Donne. La lezione del Papa ad un Paese che si accontenta

Sei donne nel Consiglio per l'Economia. Il messaggio è chiaro: spazio ai laici, spazio alle donne, se vogliamo che la Chiesa cambi
8 Agosto 2020

Dovrebbe essere normale che si nominino donne competenti in ruoli di responsabilità. Invece fa notizia, o almeno lo fa in un Paese come il nostro, dove tal Roberto Calderoli – cui dal 1992 i cittadini italiani pagano lauti stipendi come deputato, senatore e Ministro – ha sentito un imprescindibile bisogno di manifestare la propria contrarietà alla doppia preferenza di genere nelle elezioni, con questa profonda motivazione: «La doppia preferenza di genere danneggia il sesso femminile perché normalmente il maschio è più infedele del sesso femminile». E il risultato è che «il maschio si porta il voto di quattro-cinque signore e le signore non vengono elette».

Nello stesso giorno il Papa ha nominato sette laici, di cui sei donne, tra i nuovi membri del Consiglio per l’Economia (che sono 15, e dunque le donne sono ora il 40%). È una notizia? Purtroppo sì, in un Paese dove le donne competenti e professionali non solo faticano a fare carriera, ma non hanno visibilità. E allora mi viene voglia di mettere un po’ di puntini sulle i.

Punto primo. Fino ad ora nel Consiglio per l’Economia non c’erano donne. Che ce ne siamo addirittura sei è una notizia.

Punto secondo. Queste donne – Charlotte Kreuter-Kirchhof, Eva Castillo Sanz, Leslie Jane Ferrar, Marija Kolak, María Concepción Osákar Garaicoechea e Ruth Maria Kelly – sono docenti universitarie, esperte di finanza, manager. Hanno competenze riconosciute ed esperienza internazionale.

Punto terzo. Il Consiglio per l’Economia è un organismo importante, che ha il compito di «sorvegliare la gestione economica e di vigilare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei dicasteri della Curia romana, delle istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano». Dunque le sei donne sono state chiamate ad una responsabilità forte e centrale nel processo di riforma della Chiesa, che papa Francesco sta portando avanti.

Punto quarto. Tutto questo suona strano: che ci siano donne competenti in un ambito – l’economia – che continuiamo a considerare tipicamente maschile (come la politica, del resto) e che abbiano dei riconoscimenti.

Nei nostri talk show, laddove ci dovrebbero essere esperti che discutono di cose serie, la presenza delle donne si ferma al 32%, ma sono comprese anche le conduttrici. E il più delle volte le “esperte” sono a chiamate a parlare di sociale o di cronaca. Eppure di donne con competenze forti ce ne sono, in Italia, ma non ci piace dare loro voce.

Anche in politica non va meglio. Dopo le elezioni del 2018 abbiamo gioito, perché la percentuale femminile in Parlamento è salita: 35% alla Camera, 34% al Senato. Ma è comunque solo un terzo: abbiamo imparato ad accontentarci? Attualmente solo il 27% dei ministri sono donne: l’Italia in questo è sotto la media europea (30%) e molto lontana dalle migliori prassi: in Spagna il 60% dei ministri sono donne. Peggio va nelle Regioni: due donne governatore su 20.

Ancora più difficile è riconoscere ruoli adeguati alle donne in economia, e non è un problema solo nostro, ma europeo. Solo un terzo dei ruoli manageriali è ricoperto da donne (Eurostat 2019). E nei consigli di amministrazione le donne, in Italia sono il 36%, più della media europea, grazie anche alla Legge Golfo Mosca.

Siamo talmente assuefatti all’assenza delle donne da ruoli di responsabilità, che percentuali che si aggirano sul 30% o poco più ci sembrano una conquista. E che non riusciamo a declinare al femminile i nomi che indicano ruoli di responsabilità: diciamo segretaria, ma non diciamo sindaca; diciamo cameriera, ma non diciamo avvocata (nonostante la “Salve Regina”). Tanto che quando, a fine giugno, è nato un figlio a Fabiana Dadone, comunicati e titoli di giornali annunciavano che “il ministro ha partorito”. Fabiana Dadone è una ministra, non un ministro. Per questo può partorire.

In questo contesto, la scelta di Papa Francesco è un segnale non solo per la Chiesa, ma anche per la società italiana tutta. Anche perché non è un fatto isolato: segue ad altre nomine femminili, ultime in ordine di tempo quella di Antonella Sciarrone Alibrandi nel Consiglio direttivo dell’Autorità di Informazione Finanziaria (Aif) e quella di Raffella Vincenti a capo ufficio presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.

Spazio ai laici, spazio alle donne, se vogliamo che la Chiesa cambi.

 

P.S. Le quattro o cinque signore che deduco abbiano ceduto alla seduzione di Calderoli spero votino, la prossima volta, una donna. Così, per un soprassalto di dignità.

 

2 risposte a “Donne. La lezione del Papa ad un Paese che si accontenta”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ai giorni di oggi figurano nomi di donne che sono Eccellenze nei ruoli che hanno ricoperto cammin andando della loro carriera, o meglio dire nella realizzazione dei loro ideali anche in campo politico. Mi riferisco come primo esempio alla Cancelliera di Germania Angela Merkel politica di lungo corso che ha raggiunto il vertice in modo encomiabile, dando prove intellettuali e alto senso di responsabilità, a lei fanno ala ogni altro suo pari anche al maschile che l’hanno preceduta.Non si tratta quindi di volere assolutamente “quote rosa” elementi al femminile perché occorre possedere certi requisiti e il ricoprire ruoli dipende quanto di serietà, impegno moralità, e idee, e forza di carattere si dispone. Occorrono doti non diverse da quelle che il Creatore ha visto in Maria, fedele al mandato,ferma in ogni situazione vissuta,ben all’altezza del ruolo senza cedimenti, ha portato a compimento il disegno dell’altissimo con quanto ha comportato.

  2. Teresa Benedini ha detto:

    Spesso si dice ” poco, ma meglio di niente ” riguardo la nomina delle donne nei vari uffici del Vaticano. Mi dispiace che le donne siano , per ora, scelte solo per ambiti di competenza strettamente settoriale ( musei, cultura, economia) e non in ambiti che spettano a tutti uomini e donne : ministeri ordinati . Quanto costa ammettere una donna nell’ambito ecclesiale !!! Quante donne hanno la capacità, maturità , competenza per poter commentare la Parola nelle eucaristie ! Noi donne siamo purtroppo ” tollerate” e mai o quasi, desiderate come parte integrante sia la vita ecclesiale che la vita tout court……! In politica ci sono spazi basta cercarli , certo non dalle parti di Calderoli e&….
    Comunque ….ci siamo ! E mi piace dire che a perdere la nostra ricchezza sono soprattutto gli uomini , anche di chiesa .

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