Dacci oggi il nostro…lavoro quotidiano!

Nel discorso ai membri del corpo diplomatico presso la Santa Sede e nella catechesi tenuta durante l'Udienza generale, Papa Francesco ha rilanciato il tema del lavoro, tra ingiustizia socilale e dignità.
15 Gennaio 2022

Il lavoro, «fattore indispensabile per costruire e preservare la pace, è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello».

Abbiamo dovuto constatare come la pandemia abbia messo a dura prova l’economia mondiale, con gravi ricadute sulle famiglie e sui lavoratori, che vivono situazioni di disagio psicologico, prima ancora che difficoltà economiche. Essa ha posto ancor più in evidenza le disuguaglianze persistenti in diversi ambiti socio-economici. Si pensi all’accesso all’acqua pulita, al cibo, all’istruzione, alle cure mediche. Il numero delle persone annoverate nella categoria della povertà estrema è in sensibile aumento. Per di più, la crisi sanitaria ha indotto molti lavoratori a cambiare tipo di mansioni, e talvolta li ha obbligati a entrare nell’ambito dell’economia sommersa, privandoli così dei sistemi di protezione sociale previsti in molti Paesi.

In questo quadro, la consapevolezza del valore del lavoro acquista un’importanza ulteriore poiché non esiste sviluppo economico senza il lavoro, né si può pensare che le moderne tecnologie possano rimpiazzare il valore aggiunto procurato dal lavoro umano. Esso è poi occasione di scoperta della propria dignità, di incontro e di crescita umana, via privilegiata attraverso la quale ciascuno partecipa attivamente al bene comune e dà un contributo concreto all’edificazione della pace. Anche in quest’ambito è perciò necessaria maggiore cooperazione tra tutti gli attori a livello locale, nazionale, regionale e globale, specialmente nel prossimo periodo, con le sfide poste dall’auspicata riconversione ecologica. Gli anni a venire saranno un tempo di opportunità per sviluppare nuovi servizi e imprese, adattare quelli già esistenti, aumentare l’accesso al lavoro dignitoso e adoperarsi per il rispetto dei diritti umani e di livelli adeguati di retribuzione e protezione sociale [Discorso ai membri del corpo diplomatico accrediato presso la Santa Sede, 10 gennaio 2022].

 

Penso a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro – abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare…

Mi permetto di ripetere questo che ho detto: i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche: pensiamo a loro. A coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente. E se non lavori, tu, non hai alcuna sicurezza. Il lavoro in nero oggi c’è, e tanto.

Pensiamo alle vittime del lavoro, degli incidenti sul lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare: questo è terribile! I bambini nell’età del gioco devono giocare, invece sono costretti a lavorare come persone adulte. Pensiamo a quei bambini, poveretti, che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare. Tutti questi sono fratelli e sorelle nostri, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Pensiamo a questo. E questo succede oggi, nel mondo, questo oggi succede!

Ma penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: “Ma, c’è qualcosa da fare?” – “No, non c’è, non c’è …”. La mancanza di lavoro! E penso anche a quanti si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano questo lavoro. Tornano a casa: “Hai trovato qualcosa?” – “No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane”. Quello che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas: no, questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane, e se noi non diamo alla nostra gente, ai nostri uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale in quel posto, in quella nazione, in quel continente.

I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un’unzione di dignità, e questo è importante. Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente, vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita.

In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro.

Non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo.

Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. Tante volte mi domando: con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri? Infatti, il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso.

È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe. Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità [Udienza generale, Catechesi di Papa Francesco su San Giuseppe il falegname, 12 gennaio 2022]

 

4 risposte a “Dacci oggi il nostro…lavoro quotidiano!”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma giacche si parla anche di tycoon i super ricchi che,incredibile, per contro c’è una dilagante povertà in tutte le sfaccettature della persona umana in ogni suo stato e luogo. Per esempio chiudere un complesso industriale lasciando sul lastrico lavoratori di una vita per sfruttare manodopera o altre convenienze in altro loco. Accade nel nostro Paese con un vescovo che si è fatto interprete e voce di protesta solidale: come non essere solidali verso casa propria quando la necessita si fa sentire e avvilire chi si sente in dignità a guadagnare il proprio pane quotidiano? Non basta il sussidio che umilia, il povero reclama più giustizia oggi come nel ieri. Non il cesto gratuito ma guardare in faccia i propri figli e trasmettere il valore dignità che deriva dal proprio lavoro

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Questa esortazione risponde e interpreta quella del Santo,ma cosa si fa per quella manodopera assunta nelle campagne e che non hanno un habitat decente come è stato fatto notare in certe trasmissioni.Le enclave che si formano in zone di città di cui non si sa se risultano residenti o raminghi senza meta? Cosa dire se ci sono bambini in età scolare che però a scuola non risultano presenti? Qualcuno li cerca, o sono figli della Caritas? Sembra che vi siano funzionari che sono animati a proporre iniziative per arginare il divario tra ricchi e poveri sopratutto se riguarda i giovani così sensibili e per questo anche facili a intraprendere vie sbagliate. Credo che tutti indistintamente dobbiamo contribuire ad attenuare il disagio guardando al prossimo più vicino

  3. Giuseppe Risi ha detto:

    segue

    Tuttavia, credo che la Chiesa nel suo complesso, ed i cristiani impegnati nella politica e nell’economia in particolare, qualche indicazione concreta in più sui mezzi, cioè sul come operare concretamente per raggiungere gli obiettivi enunciati, la dovrebbero elaborare, la dovremmo elaborare.
    Se bastassero le belle parole per cambiare il mondo, saremmo già in paradiso…

  4. Giuseppe Risi ha detto:

    Mi sembrano tutti principi, obiettivi e considerazioni ampiamente condivisibili. Il guaio è che, nella loro genericità rispetto ai mezzi ed al come, molto probabilmente si tratta di affermazioni largamente condivise da tutti o quasi (compresi i presumibili “cattivi”, cioè i potenti dell’economia mondiale) senza che ciò porti effettivamente ad una modifica dei comportamenti e delle strategie degli stati o delle imprese multinazionali.
    Il tutto rischia di apparire come una bella predica, ormai conosciuta e scontata peraltro, con scarsa capacità di innescare processi di cambiamento reale. Si dirà che non tocca al papa definire e decidere politiche concrete ed è già tanto che il papa sollevi apertamente il problema.

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