Cattolici e politica: audaci e creativi?

Temo che, nel lato cattolico, proprio la carenza di lettura delle dinamiche sociali in atto, sia alla base dell’afonia del cristiano in politica
7 Settembre 2021

La recente intervista pubblica qui su Vinonuovo, di Rocco Gumina a Franco Monaco su cattolici e politica non mi convince. Monaco ipotizza che anche oggi la dialettica sociale principale sia tra chi pone “l’enfasi sulle differenze (naturali e sociali)” e chi la pone “sull’uguaglianza” tra le persone. Concetto mutuato da Bobbio, che, in tutta onestà, non ritengo sia più applicabile alla situazione odierna. Provo a spiegarmi.

Affinché ci sia una dialettica come Bobbio intendeva sono necessarie due condizioni. La prima è che vi sia un terreno comune, riconosciuto da entrambi, che funga da sfondo, da campo di scontro. La seconda è che nei due schieramenti la “vision” di ciascuno sia condivisa all’interno del proprio campo.

Ora, fino agli anni ’70, circa, queste due condizioni si potevano ritrovare. Lo sfondo condiviso era il concetto e il valore della persona umana e del senso della sua vita; le due “vision” erano date dalle modalità socio – politiche per sviluppare e realizzare questo sfondo. Da ciò derivava la possibilità per i due schieramenti, di combattersi dialetticamente su cosa fosse il bene comune, quali dovessero essere le scelte operative affinché la persona potesse raggiungere il senso della propria vita.

Poi, già dagli anni ’80, la frammentazione culturale, sociale e antropologica, portata della visione post moderna dell’uomo ha gradualmente cambiato questo stato di cose. Il senso della vita è dapprima diventato qualcosa di così personale e soggettivo che poteva essere perseguito in ogni contesto socio culturale. Perciò diventava superfluo cercare di costruire un determinato contesto socio culturale per favorirlo. Poi, dagli anni ’90 circa, è stato messo in discussione che tutti possano raggiungere un senso alla vita umana, perché esso è dato spesso a scapito di altri. Infine, dal virare del millennio in poi, ha preso piede l’idea che il senso possibile esista solo per alcuni, e sia solo nella sopravvivenza, in cui, al massimo si possono collezionare una serie di emozioni, si spera variegate, lunghe e intense, ma nulla più. Con ciò, il terreno comune di confronto dialettico si è consumato fino ad essere impraticabile.

Parallelamente a questa erosione antropologica è avvenuto un inevitabile sgretolarsi della solidità delle “vision”, che da ideologie sono diventate, dapprima, verità individuali e soggettive, per poi approdare all’idea della post verità, dichiarando insensata la necessità di condividere una certa idea di società per appartenenre ad un determinato gruppo. Così oggi assistiamo a professioni di “vision” anche opposte, che coabitano tranquillamente nel medesimo gruppo politico, facendo venir meno la seconda condizione per la dialettica di Bobbio.

La conseguenza inevitabile è stata che politica e bene comune si sono gradualmente dissociati e la politica è diventata il luogo del conflitto per il potere, da ottenere e mantenere, per favorire la propria lobby, per il mantenimento del vero valore che è divenuto assoluto, sostituendo la persona umana: il meccanismo di mercato globale. La società, intesa come tessuto connettivo di persone che hanno un destino comune non esiste più. Al suo posto è comparso un organismo sociale che Aldo Bonomi definisce “moltitudine”: l’insieme di individualità che non hanno relazioni sufficienti tra loro, ognuna della quali è alle prese con i medesimi problemi degli altri, ma sa che la soluzione o è prodotta individualmente o non esiste. La politica, In questa prospettiva, è diventata autoreferenziale: serve a perpetrare il potere di chi ce l’ha e solo apparentemente si occupa di questioni che appartengono a tutti gli individui, generando un profondo rancore sociale, come ancora Bonomi individua.

La democrazia stessa è cambiata. Il potere appartiene sempre più al sistema di mercato. Il popolo è solo il luogo in cui costruire il consenso politico, che consenta formalmente di essere al potere. La campagna elettorale è permanente e le scelte politiche sono quasi sempre solo comunicazioni agli elettori, per “mantenere il consenso”. Il partito si è impossessato dello spazio aperto dalla frattura tra locale e globale e ha l’unico scopo di dare un canale politico alle varie lobby che cercano di navigare per i propri vantaggi nella fluidità del post moderno.

Ora, di per sé gli obiettivi che Monaco indica, per un cattolico in politica, sarebbero condivisibili, anche se astratti, ma non sono di fatto perseguibili e rischiano di restare teoria, proprio perché le condizioni in cui la politica si rapporta alla cultura e alla società sono state stravolte. E temo che, nel lato cattolico, proprio la carenza di lettura delle dinamiche sociali in atto, sia alla base dell’afonia del cristiano in politica.

Infatti, delle quattro indicazioni di papa Francesco, che Monaco riporta, almeno tre, per essere realizzabili, richiedono che un politico cristiano esca dalla vecchia logica natura – cultura – società. Avere “un punto di vista finalmente non angustamente euroccidentale”, richiede infatti di riconoscere che questi tre concetti siano strettamente vincolati solo per l’occidente. Non a caso, su questo, assistiamo ad una omologazione filosofica dell’occidente all’oriente. Taosimo e Buddhismo, per quanto diversi tra loro, non hanno mai raggiunto la valorizzazione assoluta della persona umana, come aveva fatto l’occidente, attraverso la stretta connessione di natura, cultura e società.

