E se “la povera” fossi io?

La carità e il servizio ai bisognosi spesso stupiscono con un rovesciamento di prospettive che non ti aspetteresti mai.
7 Dicembre 2020

La distribuzione dei pasti inizierebbe alle 18.30, ma alle 18.00 sono già tutti lì, in fila ordinata, distanziati e con la mascherina ben messa: sono le persone che si rivolgono alla “Mensa per i poveri” presso la quale presto servizio da qualche mese. Un’iniziativa solidale piccola piccola, ma importante, in cui mi ha coinvolto mia sorella Francesca, inarrestabile tessitrice di reti e di coraggio.

La struttura non è molto distante da casa mia, in auto ci vogliono poco più di dieci minuti per raggiungerla. Non è, quindi, in una zona periferica. Eppure, quando arrivi lì, ti sembra di aver varcato un confine invisibile, tanto radicale è il cambiamento di ciò che ti circonda. La mensa, infatti, si trova all’interno di un palazzo di cemento – un “casermone”, come si dice di solito – pieno di spigoli e angoli bui. Una mano pietosa, con il tempo, ha dipinto le pareti della tromba delle scale, cercando di donare allegria e gentilezza a tutto il contesto. Ma il contrasto con il grigiume circostante è ancora più straniante e desolante.

Al momento – a causa della pandemia – non è previsto il servizio al tavolo. Quindi noi prepariamo pasti “a portar via” che poi distribuiamo all’orario previsto. Ogni pacchetto contiene un primo e un secondo piatto, un contorno, del pane e, se possibile, anche un dolcetto. Quando sono andata la prima volta a fare il mio “turno mensa”, sono tornata a casa con un mal di schiena incredibile. Ma non era stata la fatica fisica: preparare e imbustare 60 pasti non è una cosa così complicata, soprattutto se puoi contare sull’aiuto di un cuoco di professione e di altri volontari che condividono il tuo turno. Quello che mi aveva colpito come un pugno alle reni era stato scoprire che, ad avvalersi del servizio mensa, erano persone che definiremmo “normali”.

Nel senso: io mi aspettavo di trovarmi davanti i senza-tetto, i vagabondi… E invece ho incontrato persone indigenti, sulla soglia della povertà, certamente, ma la cui miseria non è soltanto economica, ma anche umana. La loro piaga si chiama solitudine. E più che di gente povera, si tratta di povera gente che alla mensa viene non tanto per mangiare, quanto per parlare. Le persone che incontro hanno bisogno di qualcuno che le ascolti, che le guardi negli occhi, che le “veda” e non le faccia sentire invisibili.

Papa Francesco lo domanda spesso: “Quando date l’elemosina, guardate negli occhi la persona cui date l’elemosina? Le toccate la mano o le gettate la moneta?”. È una lezione che ho imparato tante volte nei miei turni mensa, perché ho capito che l’elemosina non basta se non è accompagnata dall’ascolto, dalla comprensione, dalla gentilezza. I poveri che vedo alla mensa cercano considerazione e dignità. Io cerco di rispondere alla loro richiesta, ma so che è ciò che faccio è poco. E allora, forse, la più “povera” sono io.

2 risposte a “E se “la povera” fossi io?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Gesù Cristo ha detto”i poveri li avete sempre con voi”. Si direbbe che di tempo in tempo siamo arrivati a un oggi dove le poverta si sono moltiplicate e così la gent povera, non si tratta di mancanza solo di pane e lavoro, ma di mali dell’animo umano che si tramutano in delitti, uccisioni, e sembra non esistere un limite estremo raggiunto perché ne sorgono altri. Per questo non si sa neppure fare certa carità, tutti si aspettano denaro, un bisogno tal da rubarlo. Se Cristo è stato ucciso, Lui che ha fatto solo del Bene, c’è da aspettarsi di aver a che fare con gli stessi uomini oggi e anche più numerosi. Senza Dio, quale suo Regno è possibile? La giustizia umana se non si eleva a strumento di quella divina, non è abbastanza efficace a produrre il vero Bene. E come realizzare il regno di Dio se non si ha fede nel Risorto .La Carità vuole Giustizia, Siamo tutti più poveri se Dio non è presente, non cercato, non voluto

  2. gilberto borghi ha detto:

    Come mai quando si racconta senza tanti fronzoli ed enfasi la realtà, soprattuto quella dell’incontro coi poveri, i litigi ideologici e teologici si tacciono?
    Forse perchè questa realtà mette daccordo tutti? Non credo! Forse più facile perchè se si ha un minimo di sensibilità evangelica si percepisce che qui le parole sono proprio incapaci di essere all’altezza della realtà.
    Grazie Isabella.

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