìto
    Mantra tre: sarà l’anno della vittoria? Ognuna delle due parti lo dice e lo spera, se non altro per tener su il morale. Perché rinfacciarlo solo a uno?
    Caro Manfridi, non so si è accorto che in questo articolo lei rimprovera continuamente Zelensky e cita Putin in una sola riga… E le ricordo che la trattativa è auspicata da tutti. TUTTI: anche quelli che, come me, sono favorevoli all’invio di armi a Kiev. Di “mantra”, sa, ne potrei allineare anche io parecchi sul fronte pacifista; non lo faccio perché credo che ognuno abbia le sue legittime ragioni in un campo come questo, dove ogni scelta (OGNI scelta) costa lacrime e sangue. Cordialmente

  7. Giuseppe Risi ha detto:

    …. Due considerazioni: 1) colui che certamente più apprezza le manifestazioni anti-occidente e anti-Zelenskyj è proprio Putin. 2) Se gli “Alleati” nel ’40-’41 avessero optato per il disarmo unilaterale, oggi probabilmente saremmo tutti “balilla” o schiavi soggiogati alla razza ariana (quindi grazie ai partigiani, agli americani, ai russi di allora…).
    Quindi: chiediamo agli stati (l’Italia da sola non conta nulla…) di fare ogni sforzo diplomatico, ma senza disarmare l’aggredito.

  8. Giuseppe Risi ha detto:

    Capisco (e in qualche misura moralmente apprezzo) le genuine istanze del pacifismo a oltranza. Tuttavia, per realismo, senso di responsabilità e di giustizia, nella situazione data spero che tali istanze non prevalgano nelle scelte degli stati liberi occidentali.
    Se il popolo/stato ucraino (pur con tutti i suoi difetti) intende resistere al tiranno Putin, penso sia dovere storico degli stati liberi sostenerlo, anche con le armi. E non mi si venga a dire che vivere nei paesi democratici occidentali (pur con tutti i loro limiti) è la stessa cosa che vivere sotto le dittature russa o cinese e non vale la pena morire per la libertà!

  9. Dario Busolini ha detto:

    Condivido tutto e vorrei aggiungere un’altra distorsione: per prolungare la guerra fino al miraggio della vittoria si accettano senza discutere tutte le perdite che essa produce – dalle vite umane innanzitutto fino a quelle di case, fabbriche, scuole, strade, lavoro etc. – tranne una, quella della terra, reputata sacra e inviolabile oggi come ai tempi del nazionalismo ottocentesco. Per cui non è un problema se muoiono centinaia di migliaia di persone e altrettante piombano nella povertà o sono costrette alla fuga e non si sa quale potrà essere il loro avvenire ma se si tenta, per aprire un negoziato, di trovare un compromesso sul territorio questo viene considerato un esecrabile tradimento e un cedimento al nemico. Peccato che alla fine, che sarà sempre troppo tardi, anche le perdite territoriali dovranno inevitabilmente essere contabilizzate e allora forse ci si chiederà se per le altre ne è valsa veramente la pena.

    • Roberto Beretta ha detto:

      Morire per difendere solo la terra?!? E la libertà, la democrazia, il diritto di pensare e dire e scegliere quello che si vuole, il diritto di parlare la propria lingua, il diritto di scegliere il proprio destino, il diritto di mantenere i beni guadagnati col lavoro e a cui si è legati per affetto? E non crede che “le perdite… dalle vite umane innanzitutto fino a quelle di case, fabbriche, scuole, strade, lavoro” non sarebbero anche molto peggiori e durature, se non definitive, se la Russia si annettesse l’Ucraina? Non crede che ci sarebbe un esodo di massa degli ucraini in Europa? Allora sì che lascerebbero “la terra, le case, le fabbriche, le scuole”, per mantenere la libertà. Tanti l’hanno già fatto

  10. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Alla guerra non si pone fine col “dialogo”.
    Provate a pensare se nella Seconda Guerra Mondiale gli anglo-americani e i russi invece di combattere avessero deciso di ” dialogare” con Hitler. Solo quelli che credono che gli uomini siano piu’ di natura angelica, che bestie come tutte le altre bestie, possono pensare che si metta fine a una forza primordiale, dirompente, istintiva, belluina come la guerra ,con le belle parole.Le parole ,la retorica ,sono a un livello di realta’ diverso da quello della guerra. Provate a dialogare con un leone mentre vi assale.O a dialogare con il mare in tempesta.

    • Paola Meneghello ha detto:

      Sì, siamo ancora delle bestie. Infatti siamo ancora dentro all’istinto animale di difesa del nostro: territorio, confini, nazioni.. e l’anima, uccidendo, si salva, o si allontana da sé un po’ di più?
      E la difesa dal nemico migrante, segue lo stesso percorso…i molti pretesti della ragione, contro l’unica risposta che dovremmo dare: fare solo ciò che ci rende la nostra umanità, ciò che ci Anima, a dispetto di ogni altro ragionevole dubbio.
      Davvero il male può essere sconfitto da altro male? O così facendo, allarghiamo il suo dominio una volta di più, continuando a fare il suo gioco, cadendo nel suo abisso?
      Si è forse difeso Gesù? Ha fatto questo perché era Dio, o è entrato nel Regno di Dio perché ha superato la soglia del limite umano che ferma e fa morire?
      Il Maestro mostra come poter volare, ma non potrà saltare nel vuoto per noi, bisogna osare e provare senza paura a cambiare verso una volta per tutte, con Fiducia e Speranza..

  11. Pietro Buttiglione ha detto:

    NO.
    Un articolo cosí documentato, cosí razionale, in fondo, anche se nn esplicitato, cosí UMANO, non può essere passato sotto silenzio.
    Buona digestione.

  12. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La guerra come il Covid è un fatto accaduto inaspettato, all’improvviso e per molti uno tsunami da cui fuggire per salvarsi. Le cause non importa quasi conoscerle tanto il male che producono e dilagato e il bisogno di trovare come salvare la vita ha impegnato mente e cuore da parte di tutti. Cio’ che sfugge alla comprensione e che tanto sterminio di distruzione e morte non disanimi i belligeranti dal porre fine a tanto male. Così per la pandemia certa resistenza ai vaccini; persuadere i contendenti a intraprendere la via del dialogo, proposta che trova resistenza , rinunciare alla belligeranza in armi e’ anche rinuncia a quella Vittoria cui ognuno aspira ottenere. Si piangono i morti del mare, ma non sono per le stesse e altre cause che sono fuggiti dalle loro terre? Come essere insensibili di fronte al costo di vite umane? Una medaglia non consola, non giustifica la perdita della persona cara.

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