Mantenere e sviluppare un “nesso stretto tra profezia e politica” è possibile solo se siamo consapevoli che la svolta in cui ci troviamo è radicale e richiede strade inusitate, che per un cattolico in politica sono tutte da costruire. E qui davvero siamo chiamati ad essere audaci e creativi, anche lasciando cadere quella “moderazione” che spesso ha contraddistinto il cattolico in politica, ma che molte più volte è stata fonte di compromessi tragicamente al ribasso.

Valorizzare “il contributo dei movimenti genuinamente popolari quali attori del cambiamento sociale e politico” è possibile se sappiamo intravvederli ancora, al di là degli schemi concettuali che non ci consentono di rintracciarli. Oggi, ho l’impressione, che tali movimenti si trovino maggiormente sul versante dei problemi concreti e globali con cui stiamo facendo i conti, che non su quello dei principi astratti. Aria, acqua, cibo, energia, salute, comunicazione, movimento, corporeità, lavoro, sostenibilità urbanistica, gestione del denaro pubblico, pervasività delle mafie, qualità del tempo libero, tecnologie sono solo alcuni esempi. Ma mi sembra che i cattolici non abbiano ancora sviluppato a sufficienza una riflessione politica a partire da queste cose.

 

6 risposte a “Cattolici e politica: audaci e creativi?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Non so se quanto ho letto su un quotidiano: “Ma i simboli di fede non vanno esposti” solleverà l’interesse a dare risposta/e da cattolici in politica. Altro titolo dolente sulla cronaca della città:”Il prete ai fedeli”Chiese deserte venite a messa” che quasi viene di parafrasare “popolo mio che male ti ho fatto, dammi risposta”. Rispetto a titoli “basta femminicidi – studenti e prof anno zero -quel tesoro perduto degli alpeggi e con Emergenza coronavirus e altri. un politico cattolico laico avrà il coraggio di pronunciare risposte a rappresentare quel popolo di credenti che sembra essersi ridotto a un “resto”.anche qui in Italia? Di più, come il Capo della Chiesa, appena ristabilito in salute, prende l’aereo e si fa presente in Paesi Europei dove altre comunità cristiane solennizzano un Congresso Eucaristico .ci sono cattolici laici che osano essere politici garanti, a esserlo in presenza?

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Carissimo Gil!
    nn immagini quante volte mi hanno dato del NON-Cattolico. Mi pare di non aver reagito, magari con le esi che tu sostieni.
    Ma, ma, ma….
    C’è un altro passo che ho sempre davanti.
    E imo qui nn siamo al primo passo e neanche al secondo ( dillo ai Capi), qui si tratta di uno che è Capo di qualcosa e imo qs impegna TUTTI i cattolici nel senso che se li rappresenta indegnamente li imbratta tutti. Cmq x me il primo passo lo feci anni fa di fronte ai lagni che fece x prendere lo scanno PD.
    Ciao

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Senza leggere e approfondire mi/vi chiedo come possiamo tollerare che possano ufficialmente risultare addirittura capi di gruppi che si proclamano CATTOLICI persone come Adinolfi, tanto x dirne uno..
    Qui ci vuole prima una analisi interna di urgente PULIZIA!!

    • gilberto borghi ha detto:

      Pietro, ammesso e non concesso che il tuo giudizio sia corretto, chi ti ha posto giudice di tuo fratello. Semmai potremmo essere custodi del nostro fratello. E ancora, ammesso e non concesso che tu abbia ragione, quella volta del grano e della zizzania Gesù non era daccordo…

  4. Dario Busolini ha detto:

    Credo che Franco Monaco, da persona di cultura ed esperienza politica quale è, sia ben consapevole tanto dell’evoluzione negativa subita dalla nostra società quanto dei suoi effetti deleteri sulla democrazia, così ben descritti in questo pezzo. E proprio perché ne è ben consapevole credo anche che abbia scelto di respingerli restando fedele alla tradizione e ai valori del cattolicesimo democratico i quali, per non apparire mere astrazioni, hanno bisogno che espressioni come destra e sinistra continuino ad avere un senso anche ai nostri tormentati giorni. Non saprei dire se la sua scelta sia giusta od errata. Di certo, come cattolici, abbiamo stentato per secoli a comprendere ed accettare (anzi, non l’abbiamo mai accettata del tutto) la modernità, quindi è pura utopia immaginare che in pochi decenni possiamo venire a capo della postmodernità con tutti i suoi annessi e connessi. Ma la realtà ci costringerà a farlo con pena e fatica grandi.

  5. Sergio Di Benedetto ha detto:

    Condivido quanto dice Gilberto sul fatto che i cattolici fatichino oggi a leggere i tempi. Ma, mi chiedo anche: cosa sono i ‘cattolici’? Anche qui, l’etichetta corrisponde a qualcosa? Perchè il ventaglio è ampio, e pare che in un caso ci sia più fedeltà a certe parole d’ordine / valori non negoziabili, dall’altra una lettura più creativa e più storicamente immersa del Vangelo; in ogni caso, si rischiano strabismi. Nel mezzo, varie sfumatore di cattolicesimo. Il pericolo, sullo sfondo: il fine giustifica i mezzi; ad esempio, semplificando: difendo la famiglia ma nella mia vita privata non seguo quei valori (quindi non ci credo e strumentalizzo), oppure difendo i deboli ma solo se sono deboli di certe categorie che non confliggono con il libertarismo. In filigrana, come dice Monaco: vent’anni di CEI politicizzata e schicciata sul ‘fine che giutifica’ i mezzi non hanno fatto altro che impedire anche una buona ermeneutica del tempo.

Rispondi a Francesca Vittoria vicentini Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)